Anche se Governo e Regioni non hanno raggiunto un accordo, così come restano spaccature all’interno della maggioranza parlamentare, è attesa per oggi, giovedì 22 luglio, la riunione del Consiglio dei Ministri, chiamato ad approvare il nuovo decreto con le misure per il contenimento del contagio da Covid-19.
Slittate sia la Conferenza Stato-Regioni, sia la Cabina di regia, entro sera si dovrebbe quindi sapere di più su quel che ci aspetta dalla prossima settimana. In particolare sulla revisione dei parametri per l’assegnazione delle singole regioni alle diverse fasce di rischio colorate e, soprattutto, sulle attività per accedere alle quali sarà richiesta la presentazione del “Green Pass”.
Covid e viaggi
Il documento che certifica l’avvenuta vaccinazione, l’esecuzione di un tampone risultato negativo o la guarigione dal Covid-19 è intanto già una realtà con cui si sono confrontati gli Italiani che hanno varcato i nostri confini. E in molti casi non è l’unico accorgimento da rispettare. Perché il desiderio di tornare a viaggiare, dopo un anno e mezzo di stasi, è tornato dirompente. Ma, per evitare problemi, è necessario prestare attenzione alle nuove regole.
Nella giungla di norme di ingresso che variano da Paese a Paese i più distratti rischiano, infatti, di non riuscire a partire per le agognate vacanze o, peggio, di rimanere bloccati nel luogo di villeggiatura. È accaduto nei giorni scorsi a 13 ragazzi intrappolati a Malta poiché uno di loro, nonostante il vaccino, è risultato positivo al Covid. E sono all’ordine del giorno, a Malpensa così come in tutti gli aeroporti italiani, Marco Polo di Venezia incluso, i casi di turisti hanno dovuto posticipare l’arrivo in qualche isola greca perché non avevano tutti i documenti in regola.
La Grecia e il PLF
Per viaggiare in Grecia, infatti, oltre ad essere in possesso del Green Pass, occorre presentare al momento dell’imbarco in aereo il modulo on line (Passenger Locator Form (PLF), compilato al più tardi il giorno prima dell’arrivo in Grecia. Il PLF va presentato anche al rientro in Italia.
Si tratta di un modulo con cui vengono raccolte informazioni sull’itinerario di viaggio (effettuato con qualsiasi mezzo di trasporto: aereo, nave, treno, autobus, auto), il recapito telefonico e l’indirizzo di permanenza in territorio nazionale per permettere all’Autorità sanitaria di contattare tempestivamente il passeggero, qualora esposto ad una malattia infettiva diffusiva durante il viaggio.
Una volta inviato il modulo, il passeggero riceverà all’indirizzo e-mail indicato in fase di registrazione, il dPLF in formato pdf e QRcode che dovrà mostrare direttamente dal suo smartphone o formato cartaceo al momento dell’imbarco o del controllo.
Spagna e Francia, Malta e Regno Unito
Per entrare in Spagna bisogna invece compilare il formulario di salute pubblica (online o con app del Ministero iberico della Salute). In Francia si può entrare dopo due settimane dalla vaccinazione completa con Moderna, Astrazeneca o Pfizer. Nel caso di Johnson & Johnson bisogna invece aspettarne quattro, oppure è necessario avere un tampone negativo eseguito non più di 72 ore prima dell’arrivo.
Malta richiede ai turisti di aver completato la vaccinazione nei 14 giorni precedenti, altrimenti all’arrivo bisogna trascorrere in quarantena due settimane. Ancora più complicato viaggiare nel Regno Unito. Per i viaggiatori in arrivo dall’Italia, c’è l’obbligo di compilare un formulario online (travel locator form) nei due giorni precedenti la partenza indicando un indirizzo specifico e un numero di telefono al quale i viaggiatori possano essere contattati. È inoltre necessario osservare un isolamento cautelare da 10 a 5 giorni e avere con sé l‘esito negativo di un test fatto 3 giorni prima di partire.
Il resto del Mondo
Nella lista dei Paesi vietati agli Italiani figurano gli Stati Uniti, dove è tuttora sospesa la possibilità di ingresso ai viaggiatori che, nei 14 giorni precedenti, siano stati in un Paese dell’Area Schengen. Stesso discorso per il Giappone dove si sono in svolgimento a Tokyo le Olimpiadi. Le autorità giapponesi hanno, infatti, stabilito che l’ingresso nel Paese per motivi di turismo è vietato fino a nuove indicazioni, da qualsiasi Paese del mondo.
Chiusi i confini anche di Australia, Nuova Zelanda e Canada. Rimane, infine, vietato il turismo dall’Italia verso Russia, Bielorussia, Ucraina e Brasile. Ad ogni modo, il modo migliore e più sicuro per intraprendere un viaggio all’estero senza correre rischi è quello di monitorare sul sito della Farnesina Viaggiare Sicuri (http://www.viaggiaresicuri.it/country), la situazione e le norme in vigore nel Paese di meta del nostro viaggio.
Islanda e Danimarca: una testimonianza diretta
Personalmente ho scelto di trascorrere le miei vacanze estive tra Danimarca e Islanda, un viaggio a cui avevo dovuto rinunciare la scorsa estate causa Covid-19. L’Islanda è stato il primo Paese europeo a tornare alla normalità completa: via mascherine e distanziamento sociale, via le restrizioni, incluso il numero di persone riunite nei luoghi al chiuso. Già dallo scorso 26 giugno il governo islandese ha scelto di far decadere tutte le misure anti Covid.
Per quanto riguarda gli arrivi dall’estero sull’isola, a partire dal primo luglio chi ha il certificato valido di guarigione dal Covid o immunizzazione con vaccini riconosciuti dall’Ema o l’Oms (valevole dal 14° giorno successivo all’ultima somministrazione), può entrare liberamente nel Paese senza sottoporsi a test. Nessun test viene richiesto per i minori nati a partire dal 2005.
L’Islanda e il Covid
In Islanda già dallo scorso 15 giugno non si è verificato alcun nuovo contagio. Ad oggi l’87% degli islandesi sopra i 16 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino, mentre il 60% è completamente immunizzato. Per entrare nel Paese, che conta 366mila abitanti ed ha registrato 6.500 contagi e 30 morti durante l’intera pandemia, è necessario comunque registrarsi nelle 72 ore antecedenti all’arrivo.
La registrazione, in realtà, può essere compilata anche all’arrivo con l’aiuto del personale aeroportuale, sempre molto disponibile e gentile. Una volta entrati nel Paese il certificato verde non viene più richiesto in nessun luogo. Ho potuto persino assistere alla finale dell’Europeo all'”English Pub” di Reykjavík, affollato di inglesi ed italiani, tutti amichevolmente accalcati e senza mascherina ma sicuri di non infettarsi e non infettare gli altri nonostante il festoso assembramento.
Il Green Pass in Danimarca
Tutt’altra cosa accade invece in Danimarca, Paese di transito del mio viaggio prima di raggiungere l’Islanda. All’imbarco all’aeroporto Marco Polo di Venezia non mi è stato richiesto il Green Pass, né tantomeno all’uscita dall’aeroporto di Copenaghen. Poi però, non appena ho iniziato a girare la città, il certificato verde si è rivelato essenziale.
Al visitatore, come al residente che non è munito, sono infatti precluse molte attività: dalla visita ai musei, all’uso dei bagni pubblici, fino all’accesso nei pub, dove per poter assistere alla semifinale dell’Europeo contro la Spagna ho dovuto esibire il mio certificato verde. In pratica, mentre in Francia il Green Pass è ormai obbligatorio per accedere a caffè, ristoranti, centri commerciali, ospedali e case di riposo, in Danimarca l’ufficialità non c’è ancora. Ma, nella realtà dei fatti, il “Corona Pass“, come lo chiamano loro, è di fatto imprescindibile.
Claudia Meschini
Il 28 giugno 2021 la Federazione Russa ha riaperto le frontiere agli italiani in possesso di qualsiasi tipo di visa ( piccola correzione all articolo )