Gli esperti prevedono conseguenze soprattutto per l’Africa. Ma anche l’Italia rischia
La guerra tra Russia e Ucraina rischia di avere altre pesanti conseguenze economiche a livello globale, riportando di nuovo al centro dell’attenzione globale il tema del grano.
“Di fatto, l’accordo sul Mar Nero ha cessato di funzionare oggi”. Con questo annuncio del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, riportato dall’agenzia di stampa russa Tass, si conclude infatti dopo un solo anno l’iniziativa per garantire alle navi cariche di cereali ucraini di poter salpare in sicurezza dai porti sul Mar Nero e continuare a garantire gli approvvigionamenti all’estero.
Una decisione, motivata da Mosca con la mancata attuazione della parte degli accordi favorevoli alla Russia, che creerà grandi difficoltà soprattutto ai Paesi a basso reddito, a partire da quelli dell’Africa sub-sahariana, che legano la propria sicurezza alimentare soprattutto a questi flussi. Come ricorda l’Onu, nel 2023 circa l’80% del grano del World Food Programme è infatti prodotto nei campi ucraini.
Ma non è escluso che effetti negativi sulle dinamiche dei prezzi si possano verificarsi anche in altri Stati, Italia compresa, legati a Kiev per le scorte.
Assoutenti: rischio rincari del 10% per pasta e pane?
Le dichiarazioni di Assoutenti riportate da alcuni quotidiani, come Messaggero e Gazzettino, lanciano l’allarme per un possibile effetto speculativo destinato a tradursi in aumenti del 10% del prezzo di pane e pasta e un conseguente aggravio per una famiglia composta da 4 persone superiore a 130 euro l’anno.
Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, commenta intanto la decisione russa sottolineando che “fa salire l’instabilità sui mercati internazionali e favorisce la speculazione. La Federazione Russa continua a utilizzare il cibo come un’arma e strumento di pressione per allentare le sanzioni”.
A questo punto, prosegue il comunicato di Confagricoltura, “è da mettere in preventivo un rialzo dei prezzi delle commodities che, secondo l’indice della Fao, sono in costante diminuzione da un anno rispetto al picco raggiunto nel marzo 2022”.
“Il mancato rinnovo dell’accordo – aggiunge Giansanti – può avere come conseguenza anche un aumento dei flussi di prodotti ucraini sul mercato europeo, con il risultato di innescare ulteriori pressioni al ribasso delle quotazioni. Per il grano tenero già scontiamo in Italia un taglio di circa il 30% rispetto ai prezzi del 2022”.
Coldiretti: addio a 32,8 miliardi di tonnellate di cereali
Coldiretti si sofferma invece sulla quantificazione degli effetti della mancata proroga dell’accordo. “Verranno a mancare dai mercati mondiali – afferma – ben 32,8 milioni di tonnellate di grano, mais e olio di girasole che sono partiti dai porti Ucraini del Mar Nero nell’anno di attuazione dell’intesa”.
La decisione, dunque, è “destinata a sconvolgere i mercati mondiali per il peso della produzione cerealicola dell’Ucraina”. A beneficiare dell’accordo, ricorda l’associazione, sono state nell’ordine la Cina (24%), la Spagna (18%), la Turchia (10%) e l’Italia (6%). Secondo le elaborazioni su dati Istat, nel primo quadrimestre 2023 il nostro Paese ha importato dall’Ucraina oltre 142 milioni di kg di grano (+430% sul 2022) e 795 milioni di kg di mais (+71%).
Del resto, aggiunge nuovamente Confagricoltura, le importazioni di prodotti agroalimentari dall’Ucraina nell’Unione Europea sono aumentate del 60% nei primi 3 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2022. Per i cereali, l’aumento è stato di circa 920 milioni di euro, seguono semi oleosi e colture proteiche con 550 milioni.
“Alla luce di questi dati – conclude il presidente Giansanti – nel giro di un anno, l’Ucraina è diventata il secondo fornitore di prodotti agroalimentari della Ue”. Va comunque segnalato, precisa Confagricoltura, che, sul piano delle scorte globali, le giacenze di mais si attesteranno, secondo le previsioni del Dipartimento di Stato all’Agricoltura degli Stati Uniti, sui livelli più elevati da 5 anni e anche quelle di grano sono in crescita.
Alberto Minazzi