Lo studio statunitense: la rialimentazione è una fase a se stante che richiede grande attenzione
Lo hanno chiamato “digiuno intermitttente” e si è rapidamente affermato come una dieta “alla moda”, sull’onda della pratica, nelle sue varie forme, dichiarata da molti vip e influencer.
Tra loro, l’imprenditore Elon Musk (che avrebbe perso in questo modo 9 kg) e l’ex premier inglese Rishi Sunak (che adotta la versione delle 36 ore di astinenza), l’attrice Jennifer Aniston e l’immunologa Antonella Viola (per loro la formula 16:8, che concentra il consumo di cibo in 8 ore al giorno) e la modella Gisele Bunchen (seguace del 5:2, cioè 5 giorni normali e 2 di digiuno: il primo digiuno intermittente moderno, reso famoso da Michael Mosley nel 2012).
E i benefici sono riconosciuti, anche a livello scientifico. “Per oltre un secolo, i regimi di digiuno hanno migliorato la salute, la durata della vita e la rigenerazione dei tessuti in diversi organismi, compreso l’uomo”, afferma lo studio del Mit di Boston pubblicato su Nature.
Prima, però, di aggiungere la preoccupante novità: “La rialimentazione post-digiuno aumenta la proliferazione delle cellule staminali intestinali (ISC) e la formazione di tumori“.
La delicata rialimentazione post-digiuno
Per la prima volta, nel loro lavoro intitolato “La rialimentazione post-digiuno a breve termine migliora la staminalità intestinale attraverso le poliammine” , i ricercatori si sono concentrati in particolare sul modo in cui il digiuno e la rialimentazione post-digiuno influenzano nei topi le cellule staminali adulte e la formazione dei tumori, esplorando in profondità il tema.
È così emerso che, a determinare la “maggiore incidenza di tumori nell’intestino tenue e nel colon rispetto agli stati di digiuno o di alimentazione ad libitum” nella fase di rialimentazione post-digiuno, sono tecnicamente l’aumento della “capacità rigenerativa degli Isc Lgr5+ e la perdita del gene soppressore del tumore Apc negli Isc post-digiuno”. E questo, spiegano, dimostra che “la rialimentazione post-digiuno è uno stato distinto”.
“Alla luce dei nostri risultati – è la conclusione del team del Mit – i cicli di rialimentazione rapida devono essere attentamente considerati e testati quando si pianificano strategie basate sulla dieta per la rigenerazione senza aumentare il rischio di cancro, poiché la rialimentazione post-rapida porta a un’esplosione della rigenerazione guidata dalle cellule staminali e della tumorigenicità”.
Digiuno intermittente: come comportarsi
Dal confronto tra 3 gruppi di topi (1 che ha digiunato per 24 ore, 1 che ha continuato a mangiare regolarmente e 1 che, dopo il digiuno, è stato lasciato libero di nutrirsi di qualunque cosa), i ricercatori hanno notato che la fase di rigenerazione delle cellule staminali, in cui si verificano il maggior numero di mutazioni cancerose, si è attivata alla fine delle 24 ore di rialimentazione, con le cellule staminali intestinali risultate più attive anche di quelle dei topi che non hanno digunato.
La pratica del digiuno, sia chiaro, non va demonizzata sulla base di questi nuovi risultati. Anche perché hanno basi scientifiche altrettanto valide le conclusioni che, tra i benefici per la salute che vi si collegano, ci sono anche il rinnovamento e il ringiovanimento dei tessuti, la riduzione dell’infiammazione (alla base di molte malattie croniche contemporanee) e la resistenza all’insulina, che può portare all’insorgenza del diabete.
Oltre a evitare, come generalmente si consiglia per tutte le pratiche mediche, il “fai da te”, il suggerimento che si può trarre dalle conclusioni raggiunte a Boston è piuttosto quello di prestare la massima attenzione alla fase di rialimentazione, evitando in particolare le abbuffate non appena si riprende ad alimentarsi. Il digiuno, in altri termini, non giustifica la possibilità di mangiare tutto ciò che si vuole nelle fasi in cui non lo si pratica.
Alberto Minazzi