Il direttore del Foglio Claudio Cerasa ha lanciato una proposta a tutti i giornali italiani: quelle di dedicare oggi uno spazio a Immuni, la app di tracciamento anti covid per spiegare perché “avere più tracciamento significa avere più sicurezza, più salute e dunque più libertà”.
Anche per i nostri eventuali viaggi all’estero.
Dal 17 ottobre, infatti, l’Italia , dove Immuni è stata finora scaricata da 6 milioni 600 mila utenti, dialogherà con le altre app nazionali funzionando anche oltre confine.
Sono al momento 15 i Paesi che, come il nostro, hanno attivato o stanno attivando un’app di tracciamento.
Si tratta di Austria, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Malta, Olanda, Spagna, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca. Belgio, Cipro e Lituania si aggiungeranno nei prossimi giorni.
Metropolitano.it coglie l’invito del Foglio proponendo l’intervista all’avvocato Ernesto Belisario, esperto in Diritto delle nuove tecnologie e di privacy.
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Avvocato Belisario, partiamo dalla definizione: Immuni è solo un app di tracciamento dei contatti?
Si parla spesso di Immuni solo come un’app di Contact Tracing ma è un’espressione non esaustiva. Dà l’impressione che qualcuno tracci chi vedi e dove vai ma l’app non fa assolutamente questo. Non è un caso che la norma che ha istituito la possibilità di introdurre questa tecnologia in Italia parli di “sistema di allerta”. Con l’attivazione di Immuni la finalità dello Stato non è seguirci e ricostruire chi abbiamo incontrato, ma dare un servizio ai cittadini allertandoli se sono venuti a contatto con un soggetto positivo al Covid-19. Quindi, scaricando l’applicazione non si regalano dati allo Stato, ma si fa un servizio a se stessi e alla collettività.
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Quindi Immuni non mette a rischio la propria Privacy?
L’Unione Europea ha dato una serie di indicazioni precise agli Stati membri sul tema, come i vari Garanti competenti in materia. Da queste sono derivate una serie di caratteristiche e limitazioni della App: la volontarietà, la gestione da parte di un’autorità pubblica, il fatto che i codici sorgente siano disponibili con una licenza open source e possano essere ispezionati da chiunque e soprattutto la minimizzazione dei dati. Non viene richiesto infatti il numero di cellulare, l’indirizzo di posta elettronica o il nome e cognome. L’unico dato che transiterà nell’applicazione è questo pseudonimo ID, cioè un numero casuale generato dall’applicazione del nostro dispositivo che noi comunichiamo agli altri dispositivi.
Questi codici rimangono nell’apparecchio e soltanto nel momento in cui un soggetto risulta positivo viene comunicato il suo ID anonimo, in modo da allertare le persone che sono venute in contatto con lui. Per questo confermo: l’applicazione è stata realizzata nel rispetto di tutti i principi che sono stati individuati dalla Commissione e dai Garanti Europei, per questo mi sento di dire che rischi per i nostri diritti e per le nostre libertà non ci dovrebbero essere.
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L’Italia è in ritardo nell’introduzione di tecnologie di questo tipo rispetto agli altri Paesi?
Io non vedo particolare ritardo. Non ci sono altri Paesi in cui questo tipo di applicazione sia già stata resa disponibile, questo per tanti motivi. Apple e Google hanno sviluppato una soluzione tecnologica che è stata resa disponibile solo il 15 maggio.
Inoltre l’Italia è stato il primo Paese ad approvare una norma sul tema, con tutta una serie di passaggi dovuti in uno Stato Democratico. In Australia ad esempio il Governo ha approvato l’app molto velocemente e ha avuto grossi problemi già dal primo giorno, a dimostrazione del fatto che è meglio fare le cose per bene.
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Una domanda che va aldilà del suo ambito di competenza: questa applicazione può anche rappresentare un nuovo spirito di collaborazione tra cittadini per combattere il virus?
Questo è un tema in cui credo molto. Introdurre un’app volontaria significa veicolare un nuovo paradigma: tu scarichi l’applicazione per dare il tuo contributo civico, nessuno te lo impone. Lo fai per tutelare la salute dei tuoi colleghi, dei tuoi amici, dei tuoi genitori anziani. E’ un nuovo modello di collaborazione non obbligatoria, una sorta di patto sociale, come chi segnala che c’è stato un incidente per far arrivare i soccorsi. La volontarietà ci fa sentire parte di una comunità dove ognuno di noi può dare un contributo a tutela della salute.