Conservati in azoto liquido in 320 centri italiani, nel 2020 erano quasi quaranta mila
L’ ultima stima dell’Istituto Superiore della Sanità, nel 2020, ne contava 37.500.
Sono crioconservati in ben 320 centri italiani. E non si sa che fine fargli fare.
Sono quelli che vengono definiti “embrioni orfani“, in sovrannumero rispetto alle richieste di fecondazione assistita che ci sono state negli anni e ora spesso non più richiesti perché considerati “vecchi”.
Sul loro destino, nonostante da anni siano state accese le discussioni in materia, rimane una grande incognita.
Una sentenza della Corte Costituzionale del 2009 ha stabilito che “per rispetto dovuto agli embrioni in quanto vite umane, in nessun modo assimilabile a materiale biologico” si debba crioconservarli.
La Legge 40 del 2004, che aveva stabilito un limite sia nella produzione degli embrioni sia nei trasferimenti in utero di non più di tre per coppia, è stata poi superata dalla stessa sentenza della Corte, che in merito ha declinato ai clinici la libertà di valutare caso per caso.
Sempre per la stessa Legge 40 del 2004, gli embrioni non possono essere utilizzati per la ricerca e naturalmente non possono essere distrutti, perché si ucciderebbe una potenziale vita umana. Non si possono inoltre donare (le coppie sterili possono farsi donare i gameti, ossia le cellule che si uniscono durante la riproduzione sessuale per formare una nuova cellula, lo zigote, da cui si svilupperà l’embrione, ma non gli embrioni) né si possono adottare.
Ma vanno conservati tutti, anche quelli portatori di malattie gravi, anche incompatibili con la vita.
Così, loro, gli orfani, restano nei loro contenitori di azoto liquido a -196° dove poter restare in vita. Per quanto tempo? Non si sa.
Quel che è certo è che, se il lato positivo delle tecniche di procreazione assistita è che hanno permesso a migliaia di coppie di avere un figlio, c’è anche il rovescio della medaglia, che prima o poi dovrà essere affrontato, con tutte le implicazioni che comporta.
I costi del loro mantenimento in vita sono a carico delle Regioni e gli impianti, una volta entrati in funzione, non possono più essere spenti.
E gli embrioni orfani restano orfani. Anche di una decisione, costretti da un dedalo di vincoli che inducono a chiedersi: ” che ne faremo prossimamente di loro, quando anche i centri che li conservano non avranno più spazio per farlo?
Una domanda che al momento rimane senza risposta.