Da culla della civiltà si è trasformato nella rotta migratoria più pericolosa al mondo.
Si celebra oggi, 8 luglio, la Giornata internazionale del Mar Mediterraneo.
Un gioiellino della natura, habitat di oltre 12mila specie che rischia però nei prossimi anni di perdere il suo prestigio secolare a causa dell’inquinamento.
Mare Nostrum: il più grande cimitero d’Europa
La commemorazione è nata nel 2014 grazie alla collaborazione di Earth Day Italia, ANCIS-LINK, ASC-CONI e con l’apporto della Marina Militare Italiana. Un’iniziativa che ha fini ambientalistici.
Il Mar Mediterraneo, che raccoglie tra il 4% e il 12% della biodiversità marina mondiale, è anche uno dei luoghi più minacciati dell’intero pianeta, data la presenza di migliaia di rifiuti.
La Giornata che gli è dedicata punta però anche ad affrontare anche altri problemi che caratterizzano il Mare Nostrum, come quello dei migranti. Il più grande cimitero d’Europa ha rubato la vita a circa 20mila persone (secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni) che tra il 2013 e il 2020 hanno tentato di raggiungere le sponde del Vecchio Continente via mare.
Il grande problema dei rifiuti in mare
Uno studio afferma che l’Italia è uno dei tre Paesi che riempiono di plastica il Mediterraneo, con 34mila tonnellate di rifiuti ogni anno, assieme a Egitto e Turchia.
Le previsioni sono catastrofiche: la quantità di plastica nel Mediterraneo è destinata a crescere del 4% ogni anno. Provvedimenti drastici atti a controllare questo fenomeno sono divenuti obbligatori.
Slow Fish, rassegna di eventi per la sensibilizzazione verso la preservazione delle acque, ha ammonito il territorio italiano e considerato insufficiente l’impegno che sta ponendo per fermare l’utilizzo della plastica monouso.
In difesa del Mediterraneo si è schierato anche il WWF, che ha lanciato GenerAzioneMare. L’iniziativa, si legge sul sito, è volta a “tutelare il Capitale Blu del Mediterraneo, un mare di straordinaria bellezza con un’economia che può generare un valore annuo di 450 miliardi di dollari.
Coste sovraffollate
Lungo le coste del Mediterraneo vivono oltre 150 milioni di persone. Troppe secondo il WWF, che rileva come il beneficiare dei suoi servizi ecosistemici comporti, con così alti numeri, problemi concreti.
Le risposte alle grandi sfide del Mediterraneo vengono individuate in un cambiamento nei modelli di produzione e di consumo per arrivare a uno sviluppo sostenibile che protegga la biodiversità e promuova un’economia circolare. Un elemento chiave è il passaggio alla sicurezza alimentare e idrica, così come all’efficienza energetica. Particolarmente importante nei paesi del Mediterraneo è poi, secondo gli esperti,la promozione di un turismo e di un trasporto sostenibile, che richiede la collaborazione di molteplici attori del settore.
La “blue economy”contro lo sfruttamento ittico
Il miglioramento dell’industria e l’estrazione mineraria dovrà coordinarsi con la cosiddetta “blue economy”, un modello economico derivato dalla “green economy” e introdotto da Gunter Pauli che cerca di creare un ecosistema sostenibile attraverso le sostanze già presenti in natura. Secondo la FAO, Food and Agriculture Organization, agenzia dell’ONU fondata nel 1945, l’area marina che tiene insieme Mar Mediterraneo e Mar Nero è quella soggetta a maggiore sfruttamento ittico.
Il Mediterraneo è attualmente il mare più sfruttato del mondo, con oltre il 90% di stock pescati oltre quello che è considerato il livello sostenibile, vale a dire, al di sopra del rendimento massimo sostenibile. Attualmente le specie più importanti a livello commerciale nel mar Mediterraneo, quali il nasello europeo, la triglia o la rana pescatrice, sono pescate 10 volte di più rispetto a quanto consigliato dagli scienziati.
Le discariche costiere incontrollate
Un altro problema molto rilevante è l’aumento insostenibile della densità di popolazione nelle aree costiere.
Le aree edificate entro un chilometro del mare sono più che raddoppiate, avendo delle serie conseguenze per gli ecosistemi e i terreni agricoli. Anche importanti sono gli impatti sulla salute dovuti all’inquinamento atmosferico provocato dalle navi o agli impianti di trattamento delle acque reflue. La pesca rappresenta la minaccia numero uno per le popolazioni ittiche del Mediterraneo. Anche i combustibili fossili, che dominano l’approvvigionamento energetico della regione, e l’uso eccessivo di prodotti chimici hanno pesanti impatti ambientali e sulla salute umana, così come su pesci e anfibi. Tuttavia, la principale sfida rimane la stessa: la plastica. Circa 730 tonnellate di rifiuti finiscono ogni giorno nel Mar Mediterraneo e ogni volta vengono individuate più discariche costiere incontrollate.
Carlo d’Elia