I preziosi reperti sono stati rinvenuti a Monticelli d’Ongina, nel piacentino e risalgono probabilmente al Paleolitico
Tra le province di Cremona e Piacenza, nel punto in cui il fiume Po incrocia l’Adda, dalle acque sono riemerse due ossa parietali e l’osso occipitale di un cranio umano.
Non un cranio contemporaneo, ma di un Homo Sapiens arcaico, prima testimonnianza della presenza, nella Bassa Padana, di uno dei primi emigrati dall’Africa verso l’Europa.
La scoperta, come sottolinea il professore di Paleontologia dell’Università di Parma e sindaco di San Daniele Po Davide Persico, autore del ritrovamento, colma di fatto un vuoto paleontologico.
«La scoperta è stata davvero emozionante – racconta Persico – e ha un grande valore scientifico. Sono vent’anni che mi occupo di ricerca ma quando ci si ritrova davanti a qualcosa di eccezionale come in questo caso, l’evento assume un significato particolarmente rilevante».
Il ritrovamento è stato fatto nel settembre 2022, ma solo ora, dopo gli accertamenti sulla sua autenticità, ne viene data notizia.
Non si tratta di un teschio completo ma di due ossa parietali e l’osso occipitale che erano seminascosti nella ghiaia.
La scoperta è stata immediatamente segnalata alla Soprintendenza Archeologica di Parma e Piacenza e dai primi studi si ritiene possano risalire a un Homo Sapiens del Paleolitico.
Al quale è stato attribuito (in realtà al reperto) il nome di Acamar.
Da Parma a Ravenna per lo studio del cranio con il carbonio 14 e la ricostruzione tridimensionale
Il fossile è stato infatti trovato proprio nel grande meandro di isola Serafini, che tanto assomiglia all’omonima stella della costellazione di Eridano, antico nome del Po, che ha la forma di un fiume. «Ora saranno effettuati degli studi a 360 gradi ai quali lavorerà un team di ricerca formato da Soprintendenza di Parma e Piacenza, le Università di Parma, Bologna e Milano e il Museo Paleoantropologico di San Daniele Po – spiega Davide Persico -Gli approfondimenti sul reperto permetteranno di ricostruire il sesso, l’età e altre informazioni sulla vita di questo esemplare unico nello scenario padano».
L’analisi del cranio con il carbonio 14 e la ricostruzione tridimensionale
Nella giornata di venerdì 6 luglio, il cranio, ora custodito nel Museo di storia Naturale dell’Università di Parma, sarà trasferito nei laboratori di Ravenna, dove sarà sottoposto a indagini genetiche e con il carbonio 14, un particolare procedimento che permette di datare materiali di origine organica come ossa, legno, fibre tessili, semi, carboni di legno.
Si tratta di una datazione assoluta, vale a dire in anni calendariali, utilizzata per materiali di età non più antica di 50mila anni salvo casi particolari. Verrà anche fatta una ricostruzione tridimensionale. In un prossimo futuro il ritrovamento sarà in mostra nella nuova esposizione permanente del Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma.
Negli ultimi tempi, a causa della siccità il Po è già stato sede di ritrovamenti archeologici di notevole valore naturalistico quali scheletri di mammut, lupi e bisonti. E’ affiorata anche la testa di un megalocero, conosciuto come megacero o cervo gigante.
I ritrovamenti più antichi di questa specie risalgono addirittura a 400mila anni fa. Ora, i nuovi significativi ritrovamenti potranno contribuire a riscrivere una parte della nostra storia.