Dal mancato utilizzo delle frecce a quello delle cinture, dall’uso del cellulare al rispetto delle distanze di sicurezza: le violazioni degli automobilisti italiani sono numerose. Ma se ne accorgono solo quando riguardano gli altri
Un proverbio americano dice che “un albero non colpisce un’automobile se non per autodifesa”.
Non è chiaro a quando risalga ma è evidente che anche in America, come in Italia, a prescindere dai tempi, dall’età, dallo status economico, dalla religione e dall’etnia, come era solito dire il cantante Dave Barry, “in fondo in fondo tutti noi crediamo di essere migliori dell’autista medio”.
Di sicuro lo credono gli italiani, che poco usano la freccia durante il sorpasso e nella fase del rientro dal sorpasso, pochissimo usano le cinture di sicurezza dei sedili posteriori e ancor meno rispettano le distanze minime di sicurezza ma, se qualcosa accade, sono sempre pronti a dare la colpa all’albero.
E’ questo che emerge dalla seconda edizione della “Ricerca sugli stili di guida” effettuata per Anas dall’Istituto CSA Research.
“La percezione di sé mentre si guida è alta – si legge nel documento – Decisamente meno clemente quando si esprime un giudizio sugli altri”.
“Gli altri guidatori sono visti come anonimi e potenziali ostacoli”
Lo studio ha preso in considerazione un campione di oltre 3 mila persone e l’esito di 5 mila osservazioni dirette su strada.
E non importa se il numero di incidenti stradali aumenta sempre più: dovendo attribuirsi un voto da 1 a 10, la maggior parte degli automobilisti italiani intervistati ha optato per un range compreso tra l’8 e l’8,8.
Diversa, la valutazione, invece, quando riguarda gli altri. “Qui la percezione – si legge nello studio – raccoglie consensi che vanno da 5 a 5,9”.
A rigor di logica, qualcosa non torna.
“Questa forma di distorsione percettiva, nota come self serving bias, si accentua in modo particolare nel contesto della guida, investendo il giudizio sulla totalità dei comportamenti –continua lo studio – Nella guida le persone investono tempo e intelligenza, confrontandosi con un contesto che però, soprattutto nei centri metropolitani o trafficati, può essere anche molto stressante.
Come attività che prevalentemente si svolge da soli, la guida enfatizza inoltre una prospettiva individualistica con atteggiamenti di idealizzazione di sé e ostilità verso gli altri. In sostanza, la guida rappresenta un piacere individuale mentre gli altri guidatori sono visti come anonimi e potenziali ostacoli, i cui comportamenti sono scorretti”.
Le rivelatorie campagne di monitoraggio
Poiché, per gli altri, gli altri siamo noi, sono numerose le scorrettezze che in generale, nonostante gli ottimi voti che ciascuno si attribuisce, pertengono all’automobilista italiano.
A rilevarle sono state le campagne di monitoraggio che hanno completato la ricerca grazie a una telecamera posta sulla sommità di Miovision, lo strumento di rilevazione utilizzato su 6 tipologie di strade e autostrade (il RA10 Raccordo Autostradale “Torino Caselle” in Piemonte; la strada statale 51 di “Alemagna” in Veneto; la strada statale 3bis “Tiberina” tra Terni e Ravenna; la strada statale 1 “Aurelia”, tra Roma e Livorno; la strada statale 16 “Adriatica” tra Bari e Otranto; la A2 “Autostrada del Mediterraneo) distribuite in 3 diverse aree territoriali.
Le corsie monitorate sono state 22 per 48 ore di rilievo per postazione.
In totale, i veicoli monitorati sono stati 188.100 e hanno denunciato numerose violazioni in tema di rispetto dei limiti di velocità e, soprattutto, di distanziamento.
Nel 63,4% dei casi, infatti, la distanza di sicurezza minima tra due veicoli non risulta rispettata e nel 9,9% dei casi sono stati superati i limiti di velocità previsti.
Il 54,1% dei conducenti, inoltre, non ha utilizzato la freccia al momento del sorpasso, il 35,4% non ha segnalato l’ingresso in strada da rampa di accesso e il 19,5% non ha indicato l’uscita.
Vecchie abitudini che possono costar vite.
Obiettivo zero vittime
“Nel 41,7% dei casi – rileva ancora lo studio – non vengono utilizzati i dispositivi per la ritenuta dei bambini sui sedili anteriori e la percentuale sale al 48,4% in caso di bambini nei sedili posteriori. Infine, il 10,3% dei conducenti usa impropriamente il telefono cellulare e l’11,4% non indossa la cintura di sicurezza, dato che aumenta vertiginosamente per i passeggeri sul sedile posteriore (75,7%)”.
Checché ne dicano gli italiani, i dati non sono confortanti e sono confermati dal numero di incidenti e vittime.
Per raggiungere entro il 2030 le performance dei più avanzati paesi europei e ridurre del 50% il numero delle vittime, “Anas – ha anticipato il suo amministratore delegato Aldo Isi -ha predisposto un piano strategico nel medio periodo articolato su più fronti: manutenzione, innovazione tecnologica e campagne di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale. Il tutto per ottenere una sempre più elevata sicurezza stradale”.
Il piano industriale 2022-2031 prevede così investimenti per 50 miliardi di euro sui 190 totali.
Parte di questi andrà a finanziare la campagna di sicurezza stradale “Quando guidi, guida e basta” che guarda anche oltre il 2030 con l’ambizioso obiettivo di raggiungere zero vittime.
Consuelo Terrin