L’omaggio della mostra di Dallas ha riscoperto alcuni aspetti meno noti del famoso personaggio del XVII secolo
Il veneziano Giacomo Casanova in Texas? Proprio così. E più esattamente al Kimbell Art Museum di Fort Worth, nell’area metropolitana di Dallas.
L’esposizione “Casanova The Seduction of Europe”, che si è appena conclusa con ottimi riscontri, ha inteso esplorare con l’occhio smagato del mitico avventuriero il continente della metà del XVIII secolo, rivivendo lo splendore del Secolo dei Lumi, le usanze, le raffinatezze, la gioia di vivere descritti nella “Histoire de ma vie”, specchio di un’epoca che finirà travolta dalla Rivoluzione francese, da lui aborrita.
In questa rassegna, l’aspetto conosciuto delle imprese amorose di Casanova (che fu giocatore, diplomatico, editore, spia degli Inquisitori di Stato) è passato quasi in secondo piano. I curatori hanno evidenziato la riscoperta degli itinerari percorsi, le città visitate, gli illustri personaggi incontrati, le imprese e le vicissitudini accadute nei diciotto anni trascorsi attraverso l’Europa.
L’inesausta curiosità, abbinata alla voglia di nuove esperienze, lo spinse (il suo intento era di venir ricordato come scrittore) a lasciare la Serenissima. Soggiornò in Francia che al tempo era il centro culturale e mondano del mondo conosciuto, spingendosi in Inghilterra, raggiunse l’Impero Ottomano fino a incantare, introdotto alla corte, Caterina di Russia. La rivisitazione della movimentata esistenza è stata affidata soprattutto alla galleria di quadri in mostra, tra cui opere di Boucher, Fragonard, Canaletto, Tiepolo. Affiancati da sculture, incisioni, mobili, arredi, porcellane, abiti del Settecento.
Il tema principale per cui Casanova è conosciuto nel mondo intero, la seduzione, non poteva comunque mancare. Ma si è voluto evitare il déja vu, assemblandol ai temi del viaggio, il teatro, il piacere del cibo. “Amo i piatti e le donne che abbiano sapori forti” affermava, da buon intenditore. Gli rimase la voglia della zuppa di gamberi (la stessa che ebbe la madre dopo il parto), evocata 73 anni dopo, nell’esilio di Dux in Boemia, lontano ormai dalla città natale.
Volendo, si può anche muovere un appunto: la mostra sembra aver messo un poco sotto tono la venezianità del Nostro. Venice, City of Masquerades è definita la Serenissima in maniera riduttiva, in uno degli interventi del catalogo “From the Salon to the Boudoir: the World of Casanova through the art of his Hera”. Nonostante l’inarrestabile decadenza nel XVIII secolo e il ripetersi degli stordenti carnevali, essa appariva ancora fulcro di civiltà, bellezza e creatività artistica.
Casanova era figlio di questa Venezia, spregiudicato sì, eppur orgoglioso di quest’appartenenza. All’Opéra di Parigi, quando le fu presentato, la Marchesa de Pompadour, curiosa, domandò: “Da Venezia? Davvero venite da laggiù?”. Avendone la sferzante risposta: “Venezia, Madame, non è laggiù, ma lassù”.