Il progetto in attesa del via libera da parte del Vaticano
Chiedetevi se qualcosa di molto piccolo, invisibile all’occhio nudo, possa rivoluzionare la vostra vita. Di questi tempi dovrebbe essere abbastanza facile rispondere. Ora ponetevi un’altra domanda: può un foro di 12 millimetri cambiare completamente un’opera d’arte?
La sua architettura, la prospettiva e la visione che abbiamo, di noi al suo interno e dell’opera stessa?
La risposta ve la dà un architetto con la passione per le scienze, che vuole ricostruire e ridisegnare il mondo.
Il Pantheon diventa la più grande camera oscura al mondo
Cosimo Scotucci, architetto italiano di stanza a Rotterdam e già inventore di Physx, ha ideato un nuovo progetto che vuole “essere un omaggio alle persone che durante la pandemia sono state costrette a ripensare sé stesse, a guardarsi dentro, a reinventarsi completamente”.
Si tratta di InsideOut, ovvero: trasformare il Pantheon di Roma nella più grande camera oscura al mondo. Un’idea in apparenza complicata, banale nell’applicazione, geniale nella sua creazione.
L’emozione tra spazio e luce
Punto di partenza: tradurre in termini architettonici l’introspezione di ognuno. Il primo passaggio per Cosimo è stato cercare uno spazio con caratteristiche peculiari per poterlo trasformare. Il secondo è stato la scelta del mezzo che potesse veicolare il messaggio di InsideOut e la luce in questo senso è stata la risposta migliore. L’ultimo step ha riguardato la scelta della tecnologia adatta per il progetto.
Qui è entrata in gioco la passione di Cosimo per le scienze: cercando tra le pagine di Newton e del Magia Naturalis di Giambattista Della Porta, ha trovato la soluzione, ovvero la camera oscura.
Il Pantheon, l’architettura perfetta
Da qui si arriva alla scelta del Pantheon come architettura perfetta per lo scopo di Cosimo.
L’unica apertura presente sulla sommità della cupola del tempio lo rende una potenziale camera oscura.
Basta posizionare un pannello di materiale oscurante (qualsiasi materiale oscurante, anche legno o cartone) sul foro, il quale sia completamente sigillante tranne che per il minuscolo foro di 12 millimetri, calcolato in base alla volumetria. Da qui la luce esterna, entrando nel “tempio di tutte le divinità”, verrebbe proiettata all’interno dell’architettura, mutando la percezione della struttura stessa e delle persone che avrebbero di sé all’interno del Pantheon.
La resilienza di un tempo rivoluzionario
Così come l’imperatore Adriano, all’alba del I secolo d.C., veniva colpito dai raggi solari delle Idi di marzo ricordando al popolo il suo essere ‘Re Sole’ divino, quasi 2000 anni dopo InsideOut, durante questi lunghi momenti di solitudine, vorrebbe ricordare a tutti coloro che ne faranno esperienza la propria unicità, la propria resilienza nell’affrontare tempi così rivoluzionari. Un ponte luminoso che collega la nostra vecchia concezione del mondo, il cui simbolo in questo caso è il Pantheon, e la nuova visione che ci è stata prepotentemente messa davanti agli occhi, la cui metafora è sempre il nostro tempio rivestito di una “luce nuova”.
Il progetto InsideOut è stato creato, ma ha appena cominciato il suo percorso. Il proprietario a tutti gli effetti del Pantheon è il Papa”. Spetta a lui l’ultima risposta.
“Semplice” architettura o opera d’arte?
“InsideOut è un’opera a metà tra le due cose, chiaramente architettonica per lo spazio in cui si interfaccia ma un’opera d’arte per il medium che utilizza, ovvero la luce (già il Canaletto usò la camera ottica per i suoi quadri, e ci sono gli artisti contemporanei come Abelardo Morell, Olafur Eliasson, James Turrell). È un’architettura di luce” conclude Cosimo. Tra le varie chiavi di lettura dell’opera, InsideOut ci ricorda quanto le nostre vite possano essere influenzate dalle più piccole variazioni.
Quindi, tornando alla domanda iniziale: la risposta è sì, 12 millimetri possano fare la differenza.
Sta a noi indossare gli occhi migliori per guardare le cose.
Damiano Martin