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Glutine: colpisce 1 persona su 100. Ecco come

Glutine: colpisce 1 persona su 100. Ecco come

I risultati di uno studio internazionale aprono a nuove terapie per la celiachia

Arriva dalla ricerca una speranza per chi soffre di celiachia. E sono veramente in molti, nella maggioranza dei casi oltretutto senza saperlo, coloro che soffrono di quella che l’Istituto Superiore di Sanità definisce “un’enteropatia infiammatoria di natura autoimmune scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti”.
A quasi 75 anni di distanza dalle osservazioni del medico olandese Dicke, che ipotizzò per primo la causa della malattia in una reazione dell’organismo alla componente proteica del grano, il glutine, uno studio internazionale guidato dalla canadese McMaster University ha infatti ricostruito ora in laboratorio i meccanismi che fanno scattare l’intolleranza.

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Dalle cellule dell’epitelio alla celiachia

Ad aprire alla possibilità di sviluppare nuove terapie contro la celiachia è la scoperta, riportata nello studio pubblicato sulla rivista “Gastroenterology” , del diretto coinvolgimento delle cellule dell’epitelio intestinale nell’attivazione del sistema immunitario.
Sarebbe questo, infatti, l’innesco alla reazione dell’organismo in risposta alla presenza del glutine, proteina contenuta non solo nel grano, ma anche in altri cereali come segale e orzo.

La risposta degli organoidi

Il risultato è stato ottenuto utilizzando degli organoidi, ovvero dei modelli biologicamente funzionanti che riproducono l’epitelio che riveste il lume intestinale, ricostruito in laboratorio attraverso l’utilizzo di cellule di pazienti celiaci e di topi transgenici.
Nel corso degli esperimenti, durati 6 anni, si è così superata la precedente teoria, secondo la quale la risposta infiammatoria avverrebbe nella parete intestinale, coinvolgendo solo cellule del sistema immunitario.
Grazie agli organoidi è stato possibile superare le complesse condizioni dell’ambiente intestinale umano e individuare così, in condizioni controllate, gli effetti provocati da specifiche molecole. È stata dunque ricostruita l’intera catena degli eventi di un quadro che, andando oltre le semplici teorie, è stato provato essere molto più complesso delle vecchie ipotesi. È emerso inoltre che l’epitelio intestinale, una volta rilevato il glutine, invia segnali più forti alle cellule immunitarie se sono presenti anche agenti patogeni.

Celiachia tra prospettive di cura e stato dell’arte

Proprio questa scoperta, secondo la prima autrice, Sara Rahmani, consente di ipotizzare che, in futuro, la celiachia potrebbe essere prevenibile, nelle persone a rischio, individuando la presenza del patogeno e inibendo la sua interazione con il glutine e l’epitelio intestinale. Una prospettiva del tutto nuova, considerando che a oggi, nonostante si stiano studiando vaccini e nanoparticelle per creare una tolleranza immunologica al glutine, i risultati delle sperimentazioni cliniche non sono ancora soddisfacenti e dunque non esistono terapie efficaci.

“L’unico modo in cui possiamo trattare la celiachia oggi – sottolinea la coordinatrice dello studio, Elena Verdu – è eliminando completamente il glutine dalla dieta: è difficile da fare e gli esperti concordano sul fatto che una dieta senza glutine sia insufficiente”.
Il tutto senza dimenticare che il numero di persone intolleranti al glutine, costrette a rinunciare a numerosi alimenti per evitare pesanti sintomi intestinali e problemi di assorbimento, è in crescita continua, con un quasi raddoppio negli ultimi 25 anni.

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Secondo l’ultima relazione al Parlamento sulla celiachia, pubblicata a marzo 2024 e relativa ai dati al 31 dicembre 2022, il saldo delle diagnosi a quella data nel nostro Paese dopo una contrazione importante sta tornando in linea con i numeri del 2019. Anche perché, a fronte di 251.939 celiaci dichiarati, si stima che il totale di chi è intollerante al glutine si aggiri attorno alle 600 mila persone, cioè 1 su 10. La celiachia in Italia si concentra per il 67% nella fascia 18-59 anni, per il 70% riguarda le donne, con una prevalenza più elevata in Trentino, Toscana e Valle d’Aosta.

Alberto Minazzi

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