L’analisi di Oxfam presentata in apertura del World Economic Forum di Davos: il potere economico delle grandi aziende aumenta il divario
Se il mondo è governato dal denaro, non è esagerato definirli “i padroni della Terra”.
Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett, i 5 uomini più ricchi del pianeta, dal 2020 a oggi hanno visto accrescere in termini reali il loro patrimonio in media di 14 milioni di dollari ogni ora. E adesso detengono 869 miliardi di dollari: più del doppio rispetto ai 405 di 3 anni fa.
5, ma miliardi, sono anche le persone povere sulla faccia della Terra. E nello stesso periodo di tempo, la loro ricchezza non è aumentata. Basta questo dato, riportato nel rapporto “Disuguaglianza: il potere a servizio di pochi” dell’organizzazione Oxfam, presentato in apertura dei lavori del World Economic Forum, che proseguirà fino a venerdì 19 gennaio a Davos, in Svizzera, per capire come, nel mondo, le disuguaglianze siano ben lontane dall’essere cancellate.
Una forbice, quella tra ricchi e poveri, che non riguarda solo i supermiliardari, ma anche i (pochi) top manager e i (tanti) lavoratori comuni. E non solo per la perdita del potere d’acquisto degli stipendi.
Lo stesso report, per esempio, ha calcolato che, per guadagnare quanto si mette mediamente in tasca in un solo anno un amministratore delegato di una delle 100 principali aziende mondiali, un’infermiera dovrebbe lavorare per ben 1200 anni.
Il potere economico delle grandi aziende
Del resto, come ha sottolineato il direttore esecutivo di Oxfam International, Amitabh Behar, il ceo o l’azionista di riferimento del 70% delle 10 più grandi società mondiali è miliardario.
E il valore complessivo di queste società supera la somma dei prodotti interni lordi di tutti gli Stati africani e dell’America Latina, toccando i 10.200 miliardi di dollari.
“Una manciata di super-ricchi moltiplicano le proprie fortune a ritmi parossistici”, ha sottolineato Behar.
Negli ultimi 3 anni, in particolare nel 2023, ritenuto l’anno più redditizio di sempre, il patrimonio dei miliardari è complessivamente cresciuto di 3.300 miliardi di dollari, con ritmi 3 volte più veloci rispetto all’incremento dell’inflazione. Tra giugno 2022 e giugno 2023, i profitti realizzati dalle 148 aziende più grandi al mondo sono cresciuti del 52,5% rispetto al triennio 2018/21, toccando i 1.800 miliardi di dollari.
Sulla base di questi dati, Oxfam afferma che potrebbe bastare un decennio per avere il primo trilionario della storia dell’umanità. “Il potere economico delle grandi aziende – commenta Behar – è oggi decisamente fuori controllo, una macchina che alimenta le disuguaglianze. L’estrema ricchezza è potere. Un potere spesso esercitato per condizionare le politiche pubbliche preservando le posizioni di privilegio di sparute minoranze a discapito dell’interesse collettivo e minando alla base l’essenza stessa della democrazia”.
Poveri sempre più poveri
L’altro lato della medaglia è, ovviamente, quello della povertà, che a livello globale non si schioda dai livelli pre-pandemici. E, se non interverranno cambiamenti, la fine di questo flagello, sempre secondo l’analisi dell’organizzazione contro le disuguaglianze, non è ipotizzabili prima di 230 anni. “Sembra -afferma il direttore esecutivo di Oxfam – di vivere in un film distopico, di trovarci agli albori di un “decennio dei grandi divari”, con miliardi di persone a sopportare il peso di epidemie, inflazione e guerre”.
Uno dei problemi principali, attualmente, è legato all’inflazione, perché se, durante la fase più acuta della crisi, le imprese sono state in grado di salvaguardare i loro margini di profitto, sono quasi 800 milioni i lavoratori di 52 Paesi che hanno al contrario perso potere d’acquisto.
Nel biennio 2021/22, stima il rapporto, ogni dipendente ha perso un valore pari a 25 giorni di lavoro, con un calo dei salari pari a complessivi 1.500 miliardi.
Manca poi un intervento ridistributivo da parte delle grandi aziende: solo lo 0,4% delle 1.600 maggiori realtà mondiali, sottolinea Oxfam sulla base di dati della World Benchmarking Alliance, si è impegnato a corrispondere uno stipendio dignitoso ai propri dipendenti.
Al contrario, l’82% dei profitti generati dai 96 colossi mondiali vengono destinati agli azionisti attraverso dividenti o buyback azionari. Per cambiare rotta, serve dunque un intervento dei Governi.
L’Italia tra disuguaglianze e milionari
Nel quadro generale, l’Italia non fa eccezione.
La quota di patrmonio detenuta dal 20% più povero della popolazione tra il 2021 e il 2022 è scesa dallo 0,51% allo 0,27%, ampliando il divario (passato da 6,3 a 6,7 volte) con quella, sostanzialmente stabile, in mano al 10% di italiani più ricchi. Il gap sale a 84 volte se si confronta la ricchezza del 20% di italiani più poveri con l’1% dei miliardari (che a fine 2022 detenevano il 23% della ricchezza totale), guidati ancora, secondo la classifica di Forbes, da Giovanni Ferrero, 32° al mondo con un patrimonio di 39,1 miliardi di dollari.
Anche numericamente, tra inizio 2022 e novembre 2023, i miliardari italiani sono aumentati, da 36 a 63, con un +46% del valore dei rispettivi patrimoni, quantificati in 217,6 miliardi di dollari.
Nel 2023 si sono registrati anche 11.830 nuovi multimilionari, con un patrimono che supera i 5 milioni di dollari. Già uno studio di Bankitalia, a inizio 2024, aveva del resto sottolineato che il 5% degli italiani possiede il 46% della ricchezza totale.
E se, nel 2021, le disuguaglianze sono state contenute attraverso gli interventi statali, nel 2022 è aumentato, soprattutto per il boom dell’inflazione, il numero di famiglie (2,18 milioni) e persone (5,6 milioni) in condizione di povertà assoluta. Né ci sono prospettive incoraggianti.
“La dinamica del 2023 – è la previsione di Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia – risentirà verosimilmente del rallentamento dell’economia nazionale e della minore capacità delle famiglie di fare affidamento sui propri risparmi”.
Alberto Minazzi