Il nuovo World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale quantifica il rallentamento dell’economia globale legato alle misure del presidente Trump
L’economia italiana, nel 2024, è cresciuta del +0,7%, ma per quest’anno si scenderà al +0,4% (0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio), con una possibile ripartenza (+0,8%) solo nel 2026, comunque frenata rispetto alla precedente stima del +0,9%. Nel contempo, aumenterà nel nostro Paese il rapporto tra debito e pil, riguardo al quale l’Istat ha appena quantificato, nella notifica inviata all’Unione Europea, al 135,3%: nel 2025 il debito salirà al 137,3% e l’anno successivo al 138,5%. Il deficit, invece, è destinato a scendere: dal 3,4% del 2024 al 2,8% del 2026, passando per il 3,3% di quest’anno. E l’inflazione media si attesterà all’1,7%, salendo al 2% nel 2026 e negli anni successivi fino al 2030. Lo prevede il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che ha appena pubblicato le ultime analisi e proiezioni dell’economia mondiale a breve e a medio termine contenute nel nuovo World Economic Outlook.
Il World Economic Outlook di aprile 2025
Il rallentamento si lega soprattutto ai dazi introdotti dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, destinati a incidere pesantemente in tutto il mondo. Nel 2025, secondo il report, a frenare non sarà infatti solo l’Italia, ma tutte le economie avanzate, che caleranno dal +1,8% dello scorso anno al +1,4%, e l’intera economia mondiale, che dovrebbe passare da una crescita del +3,3% al +2,8%. Il dossier sulle prospettive economiche mondiali del Fmi, non a caso, si intitola “Una congiuntura critica tra i cambiamenti politici”, riportando un quadro di rallentamento della crescita globale e parallela intensificazione dei rischi al ribasso. “Mentre i cambiamenti politici si svolgono e le incertezze raggiungono nuovi massimi – scrive il Fmi nel documento – le politiche devono essere calibrate per riequilibrare i compromessi crescita-inflazione, ricostruire i buffer e rinvigorire la crescita a medio termine, riducendo così gli squilibri sia interni che esterni”.
Il rallentamento dell’economia nei principali Paesi del mondo
Lo stesso Trump, del resto, annunciando l’intenzione di ridurre (ma non annullare) i dazi per la Cina (Paese la cui crescita secondo il Fmi dovrebbe perdere un punto percentuale, passando dal +5% al +4%) ha ammesso che gli effetti negativi dell’introduzione della misura continueranno a sentirsi per un po’ di tempo negli Stati Uniti. Il Fmi ha quantificato l’impatto in una riduzione della crescita statunitense dal +2,8% del 2024, al +1,8% di quest’anno, fino al +1,7% del 2026, evidenziando nel contempo il significativo aumento dei rischi di una recessione, arrivati ormai attorno al 40%. Per l’Area Euro, l’ultimo World Economic Outlook ha invece stimato solo una lieve flessione della crescita, dal +0,9% al +0,8%, per risalire il prossimo anno al +1,2: crescita contenuta proprio a causa della crescente incertezza e dei dazi. Il tutto in un quadro in cui la Germania, pur con crescita zero, pare destinata a uscire dalla recessione del 2024, ma sono in ribasso le crescite degli altri grandi Paesi europei come Francia e lo stesso Regno Unito. Anche la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha in ogni caso escluso la previsione di una recessione nel Vecchio Continente.
Riflessioni e suggerimenti del Fmi
Guardando agli Usa, il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas, ha plaudito alla scelta della Banca centrale americana di mantenere fermi i tassi in attesa di valutare più approfonditamente l’impatto dei dazi, anche in considerazione del fatto che da una escalation delle tariffe potrebbe derivare un ulteriore rallentamento della crescita. Proprio per la complessità e la fluidità del momento attuale, ricco di incertezze che rallentano la crescita globale insieme ai dazi, il Fmi ha chiarito che, a differenza di quanto avviene solitamente, la sua previsione va letta come “di riferimento” e non “di base”. Gourinchas ha quindi parlato dell’ingresso in un periodo di “riassetto” del sistema economico globale conosciuto da 80 anni. Il rapporto, così, sostiene che “le politiche che promuovono un invecchiamento sano, colmano le disparità di genere e migliorano l’allineamento delle competenze dei migranti con le richieste del mercato del lavoro locale possono svolgere un ruolo cruciale nel contrastare la crescita economica lenta e le pressioni fiscali, soprattutto se abbinate agli investimenti nelle infrastrutture”.
Alberto Minazzi