L’annuncio del ministro Urso dopo la presentazione al Forum di Cernobbio di uno studio che quantifica l’impatto in 50 miliardi di euro e 117 mila nuovi occupati
Reattori di terza generazione avanzata, un nuovo quadro normativo e una settantina di aziende specializzate.
A quasi 40 anni dal referendum che, un anno dopo il disastro di Chernobyl, nel 1987 abolì in Italia a questa fonte di energia smantellando le 4 centrali elettronucleari allora attive (a Latina, Sessa Aurunca nel Casertano, Trino nel Vercellese e Caorso nel Piacentino) i progressi registrati sia sul fronte della sicurezza che sull’impatto ambientale di questo tipo di impianti, riportano il nostro Paese a guardare con convinzione al ritorno al nucleare.
“Annuncerò nei prossimi mesi la realizzazione di una newco italiana, con partnership tecnologica straniera, per produrre a breve i reattori di terza generazione avanzata”, ha dichiarato infatti il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
L’Italia guarda di nuovo al nucleare
L’annuncio di Urso è arrivato nel corso del suo intervento al Forum Ambrosetti di Cernobbio. “L’Italia – ha sottolineato il ministro – è l’unico Paese che ancora non produce energia nucleare”.
Ma non sarà più così.
Entro la fine di quest’anno sarà pronto il nuovo quadro normativo che avvierà la produzione di nuovi reattori ” che saranno installati dove le imprese lo chiedono nel Mondo, quindi anche in Italia“, ha detto il ministro.
Il nucleare, infatti, è l’anello di una più articolata strategia economica. “Siamo diventati – ha concluso il titolare del Ministero – uno dei Paesi più attrattivi d’Europa. Ci sono molti investitori che sono interessati all’Italia ma quello che mi chiedono è il tema dell’energia: per questo vogliamo intervenire”.
Lo studio sul nuovo nucleare italiano
Alla base delle dichiarazioni del ministro delle Imprese c’è anche lo studio sul nuovo nucleare realizzato da Edison, Ansaldo Nucleare e Teha Group anticipato proprio in occasione del Forum. L’analisi ha evidenziato che, installando fino a 20 impianti Smr e Amr fino a 6,8 GW, si potrebbe soddisfare circa il 10% della domanda elettrica al 2050, con un impatto economico complessivo superiore a 50,3 miliardi di euro, ovvero circa il 2,5% del pil italiano del 2023, e un valore aggiunto attivabile pari a 14,8 miliardi.
Lo studio, intitolato “Il nuovo nucleare in Italia per i cittadini e le imprese: il ruolo per la decarbonizzazione, la sicurezza energetica e la competitività”, aggiunge che in questo modo, nel periodo tra il 2030-35 e il 2050, si attiverebbero anche fino a 117 mila occupati, tra diretti, indiretti e indotti. “Il nuovo nucleare – si afferma – non è soltanto una risorsa preziosa per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica al 2050, ma costituisce una vera e propria occasione di rilancio industriale per il Paese, contribuendo a massimizzare la competitività di tutto il sistema”.
Italia nuova protagonista nel nucleare?
Per rendere l’Italia realmente protagonista in questo settore strategico e permettere al nostro Paese di goderne tutti i benefici che ne derivano, ha commentato l’amministratore delegato di Edison, Nicola Monti, è necessario innanzitutto definire “da subito un piano industriale di medio-lungo periodo per garantire un futuro energetico stabile, sicuro e competitivo per il nostro Paese”.
Nonostante il lungo stop al nucleare, ha rimarcato Daniela Gentile, a.d. Di Ansaldo Nucleare, “numerose aziende italiane hanno mantenuto e sviluppato capacità nel settore nucleare”, potendo così ora contare su una settantina di aziende specializzate in possesso di competenze lungo quasi tutta la filiera del nucleare, il cui valore è pari a 457 milioni di euro nel 2022, con circa 2.800 occupati, posizionando l’Italia al 15° posto globale e al 7° in Ue per export di reattori nucleari e componenti tra il 2018 e il 2022, oltre che 5° al mondo per produzione scientifica in materia.
Alberto Minazzi