Società +

Intelligenza artificiale: tra opportunità e rischi

Intelligenza artificiale: tra opportunità e rischi

In un convegno internazionale, a Venezia, ricercatori, decisori politici e professionisti hanno analizzato benefici e rischi, consumi e possibili distorsioni nell’uso dei dati. Tutto ciò che ancora non sappiamo

L’intelligenza artificiale ha il potenziale per rimodellare non solo la finanza e l’industria, ma l’intera società.
Una grandissima opportunità che sottintende anche numerosi rischi. E di non poco conto.
Pensiamo al consumo di energia e acqua.
Sapete, per esempio, che se una singola ricerca su Google richiede la stessa energia di una lampadina accesa per 5’, una query su ChatGPT richiede tanta elettricità quanta ne serve per tenere la stessa lampadina accesa per un’ora e che bastano poche query per consumare mezzo litro d’acqua per raffreddare i server utilizzati dai sistemi?
E, ancora, i sistemi di Ai raccolgono quantità enormi di dati, aprendo questioni legate alla raccolta e alla gestione di queste informazioni. Ma quanti sanno che uno dei fornitori di dati in assoluto più importanti è uno dei principali oggetti della nostra quotidianità? Parliamo dell’automobile, ognuna delle quali si stima possa arrivare a breve a comunicarne oltre 4 terabytes al giorno.

Proprio i nuovi rischi legati all’intelligenza artificiale, da quelli energetici all’impatto ambientale, fino agli aspetti geopolitici e sociali legati all’occupazione e al sistema pensionistico, e le possibili azioni per ridurli sono stati al centro della edizione 2024 del convegno internazionale “C.r.e.d.i.t” di Venezia, nato da un’idea di Domenico Sartore, professore emerito di Econometria di Ca’ Foscari, e da 23 edizioni specializzato in analisi e gestione dei rischi.

Dal gps a cloud e sensori: non solo vantaggi

Il ruolo che si trova a giocare in questo contesto l’industria automobilistica è stato approfondito al convegno da Marco Marelli, esperto del settore automotive e co-founder della società Prospiciunt.
“Dalla prima introduzione dei sistemi satellitari gps nelle auto a fine anni ’90 – ricostruisce il percorso di trasformazione dell’“oggetto automobile” – si è passati da un contesto “chiuso”, in cui il segnale e la cartografia venivano gestiti nel cervello dell’auto, allo spostamento sul cloud, con un continuo scambio di informazioni”.

Marco Marelli (Co-founder Prospiciunt)

Questa evoluzione, prosegue l’analisi, è continuata, permettendo per esempio l’aggiornamento di software ed elettronica dell’auto non in officina, ma via etere, essendosi dotate tutte le case automobilistiche di server dedicati al dialogo tra i veicoli e la centrale. “Anche l’aumento dei sensori a bordo che raccolgono sempre più dati – aggiunge Marelli – ha offerto all’utenza sia vantaggi che svantaggi. Perché sapendo automaticamente, rispetto a un’area, quante auto circolano, quanti km fanno e quante volte vanno in officina, i produttori hanno potuto estremizzare la gestione per massimizzare il profitto”.

Le auto, moderne “Mata Hari” dei dati

È questo solo un esempio di quel che, grazie all’intelligenza artificiale, sono diventate le auto. Con l’elettronica, spiega l’esperto, la casa madre è in grado di inibire a distanza la possibilità di avviare l’auto, per esempio se non si pagano le rate di acquisto.
“Nessuno lo dice – rivela – ma in questo modo è anche possibile spegnere il motore improvvisamente. Ci sono centraline di controllo per impedire che ciò avvenga in movimento, con rischi per la sicurezza stradale. Ma, in caso di guerre, può essere messa a rischio la mobilità di intere regioni”.

Soprattutto, fa notare Marelli, “con telecamere e sensori le auto ci ascoltano e sanno molte più cose: si può davvero dire che siano diventate delle moderne Mata Hari. Il fatto è che gran parte delle componenti vengono prodotte in Asia, potendo così veicolare questo flusso informativo verso Paesi terzi, con il rischio di possibili compromissioni sul fronte della sicurezza. È proprio per questo che l’Amministrazione Biden, negli Usa, si è mossa con una proposta di legge per estromettere gradualmente le tecnologie cinesi e russe dall’industria automobilistica”.

Tutti i sensori presenti in una moderna automobile

Le risposte: costose e con tempi lunghi

Se molte delle auto che circolano negli Stati Uniti sono prodotte in Cina, anche le nostre montano molta componentistica proveniente da questo Paese. E questo crea problemi quando si pensa alle possibili contromisure rispetto ai rischi.
“Con la globalizzazione – riprende Marco Marelli – la produzione è stata spostata lì. Il fatto è che, adesso, vengono usati tutti circuiti integrati e riportare la produzione qui ha costi e tempi importanti. L’auto è l’unico oggetto che ha una durata media di 20 anni, è in grado di sopportare temperature da -40° a +50°”.
Per sviluppare un componente nuovo, inoltre, “ci vogliono 7 anni per verificarne qualità e resistenza. Senza dimenticare che ogni sensore è in dialogo continuo con tutti gli altri e, togliendone uno, bisogna tornare a ristabilire questo dialogo”. “Dobbiamo allora puntare – conclude – a essere più competitivi, anche per quanto riguarda i costi. Non sarà facile, ci vorrà indubbiamente tempo, ma per il momento è importante iniziare a intraprendere questo discorso”.

L’Ai consuma energia come una città di medie dimensioni

Un tema particolarmente sentito, riguardo agli impatti dell’Ai, è quello dei consumi energetici.
Stefano Bonetti, ordinario di Ingegneria fisica a Ca’ Foscari, ha presentato al riguardo cifre impressionanti.
“L’uso giornaliero mondiale di ChatGPT – ha calcolato – consuma già oggi, essendo per di più previsto in crescita, quanto una centrale nucleare accesa per un’ora o quanto 25 mila abitazioni in ciascuna delle quali abitano 4 persone. In pratica, cioè, come una città di medie dimensioni”.

intelligenza artificiale
Stefano Bonetti, ordinario di Ingegneria fisica all’Università Ca’ Foscari di Venezia

 

“Adesso – è la sua analisi – ci può anche stare. Ma se l’intelligenza artificiale dovesse crescere ancora a questi ritmi diventerebbe non più compatibile con la vita”. La soluzione proposta è allora chiara: “Se l’Ai ci aiuta a trovare risposte ai problemi dell’energia e ci insegna a risparmiare – afferma Bonetti – ha senso, altrimenti no. Bisogna allora investire in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie più efficienti, perché se fermare il progresso è molto difficile, almeno lo si può indirizzare sulla strada giusta. L’Ai è insomma una grande opportunità se usata per cose intelligenti e non a caso. Un po’ come non va usata l’auto per 2 minuti di strada a piedi”.

I server e il problema del raffreddamento

Non è però solo quello dell’energia l’unico problema di consumo legato all’Ai.
“Più della metà dell’energia utilizzata dai data center di questi sistemi – prosegue il docente di Ca’ Foscari – va a riscaldare i computer. I server vanno dunque continuamente raffreddati e questo si traduce in un enorme bisogno di acqua. Tanto più che creare calore per poi toglierlo è un controsenso, perché si traduce in enormi quantità di energia buttate via”.
Le strategie per provare a recuperare questa energia sono già partite, anche se vanno fatte alcune considerazioni. “Da fisico – riflette Stefano Bonetti – il primo pensiero è che, ogni volta che si converte energia, una parte va perduta. Si può fare sicuramente meglio di adesso, per esempio utilizzando il calore dei server per il teleriscaldamento invernale. E d’estate, però? La conclusione, allora, è che, come sempre, molto meglio di tutto è riuscire a evitare gli sprechi”.

L’Ai e i suoi rischi a “C.r.e.d.i.t.”

L’intelligenza artificiale – ha sottolineato Monica Billio, ordinaria di Econometria all’Università Ca’ Foscari di Venezia, che ha patrocinato l’evento – si nutre di informazioni e dati. E questi occorre capirli, valutarli, analizzarli, perché siano di qualità. Oggi, qualità, gestione e sicurezza dei dati sono valori che devono necessariamente essere presi in considerazione”.
Nei 2 giorni del convegno veneziano, a cui hanno preso parte oltre 100 tra ricercatori e professionisti, sono stati in particolare dedicati 2 focus in cui accademia, decisori politici e industria hanno provato ad affrontare le sfide e le opportunità delle trasformazioni in corso, partendo dall’idea che anche i rischi potrebbero essere ridotti se l’Ai verrà utilizzata con dati e sistemi di qualità.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.