“Posso dare una notizia positiva: i porti di Venezia e di Chioggia sono pienamente operativi e funzionanti. Stanno continuando a lavorare grazie all’encomiabile sforzo collettivo pubblico e privato, grazie alla grande coesione e motivazione della comunità portuale. E questo ci permette di contribuire a garantire la tenuta complessiva del tessuto economico del nostro territorio, oltre a garantire le consegne e gli approvvigionamenti alla grande distribuzione, ai supermercati e alla filiera biomedicale”. La rassicurante notizia è arrivata dal presidente dell’Autorità portuale, Pino Musolino.
I numeri non crollano
Le conseguenze delle limitazioni legate al coronavirus, ovviamente, si stanno facendo sentire anche nell’attività dei nostri scali. Ma non in maniera tale da comprometterne l’attività. A febbraio, ad esempio, nonostante l’inizio dell’emergenza, i porti veneziani hanno fatto registrare un +4,3%, riprendendo il trend positivo dopo un finale di 2019 che Musolino ha definito “molto complesso”.
“Marzo – ha proseguito il presidente – sta cambiando radicalmente, anche se avremo i dati solo nelle prime settimane di aprile. Possiamo però dire già fin da ora che una tenuta o una non significativa compromissione dei traffici sarebbe un risultato di grande valore”.
Il calo, comunque, dovrebbe essere contenuto. “Sia pure in un momento di chiara difficoltà – ha sottolineato il presidente degli agenti marittimi del Veneto, Alessandro Santi – il calo delle toccate nei primi giorni di marzo è stato limitato. Si parla di un 10%, ovvero di una quindicina di toccate in meno rispetto alle 120 avute fino ad oggi. E questo calo si concentra soprattutto sul traffico petrolifero e dei prodotti chimici: settori in cui si è registrata la maggiore flessione dei consumi”.
Un sistema da garantire
È però logico che un simile equilibrio sia estremamente fragile e necessiti di misure che possano aiutare gli operatori a non arrivare a pericolose situazioni di stallo. Lo snodo più importante è legato alla chiusura delle attività ritenute non essenziali, che partirà da domani. Quel che Federspedi e Confetra chiedono al Governo è di consentire l’apertura almeno della parte logistica delle fabbriche, per poter continuare a trasferire le merci dal porto ai magazzini. Il rischio, ha sottolineato il nuovo responsabile del terminal Vecon di Porto Marghera, Alessandro Becce, è che “i container con le merci partiti dalla Cina 40 giorni fa, una volta scaricati, se non distribuiti si accumulino nei piazzali e mettano in crisi il sistema delle consegne”.
Un altro tema su cui gli operatori del porto hanno richiamato l’attenzione è quello della carenza dei dispositivi di protezione individuale, a partire dalle mascherine. I porti di Venezia e Chioggia sono stati i primi scali italiani ad entrare nella zona arancione e si sono mossi subito per mettere in campo misure atte a garantire la sicurezza della salute dei lavoratori. Non a caso, il protocollo che è stato subito stilato per consentire la continuità delle operazioni insieme alla tutela delle persone è stato ripreso a livello di linee guida nazionali per la garanzia degli operatori di terra e delle navi. Ma tutto questo, per continuare, ha bisogno di un fondamentale coordinamento non solo tra i singoli attori della filiera, ma anche con le istituzioni.