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Il “Canova mai visto”: un racconto inedito, al museo degli Eremitani

Il “Canova mai visto”: un racconto inedito, al museo degli Eremitani
Il tempio canoviano di Possagno

Una uova esposizione ricostruisce il legame tra Antonio Canova e la città di Padova, mettendo in luce opere sconosciute, lettere, e scoperte recenti, tra cui il celebre vaso cinerario della contessa Louise von Callenberg

C’è voluto più tempo del previsto, per svelare qualcosa di mai raccontato prima.
La narrazione dietro l’arte visiva: lettere e epistole, stampe, opere collaterali – ma non per questo meno importanti – che contribuiscono a ricostruire la grandezza di Antonio Canova.
Il genio neoclassico originario di Possagno (VI), veneziano di adozione artistica, re-incontra la sua storia, inedita a noi spettatori, ne Il Canova mai visto. Opere del Seminario vescovile e della Chiesa degli Eremitani, nel 25° anniversario dall’inaugurazione dell’omonimo Museo diocesano.
Annunciata per l’autunno 2024, e posticipata alla primavera 2025 per motivi tecnici e logistici, la mostra sarà inaugurata il prossimo 8 marzo, per concludersi esattamente tre mesi dopo (8 giugno). Lo slittamento è tuttavia risultato utile per ammodernare gli spazi del Palazzo vescovile, sede del Museo degli Eremitani, e consentire nuove, interessanti scoperte, che vanno ad arricchire la proposta espositiva.

L’antico vaso cinerario ritrovato

Tra queste, l’elemento centrale e protagonista è il vaso cinerario della contessa Louise von Callenberg, opera in marmo realizzata dal Canova tra il 1803 e il 1807, ed erroneamente pensata persa a causa dei bombardamenti del 1944 sulla città, ritrovata recentemente e di proprietà della parrocchia degli Eremitani.

Canova, Vaso cinerario della contessa Ludovica Callenberg

Attorno al vaso, la mostra ricompone l’intero monumento funerario – il quale trovava posto negli spazi esterni degli Eremitani – progettato dall’architetto Giannantonio Selva e dallo scultore Domenico Fadiga, e nel quale concorre anche una scritta attribuibile allo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe.
A coronare la struttura, una stele epigrafata dall’abate Stefano Antonio Morcelli, e sette candelabre con altrettante iscrizioni di personaggi illustri protagoniste di una interessante elaborazione di recupero raccontata nella mostra stessa.

Le lettere, il legame con il seminario padovano e l’amore per l’antica Roma

Ciò che risulta “più inedito” – se possibile – è il racconto fatto dalla mostra del rapporto tra l’artista neoclassico e il fratellastro (e unico erede), mons. Giovanni Battista Sartori Canova, di cui nel 2025 ricorrono i 250 anni dalla nascita.
Le lettere in esposizione, scritte dal Battista Sartori, raccontano del suo amore per il seminario padovano, attestato (anche) dal medagliere contenente ben 3.600 monete dell’antica Roma, e fornite dallo stesso Antonio Canova, le quali simboleggiano l’iconicità del mondo classico per l’artista veneto e per le sue opere.

Canova
Ebanista romano, 1830. Il medagliere di Antonio Canova

Canova: artista e mecenate con importanti incarichi istituzionali

Ma pur sempre di arte visiva si tratta; non mancheranno, in esposizione, calchi e gessi, incisioni e stampe, dipinti che dimostrano il prezioso lavoro di Canova e la sua ricchezza di relazioni con la città di Padova e con l’aristocrazia europea.
Antonio Canova non fu solo artista, ma anche mecenate egli stesso, tra Venezia e Roma, con importanti incarichi istituzionali conferitogli da nobili – sue sono le rappresentazioni della quasi totalità della famiglia Bonaparte – e da Papa Pio VII, che nel 1815 lo incaricò di recuperare le opere trafugate durante le campagne napoleoniche, in Italia, di fine Settecento.

Canova
Antonio Canova, autoritratto

1779: l’anno decisivo per Canova

Nonostante la sua importanza europea, Canova conservò sempre il legame e l’affetto con il suo paese natale, Possagno, che ancora oggi custodisce la sua eredità artistica e storica. Qui nacque nel 1757, e fu grazie al nonno Pasino che si avvicinò all’arte scultorea, e successivamente a Venezia. Ma è nel 1779 l’anno decisivo per Canova, con il suo primo viaggio a Roma. Qui, venne a contatto con l’arte neoclassica e le idee illuministiche teorizzate da Johann Joachim Wincklelmann e Anton Raphael Mengs; nello stesso anno si spostò a Pompei e Ercolano, facendosi colpire dall’antichità greca e romana.
Dopo tutta una vita in Europa, tra Italia e il nord austro-tedesco, rimane a Possagno l’ultima opera da lui concepita: nel 1819 diede inizio alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale, di cui però non vide mai il termine, morendo tre anni dopo (13 ottobre 1822), a Venezia.

Il Canova mai visto

La mostra, curata da Andrea Nante, Elena Catra e Vittorio Pajusco, è organizzata dalla Diocesi di Padova, attraverso il Museo diocesano di Padova, il Servizio diocesano per l’Arte sacra e i Beni culturali ecclesiastici, la Biblioteca del Seminario vescovile e l’Archivio storico diocesano, e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. La realizzazione de Il Canova mai visto rientra nel progetto Mi sta a cuore, lanciato anni fa dal museo diocesano per coinvolgere la società civile nell’impegno di recupero dei patrimoni artistici del territorio.

Damiano Martin

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