“La pensione? Tanto chissà se e a che età ci arriverò”.
E’ una frase che si sente spesso dire, soprattutto tra i giovani, che sono sempre più disillusi in materia.
Certo, una riforma del sistema pensionistico è in atto e le cose potrebbero migliorare.
Ma di fatto, i dati di una simulazione effettuata per il quotidiano La Repubblica dalla società di consulenza Smileconomy, mettono nero su bianco un problema affatto trascurabile.
Per i nati dopo il 1996, ovvero quelli legati al sistema contributivo in cui “prendi quanto versi”, il traguardo finale conduce infatti oltre i 70 anni. Con il rischio di dover rinviare anche fino a 75.
Non solo. Il compenso corrisponderebbe a percentuali che vanno da poco oltre la metà del loro ultimo stipendio al 64% dello stesso.
Ma può andare anche peggio nel caso in cui si abbia alle spalle un percorso lavorativo discontinuo e con un buco contributivo.
In quest’ultimo caso, che riguarda molti dei quali, negli anni Novanta, hanno iniziato a sperimentare la cosiddetta “flessibilità del lavoro”, l’assegno può crollare andando a garantire solo il 40/45% dell’ultimo stipendio ricevuto.
La simulazione ha preso in considerazione quattro lavoratori tipo di 25, 30, 35 e 40 anni nelle due principali categorie: dipendenti e autonomi.
Per il più giovane, il venticinquenne, l’uscita dal mondo del lavoro risulta in una forchetta tra i 69 e i 73 anni.
La data precisa dipende dalla speranza di vita, il parametro Istat che viene aggiornato con i requisiti della pensione ogni due anni.
In base alla riforma Sacconi infatti, se la speranza di vita si allunga, l’età della pensione si allontana. Ma se si accorcia rimane uguale.
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I giovani degli anni Novanta: in pensione oltre i 70 anni
25 Ottobre 2021