Indi Gregory è dal 6 novembre cittadina italiana. Tuttavia, la giustizia inglese ha stabilito che per la piccola paziente senza speranza di vita siano interrotti i trattamenti per il supporto vitale
Indi Gregory, la bambina inglese che l’Italia ha “adottato” conferendole d’urgenza la cittadinanza perché possa raggiungere l’ospedale Bambino Gesù di Roma, dove poter ricevere cure palliative per poter vivere nel miglior modo possibile i giorni che le restano, è ancora in Inghilterra.
Dove un giudice dell’Alta Corte di Londra ha comunque stabilito ieri che oggi, alle 14, per la neonata affetta da una grave malattia mitocondriale, sia staccata la spina dei macchinari che la tengono ancora in vita.
La cittadinanza d’urgenza che ha allungato di tre giorni la vita di Indi
Nonostante il suo quadro clinico sia chiaro e purtroppo privo di speranze, l’ospedale romano ha dato disponibilità ad accoglierla in risposta al disperato appello dei genitori, che già contro la decisione del primo giudice, avevano fatto ricorso.
A questo punto, il 6 novembre, con un Consiglio dei Ministri riunitosi d’urgenza, alla piccola, che oggi ha 8 mesi, è stata riconosciuta la cittadinanza italiana per consentirle di raggiungere il nostro Paese e di far valere per lei la nostra legislazione.
Secondo quanto stabilisce la giustizia inglese, infatti, in situazioni senza speranza come la sua, “nel miglior interesse del paziente”, il giudice può stabilire l’interruzione dei trattamenti per il supporto vitale.
La seconda pronuncia della giustizia inglese
Al Queen’s Medical di Nottingham, dove la bambina è tuttora ricoverata, doveva essere interrotta la ventilazione artificiale lo stesso 6 novembre alle ore 15.
L’intervento italiano ha fatto sì che la sentenza non abbia avuto immediata esecuzione e il papà di Indi, Dean Gregory, aveva ringraziato di cuore il governo e il popolo italiano.
“Da voi, speranza e fiducia nell’umanità. Dio vi benedica”, aveva detto.
Ma la seconda pronuncia dell’Alta Corte di Londra ha ribaltato la situazione, negando alla famiglia la possibilità di portare la bambina a casa e indicando come luogo più indicato per l’ultimo addio un hospice in alternativa all’ospedale in cui si trova.
Quello di Indi non è il primo caso in cui l’Ospedale pediatrico bambino Gesù ha dato disponibilità all’assistenza di piccoli pazienti senza speranze di vita.
Già in passato è accaduto per due bambini inglesi per i quali, tuttavia, non era stato negato il trasferimento.
La malattia di Indi è incurabile e c’è un rischio per lei anche nel viaggio che deve affrontare.
Ma Indi sorride, piange, risponde agli stimoli e i genitori, finché questo accade, vogliono che continui a vivere.