I ricercatori americani sarebbero riusciti a generare più energia di quella utilizzata: domani l’annuncio del Governo statunitense
Il futuro dell’energia potrebbe essere arrivato a una svolta epocale.
L’utilizzo del nucleare “pulito”, cioè quello derivante dai processi di fusione degli atomi di idrogeno a imitazione di quanto avviene nel sole, è stato fin qui frenato da un limite apparentemente insormontabile. Cioè al fatto che, nei vari esperimenti condotti, l’energia prodotta è risultata sempre inferiore a quella utilizzata per produrla.
Adesso, però, la ricerca sarebbe riuscita a compiere l’ulteriore, fondamentale passo che potrebbe mettere a disposizione dell’umanità una fonte di energia economica e potenzialmente illimitata, priva di emissioni di carbonio e gas serra in atmosfera, oltre che di scorie radioattive.
La scoperta americana
L’annuncio ufficiale del Dipartimento dell’Energia del Governo statunitense arriverà solo in una conferenza stampa fissata per domani, 13 dicembre 2022.
Ma le fonti dell’anticipazione in tal senso pubblicata da una fonte autorevole come il Washington Post, dopo le indiscrezioni del Financial Times, sembrano assolutamente attendibili.
La conferma della scoperta ai giornalisti americani è arrivata infatti da alcuni ricercatori coinvolti negli esperimenti svolti presso la National Ignition Facility (Nif) del Lawrence Livermore National Laboratory, la più grande struttura di ricerca al mondo (è ospitata in un edificio di 10 piani su quasi 2 ettari di superficie) nel campo del confinamento inerziale, completata nel 2007, con l’inizio dei primi test di potenza nel 2010 e poi circa 3 mila esperimenti effettuati in 7 anni.
La ricerca sulla fusione nucleare
Fin dagli anni Cinquanta dello scorso secolo, la riproduzione delle reazioni nucleari che avvengono in natura sul Sole è stato uno dei grandi obiettivi della ricerca.
Il punto di arrivo della prima fase della ricerca è stato quello di riuscire a innescare la fusione tra gli atomi di idrogeno, ma con un saldo finale negativo in termini energetici.
Circa un anno e mezzo fa, ad agosto 2021, gli scienziati del Nif avevano per esempio comunicato di essere riusciti a generare un impulso di 1,3 megajoule di energia dalla fusione di una miscela di isotopi pesanti dell’idrogeno, deuterio e trizio, contenuta in una sfera delle dimensioni di granello di pepe.
Anche in quel caso, pur raggiungendo un risultato mai ottenuto in precedenza, la resa dell’energia utilizzata era stata pari solo al 70%.
Fusione: gli investimenti
Le condizioni per la fusione di nuclei di idrogeno degli atomi che costituiscono il “plasma” di deuterio e trizio utilizzato come combustibile sono estreme.
A partire dalle temperature ambientali, vicine allo zero assoluto (-273 gradi centigradi), che devono però coesistere con il riscaldamento del gas ionizzato tra 100 e 200 milioni di gradi. Per mantenere isolato il plasma, servono così potenti campi elettromagnetici all’interno di speciali reattori.
E, in questa prospettiva, non sono solo gli Stati Uniti a portare avanti la ricerca sulla fusione nucleare. Nel sud della Francia, a Cardarache, grazie alla collaborazione mondiale, si sta realizzando per esempio un enorme reattore, “Iter”, che dovrebbe essere pronto per il 2025 e disponibile per la sperimentazione dal 2035.
Il progetto “italiano”
Anche la Commonwealth Fusion System, che vede l’italiana Eni come principale azionista, è al lavoro su una tecnologia di fusione a confinamento magnetico.
Il primo test, lo scorso anno, ha dato risultati positivi e si punta al 2025 per arrivare a realizzare il prototipo di reattore in grado di gestire e confinare il plasma.
Il nome dato nel progetto a questo reattore è “Sparc” e, pur essendo 5 volte meno potente di Iter, presenta alcuni vantaggi nella prospettiva di una futura diffusione. Sparc, infatti, sarà 65 volte più piccolo del reattore francese ma, al tempo stesso, sarà in grado di lavorare a campi magnetici 4 volte più potenti.
Alberto Minazzi