Un mix di passione, innovazione e storia che affonda le radici nell’emigrazione e nel sacrificio di una famiglia di gelatieri veneti
In occasione della Giornata Europea del Gelato Artigianale, ha fatto il suo debutto trionfale a Roma il gelato Hallelujah .
Un gustoso mix di gianduia, nocciole tostate e cioccolato puro creato per celebrare l’Anno Santo che rappresenta non solo un’eccellenza gastronomica, ma anche un tributo alla tradizione artigianale italiana, da sempre simbolo di qualità e passione. Questo gelato, frutto della collaborazione tra i migliori gelatieri d’Europa, ha celebrato l’arte della gelateria con un sapore che affonda le radici nella cultura e nei sacrifici degli emigrati, soprattutto italiani, che hanno costruito la fama del gelato artigianale nel mondo.
Tra i protagonisti di questa tradizione c’è Fausto Bortolot, classe 1939, gelatiere di Zoppè di Cadore, alta provincia di Belluno che, con lo Zoldano, è sicuramente il distretto mondiale del gelato artigianale. Senza se e senza ma.
Oggi, insieme alla sua famiglia, continua a mantenere viva l’eredità di una professione che ha attraversato confini, generazioni e ha conquistato i cuori di milioni di persone, in Italia e all’estero.

Zoppé e il gelato: un’emigrazione di successo
Vediamo più da vicino questa cremosa e leggendaria realtà.
Zoppè conta appena 180 abitanti, ma quando Fausto cominciò ad andare su e giù dalla Germania, di anime questo paese a 1461 metri di altitudine ne aveva più di 400.
«Che fine hanno fatto? Beh, adesso le cose sono un po’ cambiate, ma andate a cercare dalle parti di Dortmund o di Colonia, di Monaco o di Stoccarda scoprirete un bel po’ di cognomi di qui e in genere bellunesi, anche dal Comelico».
Risultato: allora i soli gelatieri originari di Zoppè gestivano o possedevano 70 “eisdiele” in Germania e appena 35 in tutta Italia.
Fausto, nel 2012 insignito del titolo di Commendatore della Repubblica italiana e dal 2023 Grande Ufficiale per meriti professionali, lo sa bene. Conosce le vicende e anche la fama dei gelatieri italiani in Germania perché a lungo è stato prima vice e poi presidente di Uniteis, la potente associazione che li unisce e li rappresenta anche nei rapporti istituzionali di categoria. E sono numeri importanti.

Garantire l’eccellenza costa sacrificio
«Quando divenni presidente la prima volta – racconta – contavamo su una base di 1.400 associati e 3.000 gelaterie. Coprivamo già tutta la Germania. La Germania Ovest, perché a quel tempo ce n’erano due di Germanie, ».
Era tutto un fiorire di gelaterie dai nomi evocativi, Dolomiti, Rialto, Cortina, Venezia, Italia. E il business andava a gonfie vele. «Ma appunto, come sempre per avere successo bisogna armarsi di buona volontà, essere sostenuti dalla passione, e disposti a sacrifici» insiste Bortolot che oggi con i figli Stefano e Dario e nipoti vari ben piantati in gelaterie di successo a Cochem, vicino a Colonia e a Selb verso il confine con la Repubblica Ceca, vede proseguire la tradizione di famiglia.
Sacrifici per fare il gelato, possibile? «Possibile eccome. Se i turisti giapponesi si fotografano con il gelato in mano è perché sono istruiti ad andare da quel gelatiere di qualità citato nelle guide internazionali e sui social. Eccellenze che hanno un prezzo, per esempio dover lavorare qualche ora in più per la pastorizzazione di latte e uova. E per il prodotto fresco, lavori la mattina presto, un po’ come i fornai».
Geopolitica del gelato
Ma qui si parla di gelati, di veneti andati in Germania -ma anche in Austria, Olanda, Spagna, Belgio e poi in Argentina e Usa, meno in Australia– spesso a costruire piccoli imperi ai frutti di bosco, all’amaretto, alla pesca.
Uniteis, ricorda Fausto, è l’unica associazione di categoria straniera affiliata alla Confederazione degli Artigiani tedesca, anche se oggi gli associati si sono ridotti a 700 (devono essere obbligatoriamente italiani) con 1.500 gelaterie.
In Germania il gelato non va più? «Al contrario, ma un insieme di fattori incide su questa decrescita. A cominciare dai costi, dalla concorrenza della grande distribuzione e dalla continuità generazionale che non sempre funziona anche perché sta venendo a mancare la passione».
Da mettere in conto anche un aspetto normativo non marginale. «In Germania il disciplinare per il vero gelato artigianale esiste da prima del 1939, l’Italia anche su questo fronte latita nonostante le sollecitazioni proprio di noi gelatieri» lamenta Bortolot.
In Veneto una legge disciplina il gelato artigianale
In anni recenti sia il Trentino Alto Adige (come regione) che il Friuli-Venezia Giulia avevano approvato leggi istitutive di specifici disciplinari, successivamente bocciate a livello centrale. In Veneto, il presidente Luca Zaia non poteva ignorare le richieste di tutti i suoi gelatieri e nel 2022 mise al lavoro un team che ha elaborato una legge che disciplina il gelato artigianale, approvata a larga maggioranza dal Consiglio regionale veneto, ricorda ancora questo “Signore del gelato”.
Anche per questo non abbandona il suo impegno istituzionale in favore della categoria, per esempio sul campo alla Mostra Internazionale del Gelato Artigianale di Longarone o sul fronte dell’aggiornamento professionale o della consapevolezza del consumatore spesso richiamato dal concetto del “bio” che però, spiega, «Vale solo se con filiere certificate, e anche utilizzando macchine esclusive per i prodotti bio, come stabilito e controllato in Germania, e non buone per tutte le tipologie di gelato».
“Hallelujah”, il gelato per l’Anno Santo
E intanto incassa nuovi successi, anche se, finiti i suoi mandati, non è più numero uno di Uniteis (come past-president resta nel Consiglio direttivo). A cominciare dalla recente Giornata Europea del Gelato Artigianale (dal 2013 organizzata a rotazione tra otto Paesi Ue sotto l’egida di Artglace, unica “Giornata Internazionale” dedicata a un alimento riconosciuta dall’Europarlamento di Strasburgo) quest’anno tenutasi a Roma con il lancio di “Hallelujah” gelato ispirato all’Anno Santo.
«Originariamente doveva esser presentato in piazza San Pietro con un’udienza ufficiale con Papa Francesco ma il suo ricovero ha cambiato tutto il programma».
Halleluja ha comunque fatto il suo debutto di successo la settimana scorsa a Roma, dove è stato protagonista della giornata dedicata al gelato artigianale europeo e dove lo sarà nuovamente il 3 maggio, in occasione del Premio Giovanni Paolo II.
Ma la memoria, tutt’altro che algida di Fausto Bortolot lega il gelato anche a Jorge Mario Bergoglio : «Miei cugini emigrati nella capitale argentina raccontano sempre dei gelati che regolarmente recapitavano all’allora Vescovo di Buenos Aires, monsignor Bergoglio. Gelatieri italiani ma gusto rigorosamente tradizionale argentino: dulce de leche. E quando fu eletto Papa, fu vera festa del gelato».
“Sono veneto, anche se la Germania l’ho sempre nel cuore”
La storia di Fausto Bortolot da Zoppè di Cadore gelatiere per passione e per amore ( infatti nel 1962 si è sposato con Rita pure lei gelatiera conosciuta al lavoro a Brescia, tra qualche gelato gusto ciliegia e bacio) è lunga come i viaggi che ancora negli anni ’60 li riportavano nel suo paesino a fine stagione: 36 ore fra treni e corriere.

«Si partiva da Colonia poi si dormiva nelle sale d’aspetto a Monaco di Baviera e Fortezza. Da qui il treno della Val Pusteria fino a Dobbiaco dove si cambiava sul trenino delle Dolomiti fino a Calalzo, altro treno per Longarone e infine corriera fino a Zoppè. Ma io personalmente non mi sono mai sentito un emigrante e decisi per le scuole in Italia per i miei tre figli (c’è anche Renzo che però non ha scelto la strada di liquirizia e albicocca). Sono veneto anche se la Germania, dove torno ogni anno, l’ho sempre nel cuore».
Il tutto accompagnato da un gelato alla nocciola con Rita: «Il nostro gusto preferito».
Agostino Buda