L’ipotesi, insieme a coprifuoco e riscaldamento, è al vaglio in vista delle nuove misure.
Il nodo-extraprofitti e il tema finanziamento del decreto
Smart working e coprifuoco potrebbero tornare di nuovo al centro delle ricette per fronteggiare una crisi.
Crisi, stavolta, non legata però al Covid, ma ai continui rincari delle bollette energetiche determinati in primis dal boom del prezzo del gas.
A rivelare che il lavoro agile e la chiusura anticipata dei locali notturni, insieme al ritardo dell’apertura dei riscaldamenti, siano in queste ore sul tavolo del Governo è stato il quotidiano La Repubblica.
Di certo, come caldeggiato da partiti e società civile, serve un intervento urgente da parte dell’Esecutivo per essere pronti ad affrontare con un piano strutturato l’eventualità di un razionamento delle forniture. Però, fermo restando che l’ipotesi di uno nuovo scostamento di bilancio sembra assolutamente lontana dalle intenzioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi, prima di agire serve definire come finanziare le misure che saranno inserite nel nuovo decreto.
Fondamentale, in tal senso, è anche la soluzione della vicenda del pagamento della tassa sugli extraprofitti da parte di quelle molte aziende che ancora non hanno adempiuto al primo versamento. Anche perché, da domani, 1 settembre, le sanzioni per il ritardo arriveranno addirittura al 60%.
Nel frattempo,è stato prorogato (anche se solo di un paio di settimane, cioè fino al 5 ottobre) il finanziamento del taglio alle accise sui carburanti.
L’ipotesi smart working contro la crisi energetica
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è al lavoro per definire in un decreto ministeriale (che potrebbe essere presentato in queste ore al premier) le misure per contenere i consumi, base imprescindibile per poter fronteggiare eventuali tagli ai flussi di gas.
Si calcola che introducendo, in caso di massima emergenza che si presentasse il prossimo autunno, 2 mesi di smart working per tutti i dipendenti pubblici il risparmio di consumi sarebbe dell’8%.
Il Politecnico di Milano, come riporta il giornale La Stampa, ha inoltre calcolato che da una presenza in ufficio dimezzata deriverebbe un risparmio sia sul fronte delle emissioni di CO2 (per circa 1,8 milioni di tonnellate), sia sul fronte economico per gli stessi lavoratori, che risparmierebbero in un anno circa 2 mila euro di spesa per gli spostamenti da casa al luogo di lavoro.
Sul fronte del lavoro agile, un emendamento al decreto Aiuti bis ha già previsto la proroga della possibilità di accedervi fino al 31 dicembre per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni. D’altro canto, però, da giovedì 1 settembre si torna al regime pre-Covid, con la possibilità di applicare lo smart working, nel settore privato, solo in caso di specifici accordi aziendali o individuali (comunque comunicabili al Ministero entro il 1° novembre).
Dal riscaldamento al coprifuoco: le altre misure allo studio
Un altro fronte importante, per fronteggiare la crisi, è quello del riscaldamento. La misura che potrebbe entrare nel nuovo piano del Governo prevederebbe l’accensione degli impianti con 15 giorni di ritardo rispetto alle scadenze attualmente fissate.
Inoltre, le temperature massime verrebbero ridotte di un grado (arrivando a 19°), con anche la riduzione di un’ora della possibilità di tenere aperti i termosifoni.
La riduzione dei consumi, in questo caso, è stimata nel 17,5% per l’avvio ritardato del riscaldamento, a cui si aggiunge un ulteriore -3,6% con l’ora in meno di apertura concessa, per un totale di un miliardo di metri cubi di qui a fine anno e 2 nel 2023.
Il giornale Il Messaggero spiega che il Governo sta studiando anche l’opportunità di chiudere gli uffici pubblici alle 17.30, i negozi alle 19 e i locali notturni alle 23 (ora alla quale si pensa di imporre anche la chiusura delle insegne e delle luci degli esercizi commerciali).
Riguardo alla pubblica illuminazione, è già in vigore la norma che prevede la possibilità di una riduzione del 40% nelle aree urbane. Il razionamento di energia potrebbe, nel nuovo piano, colpire anche le imprese energivore, con tagli della produzione compensati dal Governo.
A “salvarsi”, anche dopo l’introduzione delle nuove misure, rimarrebbero invece ancora scuole, ospedali e altri servizi essenziali. In arrivo, infine, anche spot per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle buone pratiche per ridurre i consumi.
Gli extraprofitti e le coperture anti crisi
Queste, nel frattempo, sono ore decisive riguardo al tema del pagamento della tassa del 25% sugli extraprofitti da parte delle aziende energetiche.
La misura, alla quale si lega il finanziamento anche di una buona parte delle misure già adottate per fronteggiare la crisi, ha infatti prodotto finora entrate nelle casse pubbliche molto al di sotto delle attese. Si parla di un solo miliardo contro i 4-5 di acconto e la decina complessiva che erano stati messi in preventivo dal Governo.
L’acconto doveva essere versato entro il 30 giugno, ma il decreto Aiuti bis aveva introdotto la possibilità di un ravvedimento spontaneo per chi fosse in ritardo, con l’applicazione di sanzioni minime per le aziende (sarebbero soprattutto le più piccole a essere in ritardo) che effettuino il pagamento entro il 31 agosto. Chi entro ieri non avrà adempiuto, dunque, si vedrà applicare una maggiorazione del 60% dell’importo dovuto.
È pronta anche un’intensificazione dei controlli e, nonostante le critiche sul tributo da parte delle aziende interessate, il Governo sta valutando se trasformare la tassa in addizionale Irap. In tal modo, si supererebbe quanto meno la contestazione, avanzata sempre dalle imprese, di utilizzare il differenziale Iva per la valutazione della base imponibile degli extraprofitti soggetti alla tassazione.
Alberto Minazzi