Dall’uccisione diretta di diverse specie, al disturbo di uccelli e mammiferi, fino all’urina e le feci che possono trasmettere zoonosi e inquinare i corsi d’acqua: l’analisi di uno studio australiano
Siamo soliti pensare al cane come al miglior amico dell’uomo, un vero e proprio membro della famiglia che ci fa compagnia e aiuta in molte attività umane, in alcuni casi anche un eroe, quando in situazioni di pericolo salva vite umane. Ma il nostro amico d’affezione, così come ogni essere vivente, ha il suo impatto sul nostro mondo e sull’ambiente. E non è indifferente. Secondo uno studio australiano condotto dagli ecologisti Bill Bateman e Lauren Gilson, nonostante sia scarsamente riconosciuto rispetto a quello dei gatti, l’impatto dei cani di proprietà risulta infatti di ampia portata con effetti diretti, indiretti e altamente localizzati.
Cani: predatori di diverse specie
I cani sono gli animali domestici più diffusi al mondo: oltre un miliardo, facendone i predatori vertebrati più comuni al mondo. Basti pensare che negli Stati Uniti si contano circa 90 milioni di cani da compagnia, 12 milioni nel Regno Unito, circa 6 milioni in Australia, in Europa la loro presenza arriva a 106 milioni. In Italia, secondo il rapporto Assalco-Zoomark, nel 2024 si stimano circa 8,8 milioni di cani. Nonostante siano gli unici ad essere stati addomesticati mantengono il loro comportamento predatorio. Così, pur avendo un potenziale limitato di interagire con la fauna selvatica in quanto animali da compagnia, quando i loro proprietari li accompagnano in aree naturali, il loro istinto si risveglia.
L’esempio più eclatante riportato dallo studio riguarda i cani di proprietà o da compagnia non trattenuti che attaccano i pinguini minori nelle colonie di Tasmania, dove gli attacchi possono essere così gravi da portare al collasso della colonia. Tra il 1980 e il 2020, si sono verificati 55 eventi di mortalità dovuti ad attacchi di cani che rappresentano il 91%, 887 decessi, di tutti i pinguini segnalati morti. Sono stati anche osservati cani condotti senza guinzaglio che utilizzavano tecniche di caccia adattive per avvicinarsi a potenziali prede. Come il cane che, su una spiaggia dell’Australia, tentava di catturare i gabbiani argentati. O quello che utilizzava il letto di un ruscello asciutto nei giardini botanici di Darwin per braccare un gallo cedrone zampe arancioni.
Disturbatori di uccelli
Non è da sottovalutare poi l’effetto disturbo, in particolare per gli uccelli che nidificano sulla riva. Nell’Australia Occidentale si ritiene che i cani senza guinzaglio siano responsabili dell’uccisione dei pulcini della sterna delle fate, una specie in via di estinzione, ma anche di numerosi disturbi agli uccelli nidificanti dovuti alla corsa attraverso le colonie sulla spiaggia. Per fare un esempio su tutti, il fratino, nidificante in Spagna, è stato stanato dalle sue spiagge di riproduzione tra il 50 e il 100% delle volte in presenza di cani solitari. Sono anche un disturbo sproporzionato per i pivieri niviferi in California e i piovanelli e i pivieri della sabbia in Australia settentrionale in quanto è stato stimato che 10 voli di allarme al giorno provocati dalla presenza di cani con o senza guinzaglio ma anche da camminatori senza cani, potrebbero aumentare il loro dispendio energetico giornaliero del 4,5-4,7%. Per mitigare l’effetto negativo il suggerimento è di tenere i cani al guinzaglio sulle spiagge e mantenere una distanza di sicurezza dagli uccelli costieri che nidificano o si appollaiano.
L’impatto dei cani in acqua dolce e le feci che agiscono anche in loro assenza
I nostri amici a quattro zampe possono avere un impatto negativo anche quando entrano in acqua dolce. Questo perché i farmaci topici contro pulci e zecche che applichiamo sul pelo di un cane si disperdono nei corsi d’acqua naturali e sono tossici per gli invertebrati acquatici a basse concentrazioni. Inoltre poiché l’effetto dura diverse settimane e i peli e la pelliccia spazzolati vengono spesso usati dagli uccelli come rivestimento per i nidi possono essere un pericolo mortale, come ha dimostrato uno studio recente, per le cinciallegre. Un altro aspetto importante considerato nello studio riguarda l’effetto che i cani possono avere anche quando non sono presenti in un’area. Infatti lasciano tracce odorose ghiandolari, feci, urina e altre tracce che indicano la presenza di predatori anche in loro assenza fisica.
Questo ha portato a far sì che negli Stati Uniti, alcuni animali, quali la volpe rossa e la lince rossa fossero meno presenti nelle aree da loro frequentate. E’ stato calcolato che un cane medio produce circa 0,2 kg di feci e 0,4 litri di urina al giorno, pari a oltre 1.000 kg di feci e 2.000 litri di urina in una vita media di 13 anni. Il che influisce sulla chimica del suolo nelle aree urbane e può potenzialmente diventare il maggiore contributo all’azoto nei corsi d’acqua urbani. Le feci possono invece essere vettori e serbatoi per un’ampia gamma di zoonosi, ovvero le malattie infettive degli animali, che colpiscono la fauna selvatica e possono essere trasmesse all’uomo.
L’industria del cibo per cani
L’impatto dei cani sull’ambiente passa anche attraverso l’industria del cibo dedicato, con un segnale che sta diventando sempre più marcato. La produzione di pet food a base di carne richiede grandi quantità di energia, uso del suolo agricolo e acqua. In particolare sono state calcolate emissioni di gas serra in 56-151 Mt di CO2, tra lo 0,8% e l’1,2% dell’uso del suolo agricolo globale e tra lo 0,2% e lo 0,4% di uso dell’acqua dolce estratta per l’agricoltura. Lo studio rivela inoltre che è stato stimato che fino al 13,5% dei 39 milioni di tonnellate di pesce foraggio selvatico catturato annualmente, piccoli pesci di branco tipicamente prede di altri pesci, non è mangiato dagli esseri umani ma destinato alla produzione di cibo per animali domestici.
Silvia Bolognini