Intervista a Carlo Cottarelli, ex direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani
La pandemia. la recessione, il costo dell’energia, la guerra.
I pericoli per l’Italia sono molti.
Ma il pericolo dei pericoli, ora, è l’inflazione.
Lo dice convinto l’economista Direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano Carlo Cottarelli (già Direttore esecutivo del board dell’Fmi, nel 2018 chiamato dal Presidente Sergio Mattarella per tentare di formare l’Esecutivo) rispondendo, nella prima mattina di Washington DC , alle domande pomeridiane di Metropolitano.it.
” Questa guerra ha aumentato il già profondo clima d’incertezza immediatamente fatto proprio dai mercati finanziari e delle commodities, come stiamo osservando in queste settimane”, dice.
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Nel frattempo è stato approvato il decreto legge-Ucraina, con una serie di interventi per complessivi 4,4 miliardi di euro anche a sostegno di chi con fatica riesce a pagare le bollette di gas e luce “esplose” con il conflitto e per raffreddare i costi di benzina e gasolio.
“Appunto, questi due aspetti della fattura energetica più generale significano inflazione, inflazione importata con un chiaro effetto recessivo che minaccia la nostra economia e i nostri conti pubblici oltre a quelli di imprese e famiglie”.
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C’è anche un retroscena sulla sforbiciata ai prezzi dei carburanti, con un aumento del taglio dai 10,3 centesimi/litro preventivati ai 25 centesimi finali in decreto.
“E’ la posizione già anticipata dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nella sua informativa al Senato: manovrare sull’extragettito facendo pagare quei produttori che grazie all’incremento delle materie prime vedono moltiplicati i loro profitti mentre il premier Draghi ha potuto così chiarire che anche questo intervento non sarà a carico del bilancio dello Stato bensì delle aziende del comparto energetico”.
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Una decisione, quella sul caro-carburanti, che però ha il sapore di una una-tantum, per di più con una scadenza ravvicinata, il 30 aprile.
Non è quanto lo stesso ministro Cingolani aveva indicato, cioè il meccanismo dell’accisa mobile
“In questi giorni sono state avanzate molte proposte anche da parte dell’industria privata, come ridurre l’Iva sui beni di largo consumo, ricavati per intenderci dal paniere Istat, assieme all’azzeramento, per tutto il 2022, degli oneri per l’energia.
Bisogna però stare attenti, perché soluzioni erga omnes rischiano di innescare sperequazioni.
Indubbiamente questa è la cosa più semplice da fare, ma un’alternativa poteva essere fare avere un assegno-contributo a quelle famiglie che hanno un reddito basso o, sempre per questi soggetti, aumentando il taglio che viene fatto sulle bollette. Insomma, dare dei sussidi più mirati, per chi ne ha davvero bisogno”.
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Abbiamo seguito l’esempio americano. In Usa prima Trump e a seguire Biden hanno adottato questa strada
“Certo, ma hanno esagerato e alla fine il presidente Biden ha rischiato. L’Italia non ha però le risorse degli Stati Uniti e sussidi mirati, ovvero soldi sicuramente in tasca a chi ne ha più bisogno, le famiglie con reali difficoltà a far quadrare il proprio bilancio, avrebbero rappresentato una strada più idonea.
Meno costi per tutti, in un Paese con debito e deficit quali ha l’Italia, è ragione in più per non percorrere questa strada anche se è la più semplice”.
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Il 57% delle famiglie italiane teme che la guerra e le sue conseguenze finiranno con l’allargare il divario tra abbienti e meno abbienti, già reso più profondo da due anni di pandemia. Un riflesso del quadro attuale: inflazione, recessione, speculazione, incertezza…
“Ripeto, i problemi sono molti. E bisogna agire in fretta e con determinazione. Prendiamo il freno all’inflazione tirato alcuni giorni fa dalla Federal Reserve, che per la prima volta, dal 2018, ha alzato il tasso d’interesse. Ma dello 0,25%, un quarto di punto appena. Con un’inflazione Usa al 7,5% tendente all’8, incrementi del costo del denaro, anche se in serie, ma dello 0,25% alla volta, sono troppo lenti. Ovviamente dipende da quali sono gli obiettivi: se si vuole raffreddare e tenere sotto controllo l’inflazione, allora sono interventi insufficienti.
Se invece non si vuole frenare troppo l’economia allora si può giocare con l’inflazione, ma prima o poi bisognerà fare i conti, perché con questi piccoli aumenti, dato il quadro globale, è difficile che l’inflazione scenda. Io aumenterei il costo del denaro più rapidamente per scongiurare un’inflazione più alta. E questo è un segnale anche per la Banca centrale europea, che nell’ultima riunione a Francoforte ha ridotto più rapidamente del previsto il programma di acquisto dei titoli di Stato laddove fino a poche settimane prima la linea di Christine Lagarde era di non cambiare nulla perché l’inflazione (5,8% la media di Eurolandia) era vista solo come fenomeno temporaneo”.
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Il capo del governo Draghi, alla vigilia della presentazione del Def (10 aprile) frena ancora su uno scenario da “economia di guerra” eppure il combinato disposto dei vari fattori di criticità è un pregiudizio per il quadro espansivo dell’Italia che proprio il presidente del Consiglio doveva garantire …
“Non è detto. Se la guerra finisce presto, l’Italia ha ancora la possibilità di chiudere il 2022 con una crescita positiva del Pil.
Se il conflitto dovesse proseguire, allora diventa tutto più complicato e non sarà solo questione di approvvigionamenti energetici e di scelta di fonti alternative anche nazionali, frenate però dai troppi veti, o di fornitori diversi dalla Russia (per il solo gas 30 miliardi di mcubi/annno, ovvero oltre il 40% del fabbisogno italiano) che comunque andrà fatta. Imparando anche ad essere più virtuosi riducendo i nostri consumi”.
Agostino Buda