Il padovano Aristide Bergamasco si ispira a Dan Brown per un thriller che aiuta a conoscere meglio Galilei e a riscoprire aspetti poco noti della città del Santo
Possiamo definirlo “la risposta padovana a Dan Brown”: è “L’ultimo segreto di Galileo”, il debutto nel trhiller del medico-scrittore veneto Aristide Bergamasco. Un romanzo che, pur ispirandosi chiaramente, nella struttura, al notissimo “Codice Da Vinci”, riesce ad aggiungere una nota di curiosità ed interesse verso la riscoperta di luoghi e realtà di Padova che spesso gli stessi Padovani non conoscono.
Bergamasco: da autore, concorda con il paragone tra il suo ilbro e il “Codice Da Vinci”? «Certo, dopo la pubblicazione dei suoi romanzi, è impossibile non confrontarsi con Dan Brown quando si scrive un thriller storico o con richiami storici. C’è da dire che, prima di lui, c’è stato Umberto Eco, a cui è doveroso il nostro omaggio, che l’ha anticipato di diversi decenni. Dan Brown l’ho letto e mi è piaciuto molto e addirittura nel mio romanzo lo cito. Quello che mi piace molto di Dan Brown è la grandissima preparazione che, evidentemente, precede la stesura dei suoi romanzi. L’ho apprezzato tanto di più perché anch’io, nella stesura del mio “L’ultimo segreto di Galileo”, mi sono dovuto documentare davvero tanto prima di poter svelare la storia».
Galileo è un personaggio che ha scritto pagine importanti a Padova: quanto di queste terre c’è nel suo libro? «In realtà, mi sono riavvicinato e ho riscoperto Padova, dove pure ho vissuto e ho studiato negli anni dell’università, come ha fatto Galileo, proprio affrontando la vicenda umana di Galileo. E ho scoperto un’altra Padova: una Padova che è ricca di richiami alla storia, alla vicenda di Galileo e ai suoi avversari, per cui me ne sono ri-innamorato. E sicuramente, nel libro, un po’ di questo amore credo di averlo conferito. Chi avrà la pazienza di dedicarsi alla sua lettura scoprirà tanti piccoli richiami che, magari, non sono immediati e angoli che magari oltrepassiamo senza pensarci, ma che nascondono segreti storici importanti».
Il Nordest è un’ambientazione ideale per i gialli? «Il Nordest è da tanto tempo un crocevia: un crocevia di traffici, leciti e purtroppo anche illeciti: armi, droga, traffici umani, spero non anche di terrorismo. Sicuramente, questo è un terreno fertile, per un autore. C’è da dire che l’ambientazione di un romanzo, a tutti gli effetti, è un personaggio del romanzo stesso, per cui, al di là della configurazione geografica del posto in cui si localizza una storia, è importante anche come questa viene resa agli occhi dello scrittore e, di conseguenza, anche del lettore».
Nella nuova generazione di giallisti italiani, non mancano i nomi di spicco provenienti dal Nordest: c’è un’inclinazione degli autori nostrani verso il genere? «Credo che i bravi autori siano un po’ in tutta Italia, senza distinzione di regione: non penso che sia una caratteristica del Nordest, ma è una fortuna che, in questo periodo, sugli scaffali delle librerie si vedano sempre più spesso nomi vicini a noi».
C’è stata, secondo lei, una rivalutazione del genere giallo, tradizionalmente messo ai margini della letteratura “alta”? «Fortunatamente, a fare la parte del leone sono le vendite. E i lettori non si stancano mai del genere giallo. Ci sono delle mode, e infatti i primi posti delle librerie sono occupati dai libri che più sono di moda, ma queste vanno e si dimenticano. Mentre il giallo, bene o male, è sempre presente: un libro che è di moda adesso, magari, tra dieci anni non ci procurerà le stesse emozioni. Ma noi possiamo rileggere tranquillamente i grandi giallisti del passato e provare la stessa eccitazione che provavamo tanti anni fa».
Lei ha cominciato con il fantasy, poi è passato al giallo: per quale delle due strade pensa di proseguire? O ce ne sarà una terza? «Io mi ritengo un lettore onnivoro, di conseguenza spero di poter fare anche lo scrittore onnivoro. Ho cominciato con il fantasy, di cui sono ancora appassionato, sto proseguendo con il thriller: nel mio cassetto, ci sono storie di fantascienza, steampunk, per cui la fantasia è tanta. Spero di avere il tempo e il talento di mettere su carta quello che circola nella mia fantasia».
Il suo libro, che mescola vari generi, è un esempio di come sta evolvendo il giallo contemporaneo? «Questo non lo so, ma temo di no. Nel senso che, per fare questa commistione di generi, sono necessari un approfondimento e una preparazione importanti prima della stesura del romanzo, che non credo siano nelle intenzioni di tanti scrittori».
Lei è prima di tutto un medico: la aiuta, la sua formazione, nell’avere le competenze necessarie come scrittore? «Come scrittore di thriller e di gialli, probabilmente sì. In fin dei conti, anche il medico, nella sua attività quotidiana è un po’ un investigatore, che cerca di capire, tra i sintomi che si nascondono, quello che il paziente non può o non è in grado di rivelare quando gli è davanti. Per questo, qualcosa anche della mia attività professionale si riversa nella scrittura. Così come la preparazione scientifica, che, almeno ne “L’ultimo segreto di Galileo”, è stata indispensabile per trattare l’argomento».
Quali sono i suoi progetti futuri? «Sicuramente, la tastiera è sempre calda… Verso fine estate dovrebbe uscire il prossimo romanzo, il cui tema è un segreto editoriale. Intanto, sto già scrivendo quello successivo».
Ma ci sarà, in futuro, un giallo di Aristide Bergamasco in cui qualche omicidio si baserà sulle sue esperienze mediche? «Questo non lo so. Di sicuro, ci sono delle persone che incontro nella vita di tutti i giorni che posso sfruttare per caratterizzare alcuni personaggi. E anticipo che, chi mi è antipatico, fa una brutta fine, nei miei romanzi…».
ARISTIDE BERGAMASCO
Nasce nel 1970 a Padova. Laureato in Medicina, specializzato in Chirurgia generale, vive affacciato sui Colli Euganei, dove lavora come medico di urgenza. Si occupa inoltre di agopuntura e medicina estetica. Istruttore professionale di tecniche di rianimazione, tiene abitualmente incontri di volontariato per la formazione e la prevenzione, dedicati agli studenti di ogni grado. Appassionato di fotografia e mitologia, i suoi racconti sono stati premiati in numerosi concorsi nazionali. Il suo primo romanzo, “Sangue di drago”, pubblicato nel 2013 da A.CAR. è un romanzo fantasy ricco di richiami storici, in particolare di attinenza celtica. L’anno successivo, la casa editrice Leone pubblica, nella collana Mistéria “L’ultimo segreto di Galileo”, il thriller che l’autore ha presentato di recente a Mestre, nell’ambito della rassegna “Gialli d’autore” della biblioteca Vez.
L’ULTIMO SEGRETO DI GALILEO: MIX DI GENERI AD ALTA TENSIONE
LA TRAMA. Un libro scomparso. Una serie di omicidi rituali. La corsa contro il tempo per prevenire una terribile pandemia. La microbiologa Rebecca De Cardinale viene coinvolta dal professor Spinelli e dal suo assistente Alessandro Vinci nella ricerca dell’ultimo libro scomparso di Galileo, nel quale si dice che l’illustre astronomo teorizzasse un legame tra l’epidemia di peste del 1630 e la caduta di alcuni meteoriti. Gli indizi per trovare il manoscritto sono contenuti in tre lettere di Galileo ritrovate da Spinelli, ma quando il professore scompare Rebecca e Alessandro si incaricano della ricerca, in una incalzante lotta contro il tempo per evitare che una catastrofica pandemia colpisca l’intera umanità. (L’ultimo segreto di Galileo, 352 pagine, Mistéria Leone, 1^ edizione 2014, euro 14, isbn 9788863931907).
LA RECENSIONE. Giustamente, la copertina del libro, dopo il titolo, riporta la scritta “thriller”. Perché, prima di tutto, il romanzo di Aristide Bergamasco è questo: un thriller ad alta tensione, in perfetto stile moderno, con un’eroina suo malgrado che si trova coinvolta in una vicenda più grande di lei, sulle tracce di antichi volumi perduti e riscoperti e innovative teorie scientifiche sulle cause delle pestilenze. Ma, al tempo stesso, l’etichetta è troppo riduttiva, perché, nelle 342 pagine di testo, che scorrono veloci e coinvolgenti, c’è molto di più. C’è un’accurata ricostruzione storica della vicenda di Galileo, ma anche la riscoperta dei luoghi in cui il grande scienziato ha operato, da Padova a Firenze. C’è una vicenda sentimentale dai confini tutt’altro che chiari e una denuncia sottotraccia del possibile operato non sempre limpido delle grandi multinazionali e delle organizzazioni paramilitari. Accanto alla tensione, c’è, insomma, un romanzo solidamente strutturato e ottimamente scritto dall’autore. L’unico aspetto che si mostra perfettibile, a nostro parere, è legato all’enigma giallo, inteso nel senso più classico del termine. Se, a differenza di molti altri romanzi contemporanei, “L’ultimo segreto di Galileo” ha il merito di non tralasciare questa componente per incentrarsi solo ed esclusivamente sulla descrizione realistica delle situazioni ad alta tensione, è altresì vero che l’indizio messo a disposizione del lettore richiede competenze specifiche non comuni. E il nome dell’omicida (che, ovviamente, non riveliamo, per non rovinare una buona parte del piacere della lettura) è quindi più intuibile che realmente individuabile attraverso i mezzi messi a disposizione del lettore nel testo. Una pecca che, in ogni caso, può essere considerata marginale e che, di conseguenza, non fa venir meno il consiglio di leggere il libro. Voto: 4 stelle (su 5). (A.M.)