Mentre a Ischia si continua a scavare e si teme il nuovo maltempo, il rapporto 2022 dell’Osservatorio CittàClima dipinge il preoccupante quadro già in atto nel nostro Paese
La tragedia di Casamicciola Terme è solo l’ultima, drammatica foto di un’Italia sempre più impotente di fronte agli eventi estremi legati ai cambiamenti climatici, che vanno a combinarsi con un passato fatto in molti casi di scarso per l’ambiente.
Da un lato, sull’isola di Ischia si continua così a scavare sperando di trovare (prima che l’annunciata nuova ondata di maltempo renda troppo rischiose le ricerche) quantomeno i corpi degli ultimi 4 dispersi in mezzo all’ondata di fango che ha già causato 8 vittime identificate.
Dall’altro, però, non c’è solo l’indagine della Procura sugli allarmi sui segnali giunti dal territorio che sarebbero stati inascoltati: c’è anche la presa d’atto che l’Italia è un Paese fragilissimo dal punto di vista delle conseguenze del dissesto idrogeologico e ancora privo di un piano di adattamento alle emergenze ambientali.
Non si nasconde nemmeno il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, sottolineando che il 94% dei comuni è a rischio di frane, erosioni costiere e alluvioni.
C’è poi la conferma dei dati, sempre più preoccupanti, riportati nel recente “Rapporto 2022 dell’Osservatorio di Legambiente CittàClima”.
Che, fin dal titolo, conclude: “Il clima è già cambiato”.
L’Italia al centro dell’hot spot del cambiamento climatico
Se la situazione è globale, Legambiente ricorda che il Mediterraneo da anni è un bacino un cui “gli effetti dei cambiamenti climatici sono estremizzati e anticipati, rispetto ad altre regioni del mondo, e l’Italia si trova al centro di questo hot spot del cambiamento climatico”.
Un quadro fatto di aumento della temperatura, diminuzione (e concentrazione) delle precipitazioni e progressivo innalzamento del mare (secondo i dati IPCC19, nell’ultimo secolo, in media 1,4 mm l’anno).
“Le proiezioni – analizza il rapporto sul clima- descrivono un quadro pessimistico per il futuro e se riusciremo a invertire l’attuale crescita della temperatura globale, al 2100 il livello del mare sarà più alto comunque di circa 60 cm rispetto a oggi. Inoltre, la temperatura del Mar Mediterraneo continuerà a crescere, mentre diminuirà la salinità superficiale nella parte occidentale del bacino, interessata dalla corrente atlantica”.
Il monitoraggio svolto dall’Osservatorio CittàClima di Legambiente ha intanto individuato 780 comuni italiani in cui si sono già registrati impatti rilevanti, dal 2010 a fine ottobre 2022. Sono arrivati a 1.503 gli eventi con danni registrati sulla mappa del rischio climatico con un aumento, tra il 2021 e i primi 10 mesi del 2022, del 27%.
Roma (66 eventi, 6 solo nell’ultimo anno, tra cui 39 allagamenti a seguito di piogge intense) come comune più colpito.
Rilevanti, in generale, le conseguenze di alluvioni, trombe d’aria e piogge intense nei confronti di case, spazi pubblici ma anche del patrimonio archeologico.
Nel 2022, sono stati registrati dalla mappa 254 eventi.
Delle 279 vittime dal 2010 (già salite a 287 con le persone morte a Ischia) ben 17 sono state registrate nei primi 10 mesi di quest’anno.
“Nell’anno in corso – conclude il rapporto – abbiamo avuto finora 79 casi di allagamento da piogge intense e 71 casi di danni da trombe d’aria, 33 casi di danni da siccità prolungata e di temperature record, 25 danni da grandinate, 12 le esondazioni fluviali, 11 i casi di danni alle infrastrutture, 10 mareggiate, 9 le frane da piogge intense e 4 danni al patrimonio storico”.
“Non possiamo evitare quanto sta accadendo ma è possibile adattarci”
Il report si incentra in modo particolare sullo studio degli “impatti di siccità e caldo estremo sulle città, i territori e le persone”, premettendo l’ammissione che l’incremento in frequenza e intensità degli eventi estremi “sta andando al di là di tante previsioni”.
“Bisogna partire da questa presa d’atto – scrivono i relatori – sapendo che ormai non possiamo evitare quanto sta accadendo, ma che è altrettanto possibile adattarci ai cambiamenti in corso e a quelli futuri”.
L’obiettivo di lungo termine è quello di diminuire concretamente le emissioni climalteranti per provare a contenere l’aumento delle temperature medie.
In parallelo però, occorrono da subito anche interventi di mitigazione e adattamenti al clima.
Come hanno sottolineato le Nazioni Unite, però, “l’80% dei Paesi ha avviato Piani di adattamento, ma solo un terzo ha quantificato obiettivi con scadenze”.
L’aggiornamento sul clima del WMO (World Meteorogical Organization), pubblicato il 9 maggio scorso, sottolinea che gli ultimi 8 anni sono stati gli 8 più caldi mai registrati e afferma come ci sia una probabilità del 50% che la temperatura globale media annuale raggiunga temporaneamente 1,5°C al di sopra del livello preindustriale per almeno uno dei prossimi cinque anni.
“Con 1,5° di riscaldamento – evidenzia il rapporto – 4 dei 5 punti di non ritorno passano da possibili a probabili. Sempre a 1,5°, diventano possibili altri cinque punti critici, compresi i cambiamenti nelle vaste foreste settentrionali e la perdita di quasi tutti i ghiacciai di montagna”.
Un circolo vizioso, perché “lo scioglimento del permafrost provocherà l’immissione in atmosfera di quantità enormi di carbonio, peggiorando ulteriormente il riscaldamento globale”.
Inoltre, col venir meno del ghiaccio in Groenlandia, si innalzeranno inoltre i livelli dei mari: di almeno 27,4 centimetri, si stima, “anche se tutte le emissioni di gas serra dovessero interrompersi oggi”.
2022: la preoccupazione non è solo di prospettiva, guarda già al presente.
Intanto, secondo il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), i mesi di giugno, luglio e agosto 2022 sono stati a livello globale i sesti più caldi da quando sono iniziati i rilevamenti nel 1880, con 0,65° in più nelle temperature delle superfici di mari e oceani nel 2021 rispetto alla media del 20° secolo. E, in base alle rilevazioni del Cnr, in Italia, il 2022 risulta l’anno più caldo dal 1800, con giugno che ha fatto segnare 2,88° e luglio 2,26° sopra la media.
Perché la preoccupazione, come sottolineato, non è solo di prospettiva, ma guarda già al presente.
In Europa, secondo il rapporto del WMO “State of the Climate in Europe 2021”, le temperature sono aumentate di oltre il doppio della media globale negli ultimi 30 anni.
In Spagna si stimano quasi 3 mila decessi per le ondate di calore di giugno e luglio.
Nel Regno Unito, a luglio, almeno 1.680; in Francia 11 mila in tutta l’estate. Per tacere degli incendi.
E settembre 2022 è stato il quarto più caldo mai registrato come media globale.
“Ma il crescente numero di record di temperature registrato non si fermerà, almeno non in tempi brevi”, ammonisce Legambiente basandosi su studi internazionali.
“La frequenza delle ondate di calore estreme – aggiunge – potrebbe aumentare di oltre il 30% nei prossimi anni. Questo significa, ad esempio, che le condizioni meteorologiche dell’estate 2022 potrebbero diventare normali in varie aree d’Europa”.
A un clima di caldo estremo, tra le altre conseguenze, si collegano anche fenomeni come le alluvioni.
In Pakistan, dopo aver superato i 50° in primavera, tra luglio e agosto la pioggia caduta è stata del 190% maggiore di quella media degli ultimi 30 anni, con oltre 33 milioni di persone coinvolti in alluvioni e oltre 1.300 vittime.
In Sudafrica, l’alluvione dell’11 e 12 aprile ha provocato oltre 400 morti, distrutto almeno 120 mila abitazioni e fatto evacuare 40 mila persone.
Alberto Minazzi