Nella notte, affidato un mandato urgente alla Commissione per prendere decisioni concrete sull’energia
Ci sono volute 12 ore, in cui il confronto è stato tutt’altro che pacifico, ma alla fine il risultato è stato raggiunto: i leader dei 27 Paesi dell’Unione Europea hanno trovato l’intesa per affidare alla Commissione Ue mandato per l’adozione urgente di decisioni concrete sul gas come primo passo verso la riscrittura del mercato dell’energia.
Il punto di partenza saranno le proposte che la stessa presidente Ursula von der Leyen aveva presentato martedì scorso: dalla piattaforma unica per l’acquisto del gas, all’incentivazione delle rinnovabili, fino all’apertura al tetto di prezzo e anche a un nuovo fondo europeo di sostegno agli Stati.
I principali punti dell’intesa
Va detto che la formulazione delle conclusioni di ieri del Consiglio resta ancora sufficientemente indeterminato per lasciare aperta la porta alle diverse soluzioni per la concreta applicazione delle misure. La previsione dell’urgenza di queste decisioni concrete va letta comunque come un passo avanti su alcuni punti-chiave, ora messi nero su bianco, a cui punta anche l’Italia.
Tant’è che il premier Mario Draghi ha commentato: “È andata bene”.
Tra queste, la costituzione di una piattaforma comune che, attraverso la formazione di un consorzio tra imprese, aggreghi la domanda a livello europeo per negoziare gli acquisti di gas e spuntare sul mercato offerte a prezzi più bassi. Ma anche la creazione di un nuovo benchmark, complementare al Ttf di Amsterdam, per i prezzi di riferimento, e l’introduzione di un price cap al prezzo del gas.
Tetto di prezzo e possibile nuovo debito comune
Grazie al mandato, la Commissione Europea potrà ora procedere concretamente a definire il meccanismo di questo tetto al costo del gas sul mercato europeo.
Gli unici paletti, in tale senso, sono la temporaneità del price cap, che va visto anche come una soluzione di ultima istanza e il fatto che non deve mettere a rischio le forniture.
La Commissione e i ministri dell’Energia sono stati anche incaricati di effettuare un’analisi dei costi e dei benefici della misura.
Il modello su cui si sta ragionando è quello adottato da Spagna e Portogallo, dove sono i Governi a intervenire per compensare il differenziale di prezzo amministrato e prezzo di mercato. Ciò apre al possibile ricorso a nuovo debito comune, che potrebbe passare attraverso un nuovo fondo europeo Sure, come quello adottato durante la pandemia per erogare prestiti a condizioni favorevoli agli Stati costretti a mobilitare risorse a sostegno dell’occupazione.
Le prossime tappe
Su questa strada, mirata a preservare la competitività globale dell’Europa, mantenere la parità di condizioni e l’integrità del mercato unico, le posizioni sono in ogni caso ancora distanti. Germania e Olanda ritengono che non ci sarà bisogno di nuovo debito comune, la Francia invece ha avanzato due ipotesi: un nuovo Sure o l’utilizzo dei circa 200 miliardi ancora disponibili all’interno del RePowerEu.
Per ora, la disponibilità finanziaria messa sul tavolo dalla Commissione è intanto di 40 miliardi, ma molti Paesi hanno chiesto un maggior impegno dell’Unione nel sostegno a imprese e famiglie. E mentre la Commissione lavorerà per essere in grado di esprimersi sulle misure entro l’inizio di novembre, è già in calendario un altro Consiglio Energia straordinario per il 18 novembre.
Alberto Minazzi