C’è chi parte per curiosità, chi per consolidare le proprie conoscenze, chi per motivi famigliari e chi, invece, per perfezionare le lingue.
È proprio questo il caso di Enrico Lunardi e della sua fidanzata, Ilaria Pasquali.
Originari di Civé, in provincia di Padova, vivono ad Amsterdam da cinque anni.
La cità che ha dato i natali al filosofo Spinoza e al principale interprete del “calcio totale” olandese, Johann Crujiff, rappresenta per loro la destinazione finale.
Ma il viaggio di esplorazione di Enrico e Ilaria è iniziato 10 anni fa, portandoli prima in Inghilterra e poi in Australia.
“A Londra abbiamo abitato per tre anni, lavorando nella ristorazione – racconta Enrico -. E’ una città bellissima, che ci ha insegnato molto ma che si è dimostrata fin troppo frenetica e stressante. Quindi io e Ilaria abbiamo deciso di scegliere un’altra destinazione: l’Australia. Un anno stupendo, indimenticabile ma breve: una volta scaduto il visto siamo ritornati in Italia. Il nostro Paese un po’ ci mancava e l’idea era quella di stabilirci per sempre dopo le splendide esperienze fatte».
La breve tappa in Italia
La nostalgia di casa a volte crea false prospettive e l’impatto con la realtà italiana si è rivelato deludente.
«Ci siamo accorti che la situazione lavorativa qui era disastrosa. Lavori saltuari e non appaganti. Siamo resistiti sei mesi, dopodiché abbiamo deciso di espatriare di nuovo. Siamo tornati in Europa. Ad Amsterdam vive da tempo uno dei miei migliori amici e lo abbiamo raggiunto. Dopo mesi difficili a cercare la nostra strada in Italia -ricorda Enrico – avevamo finalmente trovato la nostra dimensione. Eravamo piombati in una società all’avanguardia e nel giro di poco tempo avevamo trovato lavoro entrambi. Siamo qui da 5 anni e sarà difficile per noi tornare indietro se non con la scusa di un progetto di vita ben definito e realizzabile».
Nella “Venezia del Nord Europa”, come Amsterdam viene definita, Enrico e Ilaria sembrano quindi aver messo radici. Ma la loro vita, come quella di molti altri stranieri e di una gran fetta di olandesi, è stata stravolta dall’arrivo della pandemia. E dalla crisi politica che ha innescato, con le recenti dimissioni del premier Rutte e le nuove elezioni fissate per il 17 marzo prossimo, a lockdown terminato.
Coronavirus: tanti errori e un difficile invertimento di rotta
«Il governo ha compreso troppo tardi la situazione nonostante il resto dell’Europa fosse in lockdown dall’inizio dell’anno – commenta Enrico – Noi ci siamo entrati in novembre e ne usciremo solo alla prima settimana di febbraio. Purtroppo il virus è arrivato e si è propagato pericolosamente in tutto il Paese provocando conseguenze drammatiche. Fino ad autunno inoltrato, le regole di contenimento sono state blande: mascherine obbligatorie solo a bordo dei mezzi pubblici; negozi, ristoranti e parrucchieri aperti con scarsi vincoli. Il lavoro in presenza però si è trasformato in smart working totale sin dalla prima ondata. Noi italiani eravamo meravigliati da questa situazione, non capivamo questa lassezza. Poi però le cose sono peggiorate, sia sul piano sanitario che su quello economico – rilevano Enrico e Ilaria -Quando Francia e Germania sono andate in lockdown, anche il governo olandese ha deciso in tal senso.
Ci si deve muovere con la mascherina, sia all’interno degli uffici che all’aperto, ovviamente pure sui mezzi di trasporto. Scuole chiuse. Il governo aveva provato a tamponare la ferita elargendo aiuti ai lavoratori; peccato che poco dopo siano stati dimezzati. E soprattutto sono stati emarginati gli stranieri che sono arrivati nel paese solo di recente. Per esempio, gli immigrati che avevano trovato un impiego qui ma poi rimasti senza nel corso della pandemia, sono stati costretti a tornare nella loro terra d’origine. La disoccupazione aumenta e il disastro vale anche per le finanze delle singole famiglie. Le città sono diventate spettrali. C’è solo la palla di fieno spinta dal vento che circola per le strade. Schiphol, l’aeroporto di Amsterdam, non accoglie quasi più nessuno».
Quando il traffico era di biciclette
Non resta quindi che ricordare la Amsterdam di qualche mese fa, quella che accoglieva donne e uomini da tutto il mondo e capace di essere allo stesso tempo tranquilla, green e all’avanguardia. «Amsterdam è veramente una città meravigliosa, multiculturale, ricca di aree verdi, giardini e parchi. L’aria è pulita, l’inquinamento quasi non c’è. C’è un grande traffico sì, ma di biciclette! Il che mi fa sentire ancor più a mio agio perché sono un appassionato restauratore di bici». Anche l’impatto con gli olandesi è stato positivo. «Il primo problema che un expact si pone è la lingua. Ecco, nei Paesi Bassi te lo puoi porre se non hai delle basi di inglese. Noi l’olandese non lo conoscevamo ma l’inglese è il passaporto giusto per chiunque. Qui la metà degli abitanti lo parla e in certi settori serve solo quello. Sono allenati anche grazie alla televisione: nei pochi canali a disposizione, le serie TV vengono trasmesse in lingua originale con sottotitoli in olandese. Non importa in quale parte del paese si vada: l’inglese è ormai una prima lingua. È il modo giusto per accogliere chi viene da fuori, per farlo sentire a proprio agio. È vero: gli olandesi rispetto a noi italiani sono un po’ freddini ma conviviali e, più li conosci, più si aprono».
Una società dinamica
Enrico e Ilaria ben descrivono la dinamicità di Amsterdam. «Dal primo giorno che siamo sbarcati ci siamo dati da fare per trovare lavoro e infatti dopo poco tempo ci siamo sistemati. Io ho lavorato per due anni in un hotel internazionale qui ad Amsterdam. Poi ho voluto cambiare settore e mi sono lanciato nelle vendite. Così sono diventato rappresentante e responsabile commerciale per una società americana di noleggio auto. Ilaria invece ha lavorato in ambito turistico per diversi operatori, concentrandosi come guida per i turisti italiani. Con l’esplosione della pandemia, le nostre vite sono state stravolte ma nel giro di poco tempo abbiamo trovato una nuova occupazione: io sono rimasto nel settore del car sharing mentre Ilaria lavora per una ditta di aste online. In tutte le nostre esperienze abbiamo comunque notato che lo stress da lavoro è assente, non si è obbligati a fare straordinari e c’è molta meritocrazia.
Inoltre, abbiamo notato che vincono la schiettezza e la sincerità. Gli stipendi sono elevati e questo vale soprattutto per chi ha una laurea. Chi è informatico o si muove nel campo delle nuove tecnologie conquista punti in più. Ha un futuro assicurato perché queste figure sono molto ricercate. Ecco, il rovescio della medaglia» – ammette Enrico – «è che se gli stipendi sono alti è alto di conseguenza il costo della vita. Per non parlare delle case! A maggior ragione quando esiste una cronica mancanza di abitazioni. Il prezzo degli affitti o per gli acquisti sale parecchio».
Una nutrita comunità italiana
Salutiamo Enrico e Ilaria. Ci hanno raccontato la loro Olanda facendoci capire di essere a casa, di aver trovato una loro dimensione, integrandosi alla perfezione.
La pandemia ha tolto qualcosa, ma grazie al sistema sociale e lavorativo olandese hanno ripreso presto a fare strada.
«Casa ci manca e ogni tanto pensiamo che sarebbe bello ritornarci, magari in una grande città capace di darci più stimoli e opportunità» – conclude Enrico. «Ci servirebbe però un piano di vita preciso e attuabile ma se già era difficile prima, figuriamoci adesso. Il timore è quello di sentirci un po’ come degli expact in casa nostra. Intanto sfruttiamo le opportunità che ci fornisce Amsterdam. Non siamo comunque tagliati fuori dalle nostre origini: la comunità italiana è numerosa e quello che può mancare di più, cioè il buon cibo, o lo troviamo in supermercati selezionati della città oppure ce li facciamo arrivare facilmente online. Anche in questo caso, Amsterdam fornisce una soluzione semplice ed efficace».
Mi chiamo Stefano sono un amico di Enrico e Ilaria. Anch’io sono originario del quel piccolo paese in provincia di Padova che è civè. .ci conosciamo da molto tempo e posso augurare il meglio per loro perché hanno avuto la voglia di provare nuove esperienze si sono integrati benissimo in un paese che da opportunità. .un abbraccio a enrico e Ilaria. .❤❤