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Draghi: ecco il mio rapporto sul futuro della produttività europea

Draghi: ecco il mio rapporto sul futuro della produttività europea
Mario Draghi

A Bruxelles, l’ex presidente Bce e premier italiano: “occorre cambiare”

170 proposte, un piano d’azione strategico, un’attenta analisi degli obiettivi e due parole chiave: rapidità e concretezza.
Mario Draghi, ex presidente della Bce e già presidente del Consiglio italiano, ha presentato oggi a Bruxelles il suo rapporto sul futuro delle produttività europea.
Che attualmente rischia di essere meno competitiva e che deve crescere ulteriormente se l’Europa vuole mantenere il suo asset fondante: quello di garantire, ha ricordato Draghi, i valori fondamentali per i quali è nata: “prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile”.
Diritti fondamentali per i cittadini che la situazione attuale potrebbe non garantire più se non si attua un cambiamento radicale.

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Le norme europee sono troppo restrittive

A cominciare dalle norme europee che regolano le imprese e che, rispetto a quelle in vigore per esempio negli Usa, risultano troppo “incoerenti e restrittive”, tant’è vero che dal 2008 al 2022 ben il 30% degli imprenditori europei hanno scelto l’America per sviluppare i loro progetti.
Non solo. “Poiché le imprese dell’Ue sono specializzate in tecnologie mature in cui il potenziale di scoperta è limitato – ha spiegato Draghi- spendono meno in ricerca e innovazione: 270 miliardi di euro in meno rispetto alle loro controparti statunitensi nel 2021. La classifica dei principali investitori in R&I in Europa è stata dominata da aziende automobilistiche negli ultimi vent’anni”.
“Era così anche negli Stati Uniti all’inizio degli anni 2000 – ha aggiunto – con il settore automobilistico e quello farmaceutico in testa, ma ora i primi 3 sono tutti nel settore tecnologico”.

Una politica economica estera comune

La competitività deve guardare dunque al futuro, a innovazione e resilienza.
Posto però che “nessuno Stato membro può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership” nelle tecnologie più avanzate di oggi”, il debito dovrebbe essere comune.
“L’emissione di asset sicuri comuni per finanziare progetti di investimento congiunti potrebbe seguire modelli esistenti, ma dovrebbe essere accompagnata da tutte le garanzie che un passo così fondamentale comporterebbe”, ha aggiunto Draghi.

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I “safe asset” anche per la difesa

Un aumento dei finanziamenti europei  da concentrare su “iniziative comuni” è proposto anche per la Ricerca e lo Sviluppo (R&S) nel campo della difesa.
Una strada perseguibile attraverso l’emissione di forme di finanziamento come i “safe asset”, titoli obbligazionari a basso rischio.
“Mentre l’Europa deve avanzare con l’Unione dei mercati dei capitali – ha sottolineato Draghi – il settore privato non sarà in grado di sostenere la parte del leone nel finanziamento degli investimenti, senza il sostegno del settore pubblico. Inoltre, quanto più l’Ue sarà disposta a riformarsi per generare un aumento della produttività, tanto più aumenterà lo spazio fiscale e tanto più facile sarà per il settore pubblico fornire questo sostegno”.

Ma a quanto dovrebbe ammontare il budget necessario per aumentare la competitività produttiva europea?
“Sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro aggiuntivi annui” – evidenzia il rapporto.
Praticamente tra il 4,4 e il 4,7% del Pil Ue 2023.

Il primo passo: l’approvvigionamento delle risorse critiche

“A breve termine, l’Ue deve attuare rapidamente la legge sulle materie prime critiche,”con una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici, dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio“.
Il primo passo proposto è dunque la creazione di “una piattaforma europea dedicata”.

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Ursula von der Leyen

D’accordo su quanto evidenziato nel rapporto Draghi è anche la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen la quale, durante la conferenza stampa, ha sottolineato che “Prima c’è la definizione di priorità e progetti comuni, poi ci sono due strade possibili: i finanziamenti nazionali o nuove risorse proprie. Sarà la volontà dei Paesi membri a decidere come si vuole agire”.

Consuelo Terrin

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