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Italia: un Paese in fuga. Sempre più gli italiani all'estero

Italia: un Paese in fuga. Sempre più gli italiani all'estero

Il nuovo rapporto della Fondazione Migrantes: cresce l’emigrazione, pochi gli italiani che tornano in patria

Sono i cicli della storia: l’Italia, che nel corso degli anni da Paese di emigrazione si era trasformata in destinazione scelta da molti migranti stranieri, è tornata a perdere sempre più residenti.
Non solo per il calo della natalità, e l’aumento dell’età media della popolazione ma anche per la scelta, sempre più frequente, degli italiani, di trasferirsi all’estero.
Il preoccupante trend emerge dal 19° “Rapporto italiani” della Fondazione Migrantes, che cita come possibile prospettiva per il futuro un’immagine di Franco Arminio: bisognerà trasformare la nostra in una “comunità ruscello”, che apre la porta all’interculturalità e si contrappone alla “comunità pozzanghera”.

L’Italia fuori dall’Italia: meno residenti, più espatriati

Il dato di partenza evidenziato dal rapporto parla di una perdita di residenti in Italia che, dal 2020, è arrivata a circa 652 mila unità.
Nello stesso periodo, è però continuata, del +11,8%, la crescita di chi ha deciso di vivere fuori dai confini nazionali.
“Da tempo – afferma la Fondazione – l’unica Italia a crescere continua ad essere soltanto quella che ha scelto l’estero per vivere”. Una comunità che ha toccato i 6,134 milioni.

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Nell’ultimo anno, pur non tornando ai livelli pre-pandemia (quando le partenze per espatrio in un anno superavano quota 130 mila), le iscrizioni all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) per la sola motivazione espatrio sono aumentate di 7.500 unità, il 9,1% in più del 2022. Il totale si è così attestato a 89.462 nuovi italiani espatriati, per il 54,8% maschi, il 66,9% non sposati.

Dal 2006, aggiunge il rapporto, la presenza di connazionali all’estero è praticamente raddoppiata (+97,5%), con 1.179.525 iscrizioni all’Aire negli ultimi 10 anni. Non ci sono, si sottolinea, solo motivazioni professionali e lavorative. Si sceglie di andare a vivere all’estero, per esempio, anche per studiare, per raggiungere la famiglia o proprio insieme all’intero nucleo familiare.

Sempre più giovani all’estero

Una tendenza che deve far riflettere è anche l’età sempre più giovane di chi sceglie di espatriare. Perché è vero che la variazione più consistente dei flussi in uscita riguarda gli over 65: +12,9%, che sale al +14% nella fascia tra 65 e 74 anni. Sul totale, quella che viene definita “mobilità previdenziale” incide però solo per il 5,5%, con il 45,5% dei nuovi iscritti all’Aire per solo espatrio che ha tra 18 e 34 anni.

Se poi si aggiunge che il 23,3% dei nuovi emigrati ha tra 35 e 49 anni, si arriva al 68,8%. E ci sono anche oltre 13 mila minori (il 14,7% del totale di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno), a testimonianza che giovani e giovani adulti sono sempre più gli interpreti indiscussi dell’attuale esperienza migratoria italiana. Una perdita che si aggrava guardando al titolo di studio: circa il 69% del totale possiede almeno un diploma.

Il 23,2% del totale degli italiani che risiedono attualmente all’estero ha dunque tra 35 e 49 anni, il 21,7% da 18 a 34 anni, il 19,5% tra 50 e 64 anni, più un 14,6% di minorenni e un 21% di anziani. E se il 48,5% è emigrato da oltre 15 anni, c’è stato il sorpasso (51,5%) di chi si è trasferito da meno di 15 anni, con il 28,2% che lo ha fatto da almeno 5 anni e il 23,3% nell’ultimo lustro.

I flussi: verso dove e da dove

Pur essendo avvenuti espatri in 187 Paesi del Mondo, l’Europa, che ha accolto quasi 64 mila connazionali (il 71,4%) tra gennaio e dicembre 2023, si conferma la principale destinazione degli italiani che emigrano. Sono oltre 3,3 milioni, di cui oltre 2,5 nell’Unione Europea, gli iscritti all’Aire che vivono nel nostro continente, pari al 54,2% del totale.

Con un cambiamento rispetto al passato, il fenomeno migratorio in uscita riguarda ormai tutte le province italiane. Rimane in ogni caso una leggera prevalenza del Sud (oltre 2,8 milioni di iscritti all’Aire, il 45,8%, rispetto ai 2,3 milioni del Nord) e la Sicilia che si conferma al primo posto (+826 mila) davanti a Lombardia (+641 mila) e Veneto (+563 mila).

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Quanto ai rientri, in attesa dei dati uffsoprattutto nella fascia tra 30 e 40 anniiciali del 2023 (che saranno pubblicati l’anno prossimo), gli esperti si attendono un crollo nel 2024 a causa del venir meno delle agevolazioni fiscali e degli incentivi che hanno fatto segnare al contrario l’impennata registrata a partire dal 2021. Un calo concentrato soprattutto nella fascia d’età tra i 30 e i 40 anni.

Il peso della mobilità interna

Un ultimo, ma importantissimo, tema su cui si sofferma la Fondazione Migrantes è quello della mobilità interna, che non rientra nelle statistiche dei flussi in uscita, ma ha un peso elevatissimo: mediamente, su circa 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi, circa tre quarto riguardano movimenti tra Comuni italiani, con il Nord-Est che continua a essere la parte del Paese più attrattiva. Questi flussi consentono ad alcune zone d’Italia (in primis il Nord, ma in parte anche il Centro) di compensare le emigrazioni all’estero, ma aggravano la situazione al Sud e nelle Isole. In tutta la penisola, però, a essere più penalizzate sono le aree interne, che hanno registrato dal 2014 una riduzione di 700 mila residenti, pari al 5%, con conseguente chiusura delle attività commerciali (ne sono state perse 26 mila).

Riguardo all’estero, le mete europee più gettonate risultano la Germania, Svizzera e Belgio.

Senza prospettive nei borghi, cacciati dalle città

Il rapporto la definisce una “situazione paradossale”. “Se da un lato – scrive – per alcuni ci si è accorti della necessità di tornare a vivere una vita più a dimensione della persona, dall’altro lato il borgo continua a essere non attrattivo per i giovani”. Ma il problema non finisce qui, visto che “anche la città inizia a rifiutare i giovani”, spingendoli lontano tra affitti molto alti e costo della vita proibitivo.

Alberto Minazzi

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Tag:  emigrati