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Il vermocane: un'altra insidia nei nostri mari

Il vermocane: un'altra insidia nei nostri mari

L’anellide è autoctono ma sempre più presente a causa del surriscaldamento delle acque. Negli aculei, tossine urticanti

Era iniziato nell’estate 2023 con il granchio blu, il “nuovo predatore” che con le sue abili chele e un enorme appetito, si mangiava – e si mangia ancora-  gran parte dei crostacei e dei molluschi dei nostri mari.
Poi è stata la volta della noce di mare, la specie aliena originaria dell’Oceano Atlantico, per la pesca ancor più dannosa del granchio blu per le grandi quantità di zooplancton, uova e larve di pesci e molluschi di cui si ciba e per la sua sempre maggior presenza nelle nostre acque.
Accanto a loro, a rappresentare un problema ora c’è pure il vermocane, l’anellide di casa che, con il riscaldamento del Mediterraneo è aumentato in modo importante in Puglia, Calabria e Sicilia.
Il verme marino non solo si mangia in pochi secondi i pesci catturati dalle reti ma talvolta si spinge fino a riva e, avendo aculei che contengono tossine urticanti, diventa una presenza insidiosa anche per l’uomo.

vermocane

Un verme colorato che può raggiungere il metro

A vederlo è anche bellino colorato com’è e in genere con una lunghezza dai 20 ai 30 centimetri.
Se invece, come può, raggiunge il metro, trovarlo sulla battigia non è un’esperienza così piacevole.
Le sostanze tossiche contenute nei suoi aculei creano pruriti ed edemi contro i quali non c’è al momento un rimedio.
Una volta sentito il bruciore della sua puntura, dunque, non resta che attendere che il suo effetto passi. Ma se si è punti laddove la pelle è più sottile o sui polsi, da dove può partire anche un senso di intorpidimento fino alle dita, dicono gli esperti, è meglio intervenire con una pomata al cortisone.

Una presenza da contenere

Il vermocane, il cui nome scientifico è Hermodice carunculata, è una specie sempre esistita nel Mediterraneo.
Ma mentre un tempo era poco diffusa, ora, con il riscaldamento delle acque, si trova sempre più di frequente.
Per impedire che con il suo vorace appetito finisca con l’interferire in modo importante sull’ecosistema marino, i biologi del laboratorio dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Panarea e Milazzo stanno intervenendo con delle apposite trappole per catturarlo e tenere sotto controllo la sua proliferazione.
Nello stesso tempo, stanno partendo le campagne di informazione per i bagnanti, locali e turisti.

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