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Kengo Kuma e Salviati: tra luce e materia, l'incanto del vetro di Murano

Kengo Kuma e Salviati: tra luce e materia, l'incanto del vetro di Murano

L’architetto giapponese reinterpreta la tradizione muranese con creazioni ispirate alla luce e ai colori della Laguna

Davanti alla materia che si dissolve, alla metamorfosi di sabbia e fuoco che si trasformano in oggetti ricchi di riflessi e di sfumature, di trasparenze e di colori, alchimisti e sognatori di tutti i tempi hanno contemplato la fusione del vetro con stupore e incanto.
A Venezia, Murano resta per i più un luogo magico in cui mani esperte danzano attorno a un fuoco alchemico che rende fluida la materia cristallizzandosi con essa in una nuova realtà fragile ma eterna.
Si lasciò prendere dalla forza rovente della metamorfosi Picasso, che forgiò forme di vetro uniche emblematiche del suo linguaggio artistico.
Recentemente vi si è immersa la regina dei colori, l’architetto franco-iraniana India Mahdavi, che in collaborazione con il team tecnico e i maestri che lavorano in  Salviati ha creato una collezione di edizioni limitate in vetro per Acqua di Parma e lo ha fatto l’archistar giapponese Kengo Kuma.
E’ suo uno degli undici lampadari artistici che, in occasione del Natale 2024, con la loro accensione illumineranno le Procuratie Vecchie di Piazza San Marco.
Affascinato dall’inorganicità di un materiale che nasce da una trasformazione e dalla capacità del vetro di unire gli opposti (materia solida e fluida, caldo e freddo, durezza e fragilità, artigianato e arte), ha realizzato quella che di fatto sarà un’anteprima della collaborazione tra l’architetto Kengo Kuma e Salviati.
Sono nate così delle opere sperimentali e “dieXe”, il particolare lampadario che reinterpreta con il vetro la sua teoria della “parcellizzazione”.
Kengo Kuma è un architetto molto versatile, che spazia dall’architettura al design alla scenografia, finanche al design di moda.
È interessato a tutto ciò che è innovativo. E a tutti i materiali.
Ma anche per lui, che ha lavorato in ogni angolo del mondo, l’esperienza veneziana ha rappresentato uno spartiacque.
E un’emozione che non ha esitato a mostrare e che si ritrova nelle sue ultime creazioni.
Un esempio per tutti, il vaso poi chiamato “Il Marciano”, disegnato di getto sul posto.
“Veder formare la materia è stato magico – ha dichiarato Kuma – Maneggiarla, assistere alla metamorfosi dei colori, sentire sulla pelle le sue alte temperature è stata un’esperienza immersiva, che mi ha arricchito molto”.

  • Lei ha lavorato un po’ con tutti i materiali. Dopo il legno, la carta, il calcestruzzo e l’acciaio, le sue creazioni hanno abbracciato il vetro. Cosa l’affascina di questo materiale?

Mi affascina proprio l’inorganicità di un materiale che nasce da una metamorfosi.
Ma mi affascina anche la sua storia di artigianato di altissima qualità, il vetro in quanto materiale plasmato da grande maestria.
Entrato in fornace per me è stato amore a prima vista.
Mi affascina anche il luogo e mi affascina Venezia che, sia nel progetto “dieXe”, sia nella collezione dei vasi, in modo astratto, concettuale, c’è tutta. Ci sono le sue bricole e i suoi colori, la sua tessitura in movimento

  • Perché il suo lampadario si chiama “dieXe”?

“dieXe” è il numero 10 in dialetto veneziano. La “X” nel nome ricorda nel contempo anche l’incastro, rimandando alla divisione di tante parti che si compongono però in un monolite.
Il concetto di fondo è il senso dell’unità, che io vedo tipico dei veneti.

kengo kuma
@Archivio Salviati
  • Qual è stato il contributo di Salviati, in termini di artigianato e know-how, al suo lavoro? Questa collaborazione ha avuto un impatto nell’evoluzione del suo stile artistico?

La collaborazione con Salviati si è rivelata un importante lavoro di squadra che ha visto con me il consulente per i temi di innovazione in questo progetto Marco Imperadori, del Politecnico di Milano, il team dell’ufficio tecnico di Salviati e i maestri vetrai. Direi che il confronto con l’ufficio tecnico è stato fondamentale.

  • Il vetro di Murano è noto per la sua complessità nella lavorazione. Quali sono state le principali sfide tecniche nel progettare con questo materiale?

La sfida maggiore, per quanto riguarda la realizzazione di “dieXe”, è stata legata alla struttura. E’ esposto in un luogo pubblico, sotto le Procuratie Vecchie di Piazza San Marco, in sicurezza. Bisognava fare i conti con i suoi carichi e la sua resistenza. Si è deciso per questo di andare verso un’integrazione con dei profili d’acciaio e vetro. Nulla di nascosto, perché la trasparenza dell’arte è fondamentale.

  • Ci sono dettagli o elementi specifici che ha voluto assolutamente includere nelle opere, anche se la loro realizzazione è stata complessa?

In “dieXe”, nonostante di complessa realizzazione, è stato fondamentale gestire i moduli a incastro nella loro semplicità e ricavare luce in mezzo a queste unità, nella dimensione del vuoto, che si aggiunge ai tradizionali quattro elementi della tradizione: terra, aria, acqua e fuoco.

  • Pensa che il vetro come materiale offra possibilità uniche per creare esperienze visive che altri materiali non consentono?

La trasparenza per me è importante perché riporta alla natura. In questo caso, dunque, questo materiale offre possibilità uniche per come riesce a magnificare la luce.
Direi anche il colore attraverso la luce. Per “dieXe” ho scelto il verde pavone di Salviati per la sua intensità, che mi ricorda quella della Laguna di Venezia.

kengo Kuma
@Archivio Salviati
  • In quale direzione vede evolversi il rapporto tra design contemporaneo e tradizione muranese?

La forza di un’industria si misura sulla sua contemporaneità. E i vetrai muranesi sono sempre stati capaci di innovare. Hanno sempre guardato avanti. Questa attenzione al design è un’attenzione verso il mondo che cambia.

Consuelo Terrin

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