Fino al 18 aprile potranno essere ripresentate le domande non accolte per ottenere il contributo
Anche nel 2025 e nel 2026, le donne che hanno subìto violenza potranno contare sull’aiuto economico del reddito di libertà, pensato per favorirne il reinserimento sociale e lavorativo.
La misura è ripartita ufficialmente il 4 marzo con la pubblicazione del decreto dei Ministeri della Famiglia, del Lavoro e dell’Economia in cui vengono stabiliti criteri e modalità di distribuzione delle risorse destinate attraverso l’apposito fondo dedicato. Si tratta 10 milioni di euro per ognuno degli anni dal 2024 al 2026, ai quali aggiungere un altro milione, di natura strutturale, previsto dall’ultima Legge di Bilancio.
La ripartenza del reddito di libertà
Il reddito di libertà punta a facilitare il percorso di uscita da situazioni di violenza delle donne vittime di episodi di questo tipo, garantendo loro maggiore autonomia economica. Si traduce in un contributo di 500 euro al mese (in precedenza erano 400), per un periodo massimo di 12 mensilità, con le somme, erogate in un’unica soluzione, compatibili con altri strumenti di assistenza economica, a partire dall’assegno di inclusione, ed esenti dal pagamento dell’Irpef.
Per il primo periodo dopo la riapertura della possibilità di presentare le domande è stato fissato un periodo transitorio di 45 giorni, fino al 18 aprile 2025, in cui sarà data priorità alle donne che hanno già inoltrato la richiesta in passato, non riuscendo però a ottenere il beneficio a causa dell’insufficienza dei fondi disponibili.
L’accoglimento della domanda si lega infatti alle risorse trasferite all’Inps, che poi procede alla distribuzione in base alla graduatoria regionale determinata dal codice univoco riportante data e ora di invio della domanda.
Il regime transitorio
In caso di incapienza delle risorse finanziarie per soddisfare tutte le richieste, a partire dal 2025 le domande non accolte sono destinate a decadere. Ciò però non succederà, come spiega la circolare dell’Inps del 5 marzo in cui vengono approfonditi i dettagli relativi alla nuova versione della misura, per le domande presentate prima di quest’anno e non accolte, alle quali anzi sarà concessa, come anticipato, una sia pur temporanea priorità. Per sfruttare questa opportunità, andrà però presentata una nuova domanda, da inoltrare all’ente assistenziale tramite il Comune di residenza. Gli uffici comunali potranno farlo attraverso una apposita piattaforma online, accedendovi attraverso Spid di livello 2, Cie o Cns. Prima dell’inoltro, il Comune potrà visualizzare l’elenco delle domande presentate entro il 31 dicembre 2024 e verificare che la persona che ha fatto richiesta di accedere al reddito di libertà non ha potuto beneficiarne per insufficienza di budget. A questo punto, appurata la sussistenza dei requisiti d’accesso, si potrà procedere alla ripresentazione.
Chi e come può richiedere il reddito di libertà
Chiusa la parentesi del regime transitorio, potranno presentare domanda tutte le altre donne vittime di violenza residenti nel territorio italiano seguite dai centri antiviolenza riconosciuti: con o senza figli, italiane e comunitarie, ma anche extracomunitarie in possesso di permesso di soggiorno, permesso per protezione speciale, carta di soggiorno per familiari o anche solo ricevuta della richiesta del permesso, rifugiate politiche o donne con status di protezione sussidiaria. Chi intende usufruire del contributo deve richiedere al rappresentante del centro antiviolenza che l’ha presa in carico un’attestazione in cui si certifica l’avvio del percorso di emancipazione e autonomia, mentre il servizio sociale di riferimento è chiamato ad attestare lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria e urgente. Queste dichiarazioni andranno inserite nel modulo “Domanda reddito di libertà”. Il modulo “SR208”, che si può trovare nell’apposita sezione del sito Inps e consente di usufruire di una procedura semplificata, andrà compilato direttamente dalla donna interessata, da un suo rappresentante legale o da un delegato e inviato tramite il Comune entro il 31 dicembre dell’anno a cui si farà riferimento quanto alla concreta disponibilità delle risorse.
Alberto Minazzi