La chiave per una transizione energetica pulita, sicura e rivoluzionaria, sta nelle stelle e nella loro fusione nucleare.
E potrà «garantire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di gas serra, cambiando per sempre il paradigma della generazione di energia e contribuendo a una svolta epocale».
Commenta così, l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, gli ultimi risultati di Eni nella ricerca di fonti energetiche sostenibili.
Il test dello speciale magnete che ricrea le condizioni per effettuare la fusione nucleare che si verifica nel Sole e nelle stelle è andato a buon fine grazie all’utilizzo di una nuovissima tecnologia che apre la strada verso la decarbonizzazione.
L’energia che viene dalle stelle
Le fonti energetiche tradizionali, a partire da carbone e petrolio, emettono nell’ambiente sostanze inquinanti e gas a effetto serra. La fissione nucleare degli impianti atomici attualmente in funzione rilascia scorie radioattive.
La fusione nucleare che avviene nelle stelle, invece, è in grado di garantire illimitata energia sostenibile senza portar danno.
Si tratta inoltre di una reazione in grado di generare da un solo kg di “carburante” tanta energia quanta 8.500 tonnellate di benzina.
La tecnica di confinamento magnetico
La Commonwealth Fusion System, di cui Eni è maggior azionista, sta lavorando su una tecnologia alla base dell’innovativa fusione a confinamento magnetico.
Per riuscire a gestire le reazioni fisiche che generano, attraverso la fusione, un’enorme quantità di energia insieme a neutroni e un gas non inquinante come l’elio, sono necessarie particolari condizioni, estremamente difficili da replicare artificialmente.
Il plasma, ovvero la miscela di due isotopi dell’idrogeno (deuterio e trizio) alla base dell’agitazione termica che porta alla fusione, deve essere cioè portato a temperature altissime attraverso l’impiego di fasci di onde elettromagnetiche.
L’isolamento del plasma
La fusione si basa sull’unione di due nuclei dell’elemento più leggero in natura: l’idrogeno.
Per generare la fusione, trattandosi di particelle che tendono a respingersi, avendo la stessa carica elettrica, occorrono quindi temperature di centinaia di milioni di gradi.
A gestire il plasma incandescente in uno spazio limitato e mantenuto sospeso nell’aria, per evitare che si raffreddi o danneggi l’impianto che lo contiene, sono così potentissimi campi elettromagnetici che “catturano e ospitano l’energia senza che entri in contatto con del materiale solido” grazie alla tecnologia superconduttiva HTS che sarà utilizzato nei futuri impianti.
Il magnete e i prossimi step
Il magnete è costituito da superconduttori ad alta temperatura, portati a -253 gradi e percorsi da corrente elettrica a 40 mila ampere. Pesa 10 tonnellate e genera un campo con densità di flusso magnetico pari a 20 tesla.
Per ottenere il confinamento magnetico viene utilizzato il cosiddetto Tokamak, dispositivo a forma di ciambella che genera, attraverso una serie di bobine poste attorno alla camera, il campo magnetico che mantiene isolato il plasma.
I progetti per la nuova energia
Il prototipo di reattore in grado di gestire e confinare il plasma dovrebbe essere pronto per il 2025.
Chiamato “Sparc”, il primo impianto sperimentale a produzione netta di energia assemblerà 18 magneti.
Cinque volte meno potente di Iter, il grande reattore a fusione tipo Tokamak che dovrebbe essere realizzato sempre nel 2025 a Cardarache, in Francia, Sparc potrà però lavorare a campi magnetici 4 volte più potenti e sarà 65 volte più piccolo. Uno dei vantaggi della nuova tecnologia sarà infatti quello di poter realizzare impianti molto più compatti, semplici, efficienti ed economici.
L’impegno di Eni
Il successivo sviluppo sarà quello di costruire impianti capaci di immettere energia da fusione direttamente nella rete elettrica, con una connessione che non necessiterà di infrastrutture di generazione e trasporto dedicate.
L’impianto dimostrativo del progetto del Cfs, chiamato Arc, dovrebbe arrivare nel prossimo decennio.
Quello di Demo, legato al progetto Iter, è invece atteso per il 2050.
Intanto Eni, che ha messo a disposizione il suo supercalcolatore HPC5, nel 2018, oltre all’acquisizione della quota di capitale di Cfs, ha sottoscritto un accordo con il Plasma Science and Fusion Center del Mit per lo sviluppo di programmi di ricerca sulla fisica del plasma, sulle tecnologie dei reattori a fusione e sulle tecnologie degli elettromagneti di nuova generazione. Importanti collaborazioni sono in atto anche con il Cnr, dove si stanno studiando nuovi materiali superconduttori, e con l’Enea, che svilupperà a Frascati una macchina sperimentale per testare diverse soluzioni tecniche.
Alberto Minazzi