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L' AI divora energia: nel 2030 consumerà più del Giappone

L' AI divora energia: nel 2030 consumerà più del Giappone

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, i data center raddoppieranno i consumi in 5 anni. Ma proprio l’intelligenza artificiale potrebbe anche essere la chiave per rendere il sistema energetico più efficiente

L’intelligenza artificiale sta emergendo come una tecnologia di uso generale, esattamente come lo è oggi l’elettricità.
E il collegamento non è casuale, perché non esiste Ai senza energia.
Così la domanda di elettricità dei data center di tutto il mondo (quelli per l’Ai e quelli per gli altri servizi digitali, già cresciuta dal 2017 oltre 4 volte più velocemente del tasso di consumo totale di elettricità), è destinata a passare entro il 2030 dagli attuali 415 terawattora (TWh), pari a circa l’1,5% dell’intero consumo mondiale, a 945.
Con un aumento superiore al 100%, tra 5 anni, i soli server avranno insomma bisogno di più energia di quanta ne consumi l’intero Giappone. Lo sottolinea il rapporto speciale “Energia e Ai” appena presentato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie), che definisce queste tematiche “uno dei problemi più urgenti e meno compresi oggi”.

Ai ed energia: le due facce della questione

Con l’innovativo documento, basato su un ampio set di dati e su una serie di consultazioni con esperti e soggetti pubblici e privati del settore, l’Aie ha dunque provato a perfezionare uno strumento per colmare le lacune che hanno fin qui limitato l’analisi di decisori politici e stakeholders nell’affrontare un problema già oggi di grande attualità, ma destinato ad assumere un’importanza sempre maggiore. In particolare, il rapporto afferma che se, da un lato, la diffusione dell’Ai su larga scala farà come visto schizzare sempre più in alto i consumi, al tempo stesso la stessa intelligenza artificiale “ha il potenziale per trasformare il settore energetico nel prossimo decennio, sbloccando anche importanti opportunità per ridurre i costi, aumentare la competitività e ridurre le emissioni”.

AI

I consumi dei data center incentrati sull’Ai

Il primo lato da prendere in considerazione è dunque quello dei consumi.
Un tipico data center ottimizzato per l’Ai, sottolinea il rapporto, richiede la stessa quantità di elettricità di 100 mila famiglie. Ma i più grandi data center in costruzione oggi ne consumeranno 20 volte di più.
Un data center incentrato sull’Ai può dunque aver bisogno della stessa quantità di elettricità di una fabbrica ad alto consumo energetico, come una fonderia di alluminio, rispetto alla quale richiede tra l’altro un investimento di capitale 10 volte superiore. Non a caso, l’Aie prevede che nel 2030 gli Stati Uniti, che nel 2024 da soli rappresentavano il 45% del consumo di elettricità da parte dei data center di tutto il mondo (con un altro 25% della Cina e un 15% dell’Europa), consumeranno più elettricità per l’elaborazione dei dati rispetto alla produzione di tutti i beni ad alta intensità energetica, inclusi alluminio, acciaio, cemento e prodotti chimici.

La crescita della domanda di elettricità

I data center, continua il rapporto, rappresenteranno circa un decimo della crescita della domanda globale di elettricità fino al 2030. Si tratta di “una quota inferiore a quella dei motori industriali, dell’aria condizionata in case e uffici o dei veicoli elettrici”, ammette l’Aie. Al tempo stesso, però, il peso dei data center nel traino della domanda di elettricità varia da Paese a Paese. Negli Usa, per esempio, questa domanda specifica di energia rappresenterà quasi la metà della crescita, nelle economie emergenti e in via di sviluppo, la quota sarà invece del 5%. Il dato che deve far riflettere è però quello relativo alle economie avanzate, dove i data center rappresenteranno oltre il 20% della crescita della domanda: per l’Aie, “un campanello d’allarme sulla necessità di riportare il settore elettrico su un piano di crescita” dopo decenni di situazione sostanzialmente stagnante.

La diversificazione delle fonti energetiche

Si impone cioè una serie di riflessioni sulla produzione di energia, a partire dal tema delle fonti. Secondo il rapporto, a prendere il sopravvento, “grazie alla loro competitività in termini di costi e alla loro disponibilità nei mercati chiave” saranno soprattutto le rinnovabili e il gas. Le prime copriranno metà della nuova domanda, con un aumento di oltre 450 TWh entro il 2035, il secondo crescerà di 175 TWh, in particolare negli Usa. Per soddisfare tutta la domanda, servirà però una gamma diversificata di fonti. Un aumento pari a quello del gas è così previsto anche per il nucleare, soprattutto in Cina, Giappone e Stati Uniti. Anche se, ricorda l’analisi, i primi piccoli reattori modulari entreranno in funzione solo intorno al 2030.

dl nucleare

I possibili vantaggi dell’Ai nel settore energetico

C’è però, come detto, anche un secondo fondamentale lato della medaglia da tenere in considerazione: l’Ai potrebbe sbloccare importanti vantaggi in termini di efficienza e operatività per il settore energetico. “Gli obiettivi in gioco – spiega al riguardo l’Aie – sono numerosi, tra cui la riduzione dei costi, il miglioramento dell’approvvigionamento, il prolungamento della vita utile degli asset, la riduzione dei tempi di inattività e la riduzione delle emissioni”. Non a caso, l’Ai è già utilizzata dalle aziende energetiche per trasformare e ottimizzare l’approvvigionamento di energia e minerali, la produzione e la trasmissione di energia elettrica e il consumo di energia. Tra le prime industrie ad adottarla c’è stata quella petrolifera e del gas, per ottimizzare l’esplorazione, la produzione, la manutenzione e la sicurezza.

La quantificazione dei possibili risparmi

Il rapporto presenta quindi alcuni settori specifici in cui potrebbero derivare vantaggi e risparmi dall’adozione dell’Ai, quantificandone l’impatto. Per le reti elettriche, così, oltre a una riduzione tra il 30% e il 50% della durata delle interruzioni, si può pensare a un aumento della capacità di trasmissione delle linee, sbloccando fino a 175 gigawatt (cioè più dell’aumento del carico energetico legato ai data center) senza necessità di nuovi interventi infrastrutturali. Nel manifatturiero, invece, insieme all’accelerazione dello sviluppo dei prodotti, riducendone i costi e miglioramento della qualità, l’ottimizzazione dei processi industriali legata alla maggior integrazione dell’Ai all’interno degli stessi può portare a un risparmio energetico superiore all’attuale consumo di un Paese come il Messico.

Dai trasporti, agli edifici, alla ricerca

Ancora, nel settore dei trasporti le applicazioni di Ai potrebbero portare secondo l’Aie a un risparmio energetico equivalente a 120 milioni di automobili.
Negli edifici, attraverso l’efficientamento dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento e alla maggior flessibilità nell’uso dell’elettricità, il risparmio globale può arrivare a circa 300 TWh, pari all’attuale produzione annua di Australia e Nuova Zelanda messe insieme. C’è infine tutto il settore della ricerca. Serve un cambio di passo, secondo il rapporto, nel campo della biomedicina, dove “i tempi di innovazione per le nuove tecnologie energetiche spesso durano decenni”. Così come, per produrre uno degli impatti potenzialmente più significativi dell’Ai a lungo termine, va ripensato il sostegno alle innovazioni energetiche: dai test dei materiali, alle composizioni chimiche di batterie e molecole di cattura del carbonio.

Le incertezze e alcuni principali nodi da risolvere

Il rapporto si basa sulle prospettive attualmente più plausibili, pur ammettendo che “vi sono incertezze sulla rapidità di adozione dell’Ai, sulla sua capacità e produttività, sulla rapidità dei miglioramenti in termini di efficienza e sulla possibilità di risolvere i colli di bottiglia nel settore energetico”. Tutte variabili che potrebbero modificare lo scenario-base a cui si ricollegano le riflessioni esposte, che prevedono, in proiezione 2035, una forbice di domanda di energia da parte dei data center tra i 700 e i 1.700 TWh, con una previsione verosimile di 1.200 TWh. Tema centrale è dunque la capacità di garantire un approvvigionamento elettrico accessibile, affidabile e sostenibile. “Le reti elettriche sono già sotto pressione in molti luoghi: stimiamo che, se non si affrontano questi rischi, circa il 20% dei progetti pianificati per i data center potrebbe essere a rischio di ritardi”.

Rischi e risposte

Un tema collegato è quello della concentrazione geografica: tornando sempre agli Usa, quasi la metà della capacità dei data center è concentrata in 5 cluster regionali, proprio perché qui è più alta la potenza e la disponibilità energetica della rete. Pur trattandosi di “strategie ancora inesplorate”, i consigli dell’Aie in tal senso comprendono una gestione più flessibile dei server (molti operano con capacità inutilizzata) o delle risorse di generazione e storage in loco. C’è poi il tema dell’approvvigionamento dei componenti destinati ai data center, a partire dal gallio, che arriva attualmente al 99% dalla Cina, con un potenziale di crescita del +10% al 2030. E non va sottovalutata la considerazione che “il settore energetico non sta ancora sfruttando al meglio l’intelligenza artificiale”, con una prevalenza di competenze molto inferiore rispetto ad altri settori, tra ostacoli alla diffusione, accesso insufficiente o inadeguato ai dati, alle infrastrutture e alle competenze digitali e problemi di sicurezza digitale e fisica.

Sicurezza e ambiente

Il tema della sicurezza energetica, con gli attacchi informatici alle aziende di servizi energetici triplicati negli ultimi 4 anni e diventati più sofisticati proprio grazie all’Ai, è uno di quelli che in questo contesto potrebbero registrare un aggravio. Anche se proprio la stessa intelligenza artificiale sta diventando sempre più fondamentale, sia per la difesa che per la capacità di riscontrare con una velocità 500 volte superiore rispetto ai tradizionali metodi eventuali incidenti. Quanto alle preoccupazioni che l’Ai possa accelerare il cambiamento climatico, l’Aie le definisce “esagerate” e una sua adozione su larga scala potrebbe compensare l’aumento delle emissioni legate ai consumi (dagli attuali 180 milioni di tonnellate a 300 milioni entro il 2035 nel caso-base del rapporto), accelerando inoltre l’innovazione nelle tecnologie energetiche come le batterie e il solare fotovoltaico. “L’Ai – precisa però al riguardo il rapporto – può essere uno strumento per ridurre le emissioni, ma non è una soluzione miracolosa e non elimina la necessità di politiche proattive”.

Alberto Minazzi

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