La stima di Nomisma sugli aumenti che dovremo sostenere in seguito allo stop della fornitura di gas russo
Anno nuovo, cattive nuove. La prima notizia del 2025 era attesa, visto che il 31 dicembre 2024 era l’ultimo giorno di validità degli accordi tra il colosso energetico Gazprom e Kiev per il transito del metano russo utilizzando i gasdotti presenti in territorio ucraino, al fine di farlo arrivare nell’Europa Occidentale.
La difficile possibilità di rinnovare l’intesa è presto tramontata e così la Russia ha dal 1° gennaio chiuso i rubinetti.
Ed è partita così una catena di rincari che, alla fine, graveranno sulle tasche delle famiglie attraverso un aumento delle bollette di gas e luce. Perché il costo dell’elettricità, in molti Paesi, compresa l’Italia, è legato a quello del metano.
Un rincaro che la società indipendente di ricerca e consulenza in campo energetico e ambientale Nomisma Energia ha quantificato complessivamente attorno ai 300 euro annui per nucleo. La spesa, comunque, dovrebbe restare inferiore a quella del 2023.
Gas e luce: cosa dobbiamo attenderci
Arera comunicherà domani, 3 gennaio, il nuovo aggiornamento delle bollette del gas in regime tutelato, dopo aver comunicato l’aumento del +18,2% per la luce nel primo trimestre 2025. Ma i rincari riguarderanno anche il mercato libero.
E la stima degli extra-costi derivanti dagli ultimi sviluppi dello scenario elaborata da Nomisma Energia è esattamente di 161,57 euro in più che ogni famiglia dovrà pagare nel nuovo anno per la corrente e 131,33 per il gas.
Il tutto, ovviamente, sempre che il quadro geopolitico non registri ulteriori peggioramenti.
Determinante, ai fini del superamento dell’inverno senza problemi di disponibilità delle materie prime, è il tema delle scorte.
In questa prospettiva, con serbatoi pieni al 78%, l’Italia è messa meglio rispetto alla media europea, attestata oggi attorno al 73%. Ma Nomisma sottolinea anche che, un anno fa, nell’Ue le scorte si aggiravano sull’87%.
Molto, allora, dipenderà dall’evoluzione della stagione, con la speranza che i circa 2 mesi e mezzo che ci separano dalla primavera non siano troppo rigidi. Con temperature sotto le medie stagionali, unite alle difficoltà legate alla distribuzione del gas, il calo delle riserve rischia infatti di incidere anche sulla pressione delle infrastrutture di pompaggio, con l’ipotesi-limite anche della necessità di fermi industriali.
Il prezzo del gas sui mercati internazionali
La strategia adottata dall’Unione Europea per rispondere ai problemi di forniture che si sono presentati in seguito alla guerra russo-ucraina è stata quella di ridurre il più possibile la dipendenza da Mosca, riducendo la quota di gas russo all’8% del totale. In alcuni Paesi, per esempio Austria e Slovacchia, che dunque risentiranno maggiormente dei nuovi sviluppi, la percentuale è però ancora al 60%.
In ogni caso, anche senza un utilizzo diretto della materia prima russa (i quantitativi, secondo la Commissione Europea, sono scesi dai 40 miliardi di metri cubi di prima della guerra ai 14,65 del 2023 e ai 13,7 del 1° dicembre 2024), una ricaduta delle conseguenze legate alla strozzatura degli approvvigionamenti si produce in ogni caso attraverso i meccanismi e le logiche finanziarie del mercato, che in materia energetica registra rapidamente le impennate di prezzo.
Al momento, il costo del gas all’ingrosso alla Borsa di riferimento di Amsterdam è attestato attorno ai 50 euro per megawatt/ora, il 30% in più rispetto alla media di 35 euro registrata nel 2024. Anche se sono possibili picchi temporanei, Nomisma Energia ritiene comunque di poter escludere un ritorno al record di 330 euro del 2022, che incise sulla media annua di 120 euro, che nel 2023 scese a 80 euro.
Le logiche di prospettiva
Il vero giro di volta per evitare questo tipo di tensioni sui prezzi sarebbe la fine della guerra Russia-Ucraina. Trattandosi però di una variabile di politica internazionale sulla quale incidono troppi fattori esterni, nel frattempo, dunque, vanno elaborate le migliori strategie per minimizzare gli impatti legati all’instabilità. Per esempio, si può pensare a un maggior ricorso al gas americano, che viene estratto a un decimo dei prezzi attuali.
Nomisma Energia indica intanto per l’Italia 4 parole chiave: rigassificatori (a febbraio dovrebbe entrare in funzione a Ravenna una nuova nave attrezzata a tal fine), autoproduzione, diversificazione e rinnovabili. Proprio la maggior quota di quest’ultimo tipo di fonti energetiche riduce le conseguenze in Paesi come Spagna e Portogallo, in particolare per il minor peso del gas nella produzione di elettricità.
Il nostro Paese (con Austria, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca) è uno dei pochi in cui il gas russo, sia pure per il 5% del fabbisogno totale, arriva dall’Ucraina. Definendosi “ben preparata” alla situazione attuale, la Commissione Europea ha però ricordato che esistono “4 principali percorsi di diversificazione”, che puntano sui terminali di Germania, Polonia, Italia e Grecia, con possibile coinvolgimento anche di quelli turchi.
Alberto Minazzi