Le comunicazioni del premier al Senato dopo le dimissioni: “Dobbiamo decidere se si possono ricreare le condizioni con cui governare”
“L’unica strada, se vogliamo restare ancora insieme, è ricostruire da capo il patto, con coraggio, altruismo e credibilità: a chiederlo sono soprattutto gli Italiani”. È un messaggio chiaro, quello consegnato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Senato, nelle comunicazioni che hanno aperto, nella mattinata di mercoledì 20 luglio 2022, la due giorni in cui si capirà il futuro del Governo italiano.
“La mobilitazione di questi giorni – ha proseguito Draghi – è senza precedenti e impossibile da ignorare. Un sostegno immeritato, ma del quale sono enormemente grato. E mi hanno colpito in particolare 2 appelli. Il primo è quello di circa 2 mila sindaci, il secondo quello del personale sanitario: gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine è immensa. Questa domanda di stabilità impone a tutti noi di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare. È questo il senso della discussione di oggi, dell’impegno su cui ci dobbiamo confrontare davanti ai cittadini”.
Verso la ricomposizione della crisi?
Il premier, nel suo discorso durato circa 30′ e tutt’altro che interlocutorio, ha dunque lasciato aperta la possibilità che l’attuale Governo di unità nazionale vada avanti, senza la necessità di ricorrere anticipatamente alle urne. La palla però passa adesso nelle mani delle forze politiche. E un primo orientamento emergerà già dalle 5 ore e mezza di dibattito che precederanno la replica di Draghi, prevista nel tardo pomeriggio di oggi.
Nella scaletta della giornata, il nuovo intervento del Presidente del Consiglio precederà le dichiarazioni di voto e la doppia chiama con appello nominale di ognuno dei senatori per esprimere o meno la fiducia al Governo. Il passaggio alla Camera dei Deputati, invece, è previsto per domani mattina, quando si ripartirà però dal dibattito in aula, in quanto Draghi non rileggerà le sue comunicazioni, già consegnate in forma scritta ai parlamentari.
Le comunicazioni al Senato
La giornata a Palazzo Madama è iniziata con un ritardo (insolito per il Senato) di 12′. Mario Draghi è arrivato alle 9.42, presentandosi con un sorriso e non rilasciando dichiarazioni alla stampa, iniziando invece a parlare in aula alle 9.48, frenato solo inizialmente da un problema tecnico e poi rallentato solo dagli applausi dei senatori, a partire dal più lungo, quando è stato citato il ricordo di Falcone e Borsellino.
Draghi ha iniziato ricordando le tappe che hanno preceduto la giornata odierna. “Giovedì scorso – ha detto – ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo sin dalla sua nascita. Il Presidente della Repubblica ha respinto le mie dimissioni e mi ha chiesto di informare il Parlamento di quanto accaduto: una decisione che ho condiviso”.
Il discorso del premier
“Le comunicazioni di oggi – ha proseguito Draghi – mi permettono di spiegare a voi, e a tutti gli Italiani, le ragioni di una scelta tanto sofferta quanto dovuta. Lo scorso febbraio, il Presidente della Repubblica mi affidò l’incarico di formare un Governo per affrontare le 3 emergenze che l’Italia aveva davanti: pandemica, economica, sociale. Un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna forza politica. Un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”.
“Nel discorso di insediamento che feci in quest’aula – ha poi ricordato – feci esplicitamente riferimento allo spirito repubblicano del Governo. In questi mesi, l’unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo Esecutivo e della sua efficacia. Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato agli elettori, debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile. Questo presupposto è ancora più importante in un contesto di emergenza. A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci per il bene di tutti i cittadini”.
L’evoluzione verso la crisi
Draghi ha quindi riconosciuto che “il merito” dei risultati raggiunti “è stato vostro, della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e a lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, con rispetto reciproco. La vostra è stata la miglior risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivano dai cittadini”.
“Gli Italiani – ha rimarcato – hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo. Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano”. Però, dopo l’applauso spontaneo, ha proseguito: “L’Italia è forte quando sa essere unita. Purtroppo, con il passare dei mesi, le forze politiche hanno opposto un forte desiderio di divisione. Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia e con tempestività nell’interesse del Paese”.
La rottura
Il Presidente del Consiglio ha così denunciato che “il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia a un Governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum. E l”Italia ha bisogno di un Governo capace di muoversi con efficacia e tempestività”.
Le conclusioni di Draghi
Alla fine, però, l’apertura: “Ci sono altri impegni che l’Esecutivo vuole assumere, ma tutto questo richiede un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione nel reciproco rispetto dei ruoli. All’Italia non serve una fiducia di facciata che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi: serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese”.
“I partiti, e voi parlamentari – ha così concluso Draghi – siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare lo quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi e che si è poi affievolito? Siamo qui, sono qui in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, solo perché gli Italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli Italiani”.
Alberto Minazzi