Oltre a quella provocata al tessuto cittadino, anche la ferita inflitta al patrimonio culturale e artistico di Venezia dall’Aqua Granda si sta ricucendo.
Sono ancora negli occhi di tutto il mondo le immagini delle conseguenze provocate dal ciclo eccezionale di maree che hanno interessato, dal 12 novembre 2019, la laguna. E i danni che hanno interessato monumenti e musei sono indubbiamente tra i più dolorosi. Ma la macchina per superare anche questa difficile prova si è messa fin da subito in moto. E, dopo un anno, i risultati si vedono.
La Fondazione Cini e le sue opere
Un esempio arriva dalla Fondazione Cini. La notte del 12 novembre, il complesso monumentale sull’isola di San Giorgio Maggiore registrò pesanti danni, soprattutto alle opere architettoniche, come quelle di Andrea Palladio, Baldassarre Longhena o Giovanni Buora.
Si è deciso così di intervenire prima di tutto per restaurare, con il contributo di Fondazione di Venezia e Acri, il monumentale Scalone del Longhena. E il rinascimentale Portale del Buora, su cui hanno lavorato gli allievi dell’Università Internazionale dell’Arte grazie al contributo dell’associazione “Un Amico a Venezia”.
Ma si è provveduto, grazie ad Aermec SpA, anche alla riqualificazione funzionale della Sala dei Cipressi. E ancora ai ripristini della boiserie nella Sala Fotografie e della pavimentazione della residenza per studiosi “Vittore Branca”. Infine, attraverso la piantumazione degli alberi abbattuti dal maltempo e delle piante e dei bossi danneggiati, è stato rigenerato il parco dell’isola.
I primi 800.000 euro per l’isola di San Giorgio
In un anno, la Fondazione è riuscita a raccogliere donazioni per circa 800 mila euro da destinare al restauro. Tutto questo è stato reso possibile dalla generosità e dall’impegno dei più vari soggetti: dalle istituzioni pubbliche alle aziende, dai comitati di salvaguardia ai semplici privati cittadini, italiani e stranieri.
“Nonostante le difficoltà causate dal Covid-19 – commenta il segretario generale della Fondazione Cini, Renata Codello – già dalla primavera abbiamo potuto avviare importanti interventi di restauro dell’isola”.
Le importanti donazioni hanno consentito di intervenire subito, grazie anche alla solidarietà dei numerosi volontari, sui danni più urgenti.
Ma la cifra raccolta consente di coprire solo il 30% dei costi dei lavori necessari, alcuni dei quali sono stati già completati, mentre altri cantieri sono ancora aperti. Restano però da effettuare ulteriori interventi per risanare le aree che risultano a oggi ancora inagibili.
L’impegno dei Comitati Privati Internazionali
Un importante ruolo, nell’opera volta al recupero del patrimonio culturale veneziano dopo la seconda Acqua Granda della storia della città, è stato svolto fin dalle prime ore anche dai Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia. La loro associazione, ad esempio, ha sostenuto con 2 milioni e mezzo di euro il Fondo Acqua alta della Fondazione di Venezia. Senza dimenticare che, dopo lo stop legato al primo lockdown per il Covid-19, continuano i lavori previsti nell’attività ordinaria dei Comitati, con un investimento complessivo di circa 8 milioni di euro.
Nel caso specifico dell’Acqua Granda, tramite l’Emergency Rescue Fund Save Venice ha raccolto quasi 700 mila euro. Soldi che sono stati messi a disposizione del sistema museale cittadino e delle chiese per desalinizzare i pavimenti attaccati dalla marea. Gli interventi hanno riguardato anche il piano terra della Ca’ d’Oro.
Venetian Heritage si è invece concentrata in particolare sul patrimonio mobile ecclesiastico e il comitato inglese Venice in Peril Fund ha effettuato una raccolta fondi finalizzata alla realizzazione di un sistema di protezione della chiesa di San Nicolò dei Mendicoli.
Un contributo alla riparazione dei danni alla Basilica di San Marco è arrivato dal Comité Francais, mentre il Comitato olandese sta studiando un progetto per mettere in sicurezza la cripta di San Zaccaria.