Dalle malattie cardiache e respiratorie all’Alzheimer: nuovi studi evidenziano i rischi legati alle polveri sottili. Intanto si muove la Ue: nuovi limiti e risarcimenti per i cittadini che si ammalano
C’è perfino un aumento del rischio-Alzheimer, oltre a quelli di sviluppare malattie cardiache o respiratorie, tra le conseguenze prodotte sul nostro organismo dal Pm2,5, una delle polveri più sottili (le sue particelle hanno un diametro inferiore o uguale a 2,5 micron) riconosciute tra le principali cause di inquinamento dell’aria.
E lo smog, come ci stiamo rendendo conto nelle ultime settimane, è purtroppo ancora a livelli troppo alti, nel nostro Paese, a partire dalla Val Padana.
Una riduzione di emissioni c’è stata nell’ultimo decennio, sottolinea l’appena presentato Rapporto 2023 della Società Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, “ma ancora non basta”.
Così, se il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, commenta affermando che “Siamo tutti chiamati a vincere la sfida di tutelare il nostro Paese”, il Parlamento Europeo e i Governi dei Paesi membri hanno raggiunto in queste ore un accordo per stringere i livelli degli inquinanti più nocivi e introdurre il diritto al risarcimento per i cittadini.
Il Pm2,5 e l’Alzheimer
Sono ben 3, tutti statunitensi, gli studi pubblicati di recente che hanno approfondito gli effetti sulla salute derivanti dal Pm2,5.
Nel primo, uscito su “Neurology”, la rivista ufficiale dell’Accademia americana di neurologia, gli scienziati hanno scoperto che più una persona è esposta a questo inquinante, più è elevata la possibilità che presenti a livello cerebrale un alto numero di placche amiloidi, considerate una “spia” del morbo di Alzheimer.
Lo studio ha esaminato il tessuto del cervello di 224 donatori deceduti, tutti bianchi con un livello elevato di istruzione e dall’età media di 76 anni, in gran parte residenti nell’area metropolitana della città americana, e ha quantificato in 1,32 microgrammi per metro cubo la concentrazione media di particolato fine legato al traffico nell’anno precedente al decesso e di 1,35 nei tre anni precedenti.
La conclusione è stata che la probabilità di presentare più placche raddoppia in caso di esposizione per un anno a livelli di Pm2,5 superiori a 1 µg/m3 e sale del +87% se il periodo di esposizione è pari a 3 anni. I dati sono stati quindi verificati anche sulla base della presenza della principale variante genetica associata all’Alzheimer, riscontrando che la relazione tra i segni della malattia e l’inquinamento è più forte in coloro che non hanno questa caratteristica.
“Ciò suggerisce – spiega l’autrice del lavoro, Anke Huels della Emory University di Atlanta – che fattori ambientali come lo smog potrebbero contribuire all’Alzheimer nei pazienti in cui la malattia non può essere spiegata dalla genetica”. Per spingersi oltre la semplice associazione tra i due fenomeni e dimostrare che lo smog causa la malattia neurodegenerativa serviranno comunque ora ulteriori approfondimenti.
Malattie respiratorie e cardiocircolatorie: non ci sono soglie sicure
Altri 2 studi si sono invece concentrati sul nesso tra aumento dei ricoveri ospedalieri per gravi malattie cardiache e respiratorie ed esposizione al Pm2,5, a breve e lungo termine. Com’era prevedibile, questo collegamento c’è.
Il dato nuovo e più preoccupante che emerge, anche dal confronto tra i 2 studi pubblicati sul British Medical Journal, è però che non esiste una soglia di inquinanti che possa essere ritenuta sicura per la salute di cuore e polmoni.
Nel primo studio, i ricercatori hanno abbinato i livelli medi giornalieri di Pm2,5 dal 2000 al 2016 ai codici postali di residenza di circa 60 milioni di over 65, monitorando poi i ricoveri nell’arco di 8 anni. È emerso che l’esposizione al Pm2,5 per 3 anni era associata a un aumento delle probabilità di un primo ricovero per 7 tipi di patologie cardiovascolari: cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, aritmia, cardiopatia valvolare, aneurismi dell’aorta toracica e dell’aorta addominale.
Pur calcolando che, se si riducessero i livelli annuali di particolato fine sotto i 5 µg/m3, ovvero la nuova soglia fissata dall’Oms con l’aggiornamento delle linee guida del 2021, “potremmo evitare il 23% dei ricoveri per malattie cardiovascolari”, “i risultati – avvertono i ricercatori – suggeriscono che non esiste una soglia sicura per l’effetto cronico del Pm2,5 sulla salute cardiovascolare generale”.
Il secondo studio, relativo allo stesso arco temporale (durante il quale sono stati registrati oltre 10 milioni di ricoveri e 24 milioni di visite in pronto soccorso), ha correlato concentrazioni giornaliere di Pm2,5 a livello di contea e dati relativi alle richieste mediche di 50 milioni di adulti americani over 18.
L’esposizione a breve termine al particolato, anche a concentrazioni inferiori a quelle fissate dall’Oms, è risultata associata in modo statisticamente significativo a tassi di ricovero più elevati per cause naturali, patologie cardiovascolari e respiratorie, nonché ad accessi al pronto soccorso per cause naturali e malattia respiratoria.
Il Rapporto Ambiente Snpa 2023
Tornando all‘Italia, i dati dell’appena presentato nuovo rapporto di Snpa mostrano, tra il 2013 e il 2022, una riduzione nel 45% delle stazioni analizzate di concentrazioni di Pm10 nell’aria, pari a una media del -2,1% annuo.
Nell’ultimo anno preso in considerazione, è registrato un solo superamento del valore limite annuale, ma quello giornaliero della normativa nazionale è stato superato nel 20% dei casi.
Anche riguardo ai gas serra, specifica il rapporto, le emissioni si sono ridotte, dal 1990 al 2021, di circa un quinto (-19,9%), passando da 521 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Dopo lo stop per la pandemia, nel 2021 si è registrato però un incremento annuo del +8,5%. Dato che, proiettato al 2030, determinerà una riduzione, rispetto al 2005, delle emissioni previste dal regolamento europeo “Effort sharing” di solo il -28,5% rispetto al -43,7% fissato.
Decrescono anche i livelli di Pm2,5. Solo 4 stazioni hanno superato il valore limite attuale di 25 microgrammi per metro cubo.
“Risulta tuttavia superato nella quasi totalità delle stazioni di monitoraggio (99,7% dei casi) – prosegue il rapporto – il valore di riferimento annuale dell’Oms”.
Il che significa, dunque, che l’Italia è ancora lontana dallo scendere sotto gli ambizioni limiti raccomandati dall’Oms per le polveri sottili.
In ogni caso, è stato sottolineato nel corso della presentazione del rapporto, il quadro nazionale, relativamente a tutti e 21 indicatori considerati anche al di là di quello specifico relativo all’aria, è complessivamente buono, ma richiede attenzione e impegno costanti. “Il fronte della decarbonizzazione – ha commentato quindi il ministro Pichetto Fratin – è il fronte principale, il fronte dell’adattamento è una conseguenza”.
La mossa dell’Unione Europea
Una concreta mossa per contrastare lo smog, intanto, arriva da Bruxelles.
Il rilancio dell’azione sul Green Deal, in considerazione dei dati che parlano di 330 mila morti ogni anno in Europa legati alla cattiva qualità dell’aria, arriva attraverso la positiva conclusione del negoziato tra l’Europarlamento e i Governi degli Stati membri, che ha permesso di emettere una nuova direttiva contenente rilevanti novità.
Le misure, inserite nel pacchetto “Zero Pollution” presentato per la prima volta a ottobre 2022, prevedono una significativa stretta ai limiti di tolleranza per gli inquinanti ritenuti più nocivi, a partire da Pm2,5, Pm10 e biossido di azoto, con l’obiettivo di ridurre di almeno il 55% il numero di morti premature causate dalle polveri sottili.
Entro il 2030, nello specifico, la soglia scenderà a 10 microgrammi per metro cubo per il Pm2,5 e a 20 per il NO2.
Oltre alla previsione di più punti di campionamento della qualità dell’aria nelle città, all’adozione di indici comparabili, chiari e accessibili al pubblico in tutto il territorio e alla fissazione di un termine di massimo 5 anni (con primo “tagliando” entro 31 dicembre 2030) per il riesame degli standard di qualità dell’aria, l’accordo introduce anche il diritto al risarcimento per i cittadini che subiranno danni alla salute a causa dell’inquinamento atmosferico qualora i Paesi membri violino le norme Ue.
Tregua in vista: arriva il maltempo
Riguardo alla morsa dello smog che ha portato nei giorni scorsi per esempio all’adozione di misure di contrasto in buona parte della Lombardia, sembra fortunatamente destinata a ridursi già dalle prossime ore.
Ciò dipenderà dal peggioramento delle condizioni atmosferiche, con i meteorologi che prevedono almeno 5 giorni di piogge, venti forti e oltre 1 metro di neve sulle Alpi.
Il calo della pressione, spiegano gli esperti di iLMeteo.it, inizierà da Nord-Ovest già nella giornata di giovedì 22, con neve sopra i 1500 metri e piogge intense, in estensione dal pomeriggio alla Pianura Padana, dove determineranno un rimescolamento dell’aria nei bassi strati e il conseguente abbattimento dello smog.
Il maltempo, poi, proseguirà, coinvolgendo anche il resto della penisola, anche nel corso della prossima settimana.
Alberto Minazzi
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