Boris: le colpe del cambiamento climatico nella pioggia più intensa di sempre. Intanto, negli Usa, l’uragano Helene fa paura
Quella caduta tra il 12 e il 15 settembre 2024, che anche gli abitanti di Emilia Romagna e Marche hanno sperimentato direttamente sui propri territori, è stata la pioggia più intensa di sempre nell’Europa Centrale.
Ma gli eventi come quelli provocati dalla tempesta Boris nell’ampia area dalla Germania alla Romania, rischiano di diventare sempre più frequenti e intensi, se non si abbandoneranno i combustibili fossili.
È l’allarme che hanno lanciato 24 ricercatori del gruppo World Weather Attribution nello studio relativo all’impatto del cambiamento climatico sulle inondazioni provocate dalle forti piogge.
L’aumento di probabilità e intensità delle forti piogge
Le forti piogge portate da Boris sono state causate, spiegano gli studiosi, da una “depressione Vb”, rara ma solitamente associata a elevate precipitazioni sull’Europa centrale, che si forma quando l’aria polare fredda arriva fino alle Alpi, dove incontra l’aria molto calda della parte meridionale del continente. Un evento come questo si verifica, secondo le previsioni, circa 1 volta ogni 100-300 anni.
Esaminando la tendenza delle osservazioni su scala regionale i ricercatori hanno però riscontrato che, rispetto all’era preindustriale, con un aumento di +1,3° la probabilità che si presentino eventi di forti piogge di 4 giorni sono già raddoppiati, per di più con un’intensità superiore del +10%. Non a caso, Boris si è ripresentato appena 2 decenni dopo le alluvioni del 1997 e del 2002.
Il cambiamento climatico raddoppia le probabilità di eventi estremi
Ma l’aumento delle temperature, per ora, non si è ancora fermato. E, pur sottolineando la prudenza dei risultati, visto che nuovi studi hanno dimostrato la possibilità di una sottostima degli aumenti delle precipitazioni, tutti i modelli, prosegue lo studio, indicano come il cambiamento climatico indotto dall’uomo provoca un raddoppio della probabilità e un aumento del +7% dell’instabilità.
Così, è la conclusione, in uno scenario di riscaldamento futuro in cui la temperatura globale sia superiore di +2° rispetto ai livelli preindustriali è possibile prevedere un ulteriore aumento degli eventi di pioggia di 4 giorni con intensità superiore di un altro +5% così come la probabilità che si presentino sarebbe, anche in questo caso forse sottostimata, più alta di un ulteriore +50%.
Conseguenze del maltempo: quali contromisure adottare?
In Europa centrale, la tempesta Boris, evento unico nel suo genere che ha infranto i record locali di precipitazioni nell’arco di 4 giorni, ha causato inondazioni che hanno colpito quasi 2 milioni di persone, almeno 24 vittime e numerosi dispersi, oltre ai danni a case e infrastrutture e interruzioni di corrente che hanno costretto a chiudere scuole, fabbriche e ospedali.
Conseguenze che hanno un costo anche economicamente elevato, con l’Unione Europea che si è impegnata a stanziare 10 miliardi di euro in aiuti.
Fortunatamente, la previsione del maltempo con diversi giorni d’anticipo ha consentito di mettere in campo alcune contromisure, riducendo il numero delle persone che hanno perso la vita rispetto alle 232 del 2002 e alle almeno 100 del 1997.
Serve un cambio di rotta
Il World Weather Attribution sottolinea però che finché non si sostituiranno gas e carbone con energie rinnovabili, si andrà sempre più verso inondazioni che rischiano di essere ancor più distruttive. Un cambio di rotta che, per i ricercatori, deve essere accompagnato anche da ulteriori investimenti mirati. L’invito è allora quello di puntare su spazi di stoccaggio su larga scala nelle pianure alluvionali e di ridurre al minimo lo sviluppo urbano nelle aree maggiormente a rischio di inondazioni. In tal modo, spiegano, si potranno ridurre gli impatti e salvare vite umane.
L’uragano Helene flagella gli Stati Uniti
Nel frattempo, la costa orientale degli Stati Uniti sta vivendo intanto momenti di forte tensione per l’arrivo a terra dell’uragano Helene, uno dei più potenti dell’ultimo secolo nel Golfo del Messico. Classificato di categoria “4” ha raggiunto nelle ultime ore la Florida, le cui autorità hanno invitato gli abitanti a non uscire di casa in occasione del suo passaggio.
“Chi decide di non evacuare scriva il suo nome sulle gambe o sulle braccia per facilitare l’identificazione dei cadaveri” è stato il significativo monito della polizia.
Dopo aver causato almeno 3 decessi, comunque, Helene ha fortunatamente perso potenza, venendo progressivamente declassato alle categorie “2” e quindi “1”, restando in ogni caso estremamente pericoloso nel suo progredire nell’entroterra.
I venti, che avevano soffiato fino a 225 km/h, sono progressivamente calati prima attorno a 150-160 km/h, ma possono ancora superare una velocità tra 90 e 100 km/h.
Alberto Minazzi