Con oltre 21.000 mattoncini-giocattolo, in più di un anno padre e figlio di Peseggia ricreano la base di Star Wars
La nostra avventura è cominciata quando Tommaso aveva cinque anni: ancora piccolissimo, è praticamente rimasto folgorato da “Guerre stellari” e ha cominciato a giocare con i mattoncini della Lego dedicati alla saga. Per me è stato come un ritorno alla mia gioventù. Con i suoi occhi ho scoperto cose che non avevo notato e la sua passione è diventata la mia». Samuele Favaro, 43 anni, programmatore meccanico di Peseggia, ripercorre orgoglioso i passi che l’hanno portato a realizzare la sua impresa. Suo figlio Tommaso, che di anni oggi ne ha 12, gli siede accanto. Lunghi riccioli castani, ascolta distratto mentre sorseggia una bibita. Se il papà è arrivato a costruire con ben 21.533 mattoncini Lego la base di Hoth che si vede nel quinto episodio di “Star Wars” – dal titolo “L’impero colpisce ancora” – è anche merito suo.
Un progetto tutto mio
«È sempre stato il suo gioco» spiega Samuele. «Tommaso non voleva che lo aiutassi. Ha iniziato con costruzioni di un centinaio di pezzi, scatoline piccole. Più cresceva più i pezzi aumentavano, set da collezionismo. Ma mai che io potessi metterci mano. Poi, era l’estate del 2016, abbiamo sentito di una mostra quasi per caso e abbiamo deciso di partecipare. È stata la nostra prima esposizione. Da lì, più visitavo mostre più rimanevo sorpreso. Mi chiedevo come facessero a fare quelle meraviglie. Mai avrei creduto che sarei stato in grado di fare qualcosa di bello anch’io. Un po’ per sfida un po’ per necessità, visto che Tommaso non mi faceva toccare i suoi pezzi, mi sono deciso a provare».
Perché la base di Hoth
«Ho scelto di ricreare la base di Hoth perché è stata la mia prima scintilla. Quaderno a quadretti e matita alla mano ho iniziato a lavorare al mio progetto per capire come sistemare i mattoncini che intanto compravo. Una volta definita l’idea, ho lavorato per svilupparla. Ho studiato minuziosamente i dettagli per riprodurli al meglio. Ho cercato di creare qualcosa che fosse interessante per i veri esperti e allo stesso tempo originale, qualcosa che sino a quel momento non avevo mai visto, un tocco soltanto mio. Ho impiegato oltre 21mila mattoncini e 120 minifigure, per scene che si svolgono anche fuori dal perimetro, come quelle che ho sistemato sugli angoli a vista».
Una passione che non ha prezzo
«Ci ho lavorato per più di un anno. La sera dopocena andavo dai miei genitori, perché l’ho costruita nella loro taverna, sistemandola su una tavola di legno comprata apposta. Tommaso mi ha dato una mano, seppure piccola. Perché io a differenza sua, gli ho permesso di aiutarmi. Ma quantificare con precisione le ore investite per costruirla è difficile. Soldi e tempo poco importano, se li spendi per una passione forte come è la nostra, che ci ha permesso di trascorrere ancora più tempo insieme, di viaggiare e scoprire nuovi posti, stringere nuove amicizie, conoscere persone che parlano la nostra stessa lingua, arrivate da tutta Italia. Adulti, ma anche bambini».
Inseparabili, condividono ogni aspetto di questa passione: insieme nella presentazione (con una diretta Facebook lo scorso 20 ottobre) della base di Hoth e in giro per l’Italia per le esposizioni, entrambi membri dell’associazione Nordest Brick e insieme pure a immaginare il prossimo progetto. «È tutto ancora da definire, ma mi piacerebbe costruire un altro pianeta, sempre di “Star Wars”, Endor. Ci sono molti alberi, li faremo insieme». E subito Tommaso si prenota: «Posso fare quelli più difficili?»