L’Italia, dopo quasi vent’anni, lascia l’Afghanistan. Il contingente italiano è stato operativo dal 2001 con un piano interforze sul territorio diviso in due missioni.
La prima, denominata ISAF (International Security Assistance Force) è stata autorizzata dall’ONU per supportare il governo afghano nel contrasto ai talebani e ad Al-Qaida con 58 mila militari provenienti da quaranta stati del mondo.
La seconda, denominata RS (Resolute Support) “Operazione Sostegno Risoluto” cominciata l’1 gennaio 2015 e per la quale sono stati impiegati 14 mila uomini, ha visto il nostro Paese impegnato a Herat e a Kabul.
Le operazioni di rimpatrio degli uomini (erano 800 a inizio anno) e dei mezzi sono state avviate a maggio e si concluderanno a breve.
“Non vogliamo – ha dichiarato il ministro della difesa Lorenzo Guerini – che l’Afghanistan torni ad essere un luogo sicuro per i terroristi. Vogliamo continuare a rafforzare questo Paese dando anche continuità all’addestramento delle forze di sicurezza afghane per non disperdere i risultati ottenuti in questi 20 anni”
Negli anni di servizio tra Herat e Kabul hanno perso la vita 53 militari italiani e circa 700 sono rimasti feriti.
Quello di ieri è stato un ammainabandiera simbolico del tricolore perché nella base italiana si prosegue con il lavoro e si smobilita il materiale logistico per farlo rientrare in Italia.
Ciò che rimane oggi in Afghanistan è uno stato che continua a subire attacchi dei talebani attraverso minacce nei confronti delle migliaia di cittadini afghani che hanno lavorato come traduttori, autisti o altro con le forze straniere con il solo intento di ritrovare la pace per la loro terra.
Su questo si è espresso il ministro Guerini: “non abbandoniamo il personale civile afghano che ha collaborato con il nostro contingente a Herat e le loro famiglie: 270 sono già stati identificati e su altri 400 si stanno svolgendo accertamenti. Verranno trasferiti in Italia a partire da metà giugno”.
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L'Italia ritira le truppe dall'Afghanistan
9 Giugno 2021