Una mostra collettiva di fotografia che ritrae i vari volti della miseria, della solitudine, della malattia, della violenza e dell’ingiustizia.
Un tentativo di rompere l’abitudine al silenzio e all’oblio.
Un invito a non vedere il male come ineluttabile banalità ma a continuare a combatterlo, a cercare di “diventare umani”.
E’ questo il senso dell’esposizione “L’ignobile indifferenza”, ospitata fino al 20 marzo alla Galleria Luigi Sturzo di Mestre.
Organizzata dall’Associazione Culturale “La fornace” con il patrocinio del Comune di Venezia, la mostra raccoglie complessivamente una trentina di foto in bianco e nero di grande impatto di Carla Carletto, Mauro Menin e Filippo Alessandro Nappi.
Scatti difficili, sia perché spesso “ legati al timore –hanno spiegato gli autori -di mancare di rispetto nei confronti delle persone che si trovano in condizioni così tristi, sia per la responsabilità di diventare ancora più profondamente testimoni di questo male”.
L’alternativa, però, è l’ “ignobile indifferenza” verso una realtà che esiste.
Come quella della clinica psichiatrica di San Clemente di Venezia, dove Filippo Alessandro Nappi ha scattato negli anni ’70 e ’80 alcune delle foto oggi esposte per documentare una quotidianità della quale ha voluto rendere compartecipe il Comune di Venezia, al quale fatto un lascito di ben 15.000 immagini.
Testimonianze crude, che nella loro drammatizzazione risultano ben lungi dal risolversi in una catarsi.
Che si tratti degli scatti di Alessandro Nappi o di quelli di Carla Carletto e di Mauro Menin, non ci sono risposte da trovare ma una sola domanda da porsi: “Perché?”
La galleria “Luigi Sturzo”, nata nel 1998 per iniziativa di alcuni membri dell’Associazione “La Fornace”, Associazione di volontariato che opera fin dal 1986, non è nuova a esposizioni di questo tipo. Attenta alla realtà locale, ha ospitato negli anni anche artisti di chiara fama internazionale.
Alessandro Filippo Nappi, Carla Carletto e Mauro Menin sono fotografi noti del territorio, di cui hanno documentato le trasformazioni (Porto Marghera di Nappi, il postfemminismo di Menin, i “volti di donna” della Carletto) urbane, sociali e “intime”, perché “in ogni essere umano, per quanto abbruttito dalla vita e dalle situazioni–ha detto Carla Carletto- mi piace scorgere sempre la speranza di una possibile rinascita o “redenzione”.