Cresce la diffusione del virus, ormai capace di infettare anche i mammiferi. Ilaria Capua: “Dagli animali sono arrivate moltissime malattie. Tutto è collegato, la terra è un sistema chiuso”.
Pur sottolineando espressamente che non vanno alimentati allarmismi e che “il rischio per la popolazione in generale è da ritenersi basso”, l’Agenzia per la tutela della salute della Lombardia ha ritenuto “opportuno raccomandare alla popolazione di evitare il contatto diretto con animali selvatici”.
Una nota stampa che l’Ats lombarda ha deciso di emettere dopo la conferma che la moria di gabbiani sul Lago di Garda è dovuta all’infezione da virus dell’influenza aviaria.
Un fenomeno sempre più diffuso nel mondo. E che, come ha reso noto l’Organizzazione mondiale della sanità, in Cambogia ha determinato due casi umani confermati all’interno di una famiglia, uno dei quali ha portato addirittura al decesso di una bambina di 11 anni.
L’allarme dell’Oms
È stata la direttrice della Preparazione e prevenzione di epidemie e pandemie dell’Oms, Sylvie Briand, nell’incontro con la stampa in cui è stato dato l’annuncio della composizione del vaccino antinfluenzale 2023/24, a definire “preoccupante” la situazione globale dell’H5N1, “data l’ampia diffusione del virus negli uccelli di tutto il mondo e le crescenti segnalazioni di casi nei mammiferi, compreso l’uomo”.
I casi di contagio dell’influenza aviaria nell’uomo, fortunatamente, restano rari. Ma, come ha ricordato Briand, portano allo sviluppo di una “grave malattia respiratoria, con una serie di sintomi osservati da lievi a fatali”.
Il tasso di mortalità tra i casi segnalati nel corso degli anni è inoltre “superiore al 50%”, soprattutto a causa di gravi polmoniti emorragiche.
Per questo, l’Oms ha sollecitato una maggiore vigilanza da parte di tutti i Paesi, rivedendo la valutazione del rischio. E gli esperti, nel frattempo, hanno anche formulato raccomandazioni per i candidati vaccini contro l’influenza zoonotica.
I gabbiani del Garda
Le “positività a influenza aviaria ad alta patogenicità da H5N1”, ha intanto ricordato l’Ats Lombardia nella sua nota, sono “numerose nelle regioni del Nord Est (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) in volatili selvatici”.
Il caso più evidente è quello dei gabbiani del Lago di Garda i cui campioni, prelevati dall’Istituto zooproflilattico, sono risultati positivi alle analisi.
Il primo volatile morto per cui è stata accertata la positività è quello di Toscolano di un paio di settimane fa. Poi, i casi di uccelli trovati morti a riva o in acqua si sono moltiplicati, tra Rivoltella, Sirmione, Lonato, Padenghe e Salò, ma in particolare a Desenzano, con un’ottantina di carcasse rinvenute nella sola giornata di giovedì 23 sulla spiaggia del Vò.
Si sta dunque procedendo per isolare e sottoporre a tampone i gabbiani vivi, mentre l’Ats sottolinea che, nonostante l’Oms valuti da basso a moderato il rischio per gli operatori professionalmente esposti, per chi manipola direttamente animali infetti e chi provvede alla loro raccolta o smaltimento, è necessaria l’adozione di opportune cautele, come l’uso delle mascherine e il lavaggio delle mani.
L’aviaria oggi nel mondo
Se il rischio diretto per l’uomo è relativo, è invece elevato in molti Paesi quello di introduzione e diffusione del virus nel comparto zootecnico avicolo.
focolai, negli ultimi mesi, si sono estesi in America, Europa, Asia e Africa e la malattia è diventata per la prima volta endemica in alcuni uccelli selvatici in grado di trasmetterla al pollame.
Per esempio, l’aumento dei decessi di gabbiani si è registrato anche in Olanda. In Slovenia sono stati trovati morti per aviaria 5 cigni nel comune di Cernika.
In Argentina, dove è stata proclamata l’emergenza sanitaria nazionale come in Uruguay, il Governo ha proibito la vendita di uccelli vivi.
Sono oltre 200 milioni, stima l’Organizzazione mondiale per la salute animale, gli uccelli morti da inizio 2021 per malattie o abbattimenti di massa. E in Perù, dove il primo caso di influenza aviaria risale allo scorso novembre, sono morti oltre 63 mila uccelli, ma anche 716 leoni marini.
Influenza aviaria: come comportarsi
Nella sua nota, l’Ats Lombardia ha anche sintetizzato alcune raccomandazioni per la popolazione.
La prima è di evitare il contatto diretto con animali selvatici, in particolare nel caso appaiano malati, moribondi o siano deceduti e di non provvederne autonomamente all’accudimento o alla raccolta e allo smaltimento delle carcasse.
Le segnalazioni di mortalità anomala devono quindi essere fatte alla polizia provinciale e alla Ats competente per territorio.
In caso di eventuale contatto involontario si dovrà provvedere a lavarsi accuratamente le mani e a lavare ad alta temperatura (60°C) gli indumenti entrati in contatto con potenziali fonti di contaminazione e si dovranno evitare contatti con pollame d’allevamento nei tre giorni seguenti.
Almeno per il momento, non si deve invece aver timore, aggiunge la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri sul suo sito, ad acquistare prodotti avicoli, “data l’intensità e il rigore dei controlli veterinari effettuati nelle aziende”.
La riflessione dei medici
“Dagli animali sono arrivate moltissime malattie: la peste, la spagnola, che arrivava dagli uccelli, l’Hiv, dalle scimmie. Poi il Covid . Tutto è collegato – ha ricordato la virologa Ilaria Capua spiegando la sua teoria della Salute circolare – La terra è un sistema chiuso: quello che scarichiamo, ci ritorna. Con l’aria, l’acqua, gli alimenti. La nostra salute dipende dall’intero sistema, nel quale dobbiamo essere pedine intelligenti. L’aspettativa di vita dei nostri nipoti sarà inferiore rispetto alla nostra e a quella dei nostri nipoti. Ecco perché dobbiamo guardare al futuro in altro modo, capendo che siamo una parte del sistema”.
Il virus H5N1, l’aviaria, è noto dal 1996, quando fu individuato in un allevamento di oche in Cina, “ma solo da una ventina d’anni ha acquisito caratteristiche di aggressività clinica negli animali”.
La svolta risale al 2004, con l’emersione del “genotipo Z”, che partì dal sud-est asiatico per poi diffondersi in tutto il mondo attraverso gli uccelli migratori
Pur essendosi manifestati da subito i primi casi tra gli esseri umani, anche se solo in persone che vivevano in contesti rurali e in condizioni igieniche precarie, si sottolinea però che “per il momento non è ancora stata dimostrata la capacità di questo virus di trasmettersi tra gli esseri umani. E i casi segnalati nella nostra specie sono del tutto sporadici”.
La nuova accelerazione risale al 2020, quando, in Olanda, emerse una nuova variante, che ha portato allo spillover, cioè al salto di specie, rendendo in altri termini il virus capace di trasmettersi ai mammiferi.
Alberto Minazzi