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Guerra: l'Europa non intende farsi trovare impreparata

Guerra: l'Europa non intende farsi trovare impreparata

Nuova strategia dell’Ue: la Commissione mette in campo 1,5 miliardi per incentivare l’industria degli armamenti

L’evoluzione degli scenari globali, non solo sui fronti di guerra di Ucraina e Gaza, ma anche per la tensione nel Mar Rosso e per le conseguenze sul fronte delle politiche internazionali legate a un possibile ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, invita alla massima allerta.
Un conflitto allargato, cioè, è un’ipotesi purtroppo non così remota. E anche se non è una novità assoluta, perché ormai è da qualche anno che sono tornati a crescere i timori di una pace instabile, anche l’Unione Europea sta dunque lavorando per non farsi trovare impreparata in caso di una rapida escalation.

Borrell: “La guerra è ai nostri confini”. Un piano da 1,5 miliardi

È in questa prospettiva che la Commissione Europea ha elaborato e appena presentato una “Strategia industriale europea per la difesa (Edis)” e un “Programma europeo per l’industria della difesa (Edip)”. La strada individuata è infatti quella di sostenere economicamente la produzione e l’acquisto di armi da destinare alla protezione militare.
La guerra è ai nostri confini”, ha dichiarato l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Josep Borrell.
Il Piano messo a punto è così uno strumento di complessivi 1,5 miliardi di euro, fondo finanziato con risorse di bilancio Ue 2025/27 con cui rafforzare, efficientare e rendere più competitiva sul piano tecnologico l’industria continentale della difesa. Si inserisce all’interno di una più ampia strategia attraverso cui intervenire in tempi rapidi per garantire al bisogno agli Stati membri disponibilità e forniture di adeguati volumi di equipaggiamenti militari.

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l’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Josep Borrel

Industria della difesa, Vestager: “domanda in rapido aumento”

L’Unione, come ha sottolineato in conferenza stampa il commissario per il Mercato interno e i servizi, Thierry Breton, che ha rilanciato il tema degli eurobond per la difesa, deve infatti iniziare a pensare nell’ottica di un ingresso in “modalità di economia di guerra”. E anche se Borrell ha ricordato che “l’industria della difesa europea ha già aumentato del 50% le sue capacità”, questo ancora non basta. “Bisogna andare oltre”, ha detto l’alto rappresentante.
Le cifre riportate, relative al 2022, del resto parlano chiaro: in quell’anno, i 27 Stati membri hanno nel complesso investito nella difesa 58 miliardi di euro, il solo Pentagono degli Stati Uniti ha chiesto investimenti per 215 miliardi. E la vicepresidente, Margrethe Vestager, ha aggiunto: “Negli ultimi 2 anni ci siamo trovati di fronte a una industria della difesa senza una capacità di produzione sufficiente per rispondere alla domanda in rapido aumento”.

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La vicepresidente esecutiva per il Digitale, con delega alla Concorrenza Margrethe Vestager

Il programma e il ruolo degli Stati

Vestager, sul tema, ha sottolineato anche che “la ben nota frammentazione secondo linee nazionali limita l’economia di scala, crea sfiducia e inefficienze. Dall’inizio della guerra fino a giugno del 2023 sono stati spesi circa 100 miliardi di euro per la difesa europea. Di questi, quasi l’80% è stato extra-Ue, di cui circa il 60% dagli Stati Uniti”. L’Ue intende quindi mettere in campo una serie di strumenti per incidere sul mercato della difesa.
Si punta così sull’incentivazione della cooperazione sul fronte degli appalti (portando dall’attuale 18% al 40% la quota di quelli congiunti per gli acquisti di armamenti), sulla creazione di standard comuni e sull’incentivazione degli investimenti degli Stati membri, invitati, attraverso il programma, anche a garantire che il valore degli scambi commerciali tra di loro nel settore della difesa rappresenti almeno il 35% del valore totale del mercato della difesa dell’Unione.

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Tra i punti chiariti in conferenza stampa, la sottolineatura che l’Ue non intende sostituirsi ai singoli Stati in materia di difesa, “ perché gli eserciti sono competenza esclusiva degli Stati”, ha ricordato Borrell, respingendo l’idea della presidente Ursula von der Leyen di un commissario alla Difesa. Né l’Unione, che ha previsto nel documento anche una più stretta collaborazione con l’Ucraina, intende sostituirsi alla Nato, nell’ottica invece della “complementarietà” e della massima cooperazione e coordinamento.

Anche l’Italia alza i livelli di allerta

In Italia, nel frattempo, il ministro della Difesa Guido Crosetto sta lavorando per costruire un bacino di 10 mila riservisti da poter arruolare in caso di emergenza per affiancare le forze armate.
Si tratta di di ex militari che hanno completato il servizio da meno di cinque anni e di militari in carriera dell’Esercito, della Marina, dell’ Aeronautica, della Finanza e dei Carabinieri.
I civili (dai 18 ai 45 anni), secondo quanto previsto dalla nostra legislazione, potrebbero ricevere una chiamata alle armi se fosse deliberato lo stato di guerra.

Alberto Minazzi

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