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Il Giardino dei sensi che aiuta a scoprire la natura

Il Giardino dei sensi che aiuta a scoprire la natura

Alla Casa di Anna di Zelarino (VE) si completa con 6 alberi antichi il percorso di un “giardino sensoriale” aperto a tutti

I colori, i profumi, i suoni, i gusti il contatto con terreni diversi.
“I cinque sensi sono il linguaggio con cui la natura ci parla”, sottolinea Piero Pellegrini, fondatore a Zelarino, nell’entroterra veneziano, di Casa di Anna, fattoria sociale in cui la produzione agricola si sposa con i programmi di inclusione e solidarietà.
È da questi pensieri che trae origine la nuova iniziativa avviata nei giorni scorsi: un “giardino sensoriale”, ovvero un percorso naturalistico orientato a stimolare a 360 gradi la sensorialità di chi lo percorre. Un breve itinerario, di 500-600 metri, in cui, procedendo di zona in zona, si entra in diverse aree pensate appositamente nell’ottica dell’odorato, del gusto, dell’udito, della vista e del tatto.

 

Gli alberi patriarcali del Giardino dei frutti dimenticati

L’inaugurazione del “Giardino dei sensi” di Casa di Anna è avvenuta in occasione della piantumazione di 6 alberi in quello che è stato definito il “Giardino dei frutti dimenticati”. Nella seconda tappa del percorso, dopo l’iniziale Giardino delle erbe aromatiche che già esisteva ma che è stato arricchito per l’occasione, sono stati posizionati a terra, grazie alla collaborazione con l’Associazione italiana alberi patriarcali, gli esemplari di alcuni alberi da frutto sostanzialmente estinti.
Già i nomi richiamano a un passato agreste: albicocco tonda di Tossignano, biricoccolo, melograno grossa di Faenza, pero angelica, melo rosa di Fondo e fico secco. “L’associazione – spiega Pellegrini – ha lavorato in laboratorio sui genomi di queste piante, li ha messi a dimora e sono nati i gemelli delle piante ormai estinte, ma che adesso potranno permettere di riprendere contatto con sapori antichi. Piante piccole, ma che hanno saputo resistere tantissimi anni e che possono anche fungere da esempio nelle nuove sfide a inquinamento e difficoltà climatiche”.

L’omaggio a Tonino Guerra

L’idea di Piero Pellegrini, progettata dall’architetto Laura Villani e resa possibile anche grazie al contributo del Lions Club International, si ispira a un grande intellettuale del secolo scorso, Tonino Guerra. Lo scrittore, sceneggiatore, poeta e pittore nella sua casa di Pennabilli, sull’Appennino riminese, realizzò infatti un percorso analogo, posizionando tra le piante fogli contenenti i suoi scritti e le sue poesie.

giardino dei sensi

In ogni tappa del nostro Giardino dei Sensi – riprende Pellegrini – anche noi abbiamo posizionato un aforisma o un pensiero di Tonino Guerra, sfruttando le moderne tecnologie attraverso un Qr code che, scansionato dal visitatore, permette sia di ascoltarli in lingua inglese, sia di accedere all’audiolettura in italiano da parte dei non vedenti che verranno a visitare il nostro giardino”.

Dai sensi, al parco giochi, al dopolavoro

Come l’intera struttura della Casa di Anna, anche il Giardino dei sensi è infatti pensato nell’ottica dell’accessibilità per tutti. Nella zona dedicata all’udito, sugli alberi da frutto tradizionali è stata appesa una collezione di campane giapponesi che, quando soffia il vento, creano un vero e proprio concerto.
L’area della vista, invece, è una collinetta di meno di una decina di metri in cima alla quale è stata posizionata una panchina in cui è possibile avere una visione completa del contesto della fattoria e dei dintorni.

giardino dei sensi

L’ultima tappa è quella del tatto, dove il visitatore è invitato a togliersi le scarpe per entrare in contatto diretto con alcuni terreni diversi: dalla sabbia al fango, dal legno all‘erba e ai trucioli. Vi è infine un piccolo parco giochi, destinato ai più piccoli, in cui sono stati installate strutture appositamente pensate anche per i disabili, come l’altalena accessibile a chi è in carrozzella, il bruco o uno speciale tavolo per i giochi.

“L’obiettivo finale – conclude Piero Pellegrini – parte proprio dalla considerazione che una fattoria, anche inclusiva, è comunque un luogo di lavoro. Che comprende anche il dopo-lavoro, in cui potersi abbandonare a suoni e odori, facendosi accarezzare dal vento e magari assaporando un frutto ormai estinto.

Alberto Minazzi

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