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Diego Menardi: l’ultimo costruttore di bob

Diego Menardi: l’ultimo costruttore di bob

L’unico costruttore di Bob in Italia è a Cortina. Pochi altri ce ne sono al mondo. Ma la sua, è una professionalità che rischia di andar perduta

«Dopo la spinta si entra velocemente nell’abitacolo e c’è solo il rumore del bob, lo scorrere dei pattini sempre più veloci sul ghiaccio. Vediamo sfuggire i muretti di ghiaccio della pista a pochi centimetri mentre siamo sottoposti a continue vibrazioni molto accentuate. Credetemi, è adrenalina pura. E molto bello. Paura? No anche se una volta montato sai che è un viaggio senza fermate intermedie. Parti e arrivi, niente soste, niente frenate».
A raccontarci le sue sensazioni “dall’interno di un bob”  è Diego Menardi, l’unico costruttore di bob in Italia assieme al suo socio Roberto Chenet.
Diego lo troviamo nella sua officina artigianale a Cortina d’Ampezzo, che fino a pochi anni fa era considerata, a ragione, la capitale europea del bob.
«Inteso come costruzione. Una storia lunga, gloriosa ed emozionante anche per noi che atleti non lo siamo».
Una storia che in Italia inizia nei primi anni ’20 del Novecento, praticamente subito dopo la Grande Guerra. E se la prima officina dove venivano realizzati i bob si trovava nella periferia nord del paese, oggi il grande laboratorio dove nascono i bob firmati Menardi-Chenet è nella zona artigianale della Regina delle Dolomiti.

Bob
Diego Menardi al lavoro nella sua officina

Uno sport forzatamente di nicchia

«Un tempo a Cortina erano due le aziende che li producevano, praticamente per tutto il mondo. Oggi siamo solo noi con pochissimi altri artigiani in Europa e Usa» spiega Menardi. Infatti, bastano le dita di una mano per contarli: forse due costruttori in Germania, uno negli Usa, un altro in Estonia e naturalmente i due maghi del bob di Cortina.
Metropolitano.it passa allora dalle gondole al ghiaccio per scoprire questo mondo così lontano dagli sport di massa.
Di nicchia lo è, anche sul versante della produzione, quantomeno per i numeri necessariamente limitati.
«Il bob è uno sport olimpico. Dal punto di vista costruttivo diventa di nicchia se si considerano ad esempio le difficoltà nel reperire i materiali o per dotarsi delle apparecchiature specialistiche oggigiorno molto costose e poi per le piste, poche e non sempre disponibili o utilizzabili solo in alcuni periodi dell’anno».
Le piste per fare le gare, soprattutto quelle di livello internazionale, si trovano ma il problema è per allenarsi o magari anche solo per provare prototipi o testare materiali.

Il Bob, un proiettile da 150 km/h

Già, di che cosa è fatto un bob, questo proiettile che vediamo sfrecciare anche a 150 km orari con il tipico rombo tra due muri di ghiaccio «Eppure così sicuro» tiene a puntualizzare Menardi.
Il bob è costruito quasi come un’auto di Formula 1, o un jet.
«Usiamo materiali compositi, vetroresina, carbonio, kevlar. Uno dei passaggi più complessi e costosi è la preparazione del modello e lo stampo per fare le carenature. Si possono azzardare similitudini tra la realizzazione di un bob e quella di una barca: il modello in scala 1:1 nasce da uno stampo sottoposto a una fresatura su tre assi. Da qui si realizza la carenatura». Un procedimento che ha un costo non indifferente per cui si cerca sempre di applicare un’economia di scala, precisa Menardi «così questo processo il più delle volte va distribuito su una decina di pezzi altrimenti le spese diventano davvero ingenti. E poi c’è la manodopera. Tanta».

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Diego Menardi

Una professionalità che rischia di estinguersi

Imparare il mestiere. Manodopera, passione, impegno. Un problema che si aggrava di anno in anno.
Ma come, qui tra le montagne, dove le alternative professionali non sono molte, dovete combattere con le stesse problematiche delle aziende della pianura, delle città?
«Proprio così, anzi per gli artigiani è ancora peggio. Quanti sono i giovani che oggi hanno voglia di passare ore in officina a realizzare prodotti che ogni volta sono pezzi unici?».
Un problema non solo per Cortina e non solo per il bob: lo è per tutto il mondo dell’artigianato o per il settore servizi.
«Non si trovano apprendisti, non ci sono giovani disposti a sacrificarsi per quello che alle volte può essere un sogno: un bob per le Olimpiadi o una barca da regata o una gondola. Non c’è la pazienza per impegnarsi anche in una formazione indispensabile per riuscire bene nel proprio mestiere. Nel lavoro». Storia già sentita?

Quando un mestiere nasce da una grande passione

Diego Menardi la passione e la voglia di fare ce l’aveva eccome.
Nel 1985 ha preso armi, bagagli e know-how e da Cortina d’Ampezzo se ne è andato in Canada, a Calgary, un centinaio di chilometri dalle Canadian Rockies, nella provincia dell’Alberta, terra di ice hockey e bob.
Ci è rimasto a lungo e ha creato lì la sua prima azienda per la costruzione di bob.
Non un lavoretto da niente: nove anni come costruttore ufficiale ed esclusivo per la nazionale canadese.
Oggi si direbbe una “case history”, lui la definisce semplicemente la sua esperienza che gli ha tuttavia lasciato un ricco palmares e grandi amicizie.
E pensare «Che tra gli anni ’60 e ’80 tutte le evoluzioni meccaniche e strutturali del bob nascevano proprio qui a Cortina, avvalendosi certo di tecnici e ingegneri che venivano da fuori. Ma la produzione era qui, punto».

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Diego Menardi

Tra passato e futuro

È mancato il cambio generazionale. «Il tempo passava, alla lunga i pionieri sentivano il peso degli anni. Ma il vivaio di nuove leve, di nuovi artigiani andava esaurendosi. Con riflessi negativi anche sulla stessa disciplina sportiva che comunque, come tutti gli sport, patisce l’impossibilità di essere praticata. Senza piste il bob muore. E per trovare piste disponibili bisogna affrontare spese non indifferenti di trasferta e per i servizi. Nel periodo d’oro, Cortina produceva un centinaio di bob l’anno, fra le due officine esistenti. Per farne uno occorre più o meno un mese, quarantacinque giorni. Attualmente, io ne ho in ordine due. Fate voi i conti». Ma proprio mentre Menardi ci racconta il suo mestiere, squilla il telefono: dalla Cina vogliono tre bob made in Cortina, le trattative si aprono.
Menardi e Chenet per anni hanno cercato collaboratori per avviarli a questa avventura che ha per ingredienti la precisione millimetrica, il ghiaccio e la velocità: «Volevamo qualcuno che rimanesse in azienda per un periodo abbastanza lungo per imparare bene il mestiere. Non si riesce a trovare. Abbiamo provato anche con la formazione subito dopo la scuola. Senza successo». Tanto che oggi Menardi arriva ad augurarsi che qualcuno apprenda il mestiere o si affini all’estero diventando un concorrente sul mercato «Magari, almeno quest’attività potrebbe trovare nuovo vigore».

Made in Italy e regolamenti internazionali

«Pensare a soluzioni stilistiche rivoluzionarie non serve. Non c’è spazio per nomi come Pininfarina, Giugiaro o altri grandi designer che potrebbero avere un effetto-richiamo.
Il vincolo sta nelle regole della Federazione internazionale, così restrittive da non permettere di giocare sullo stile.
Non è un caso che il bob costruito da Abarth (sì quello delle utilitarie sportivissime) per l’Italia a metà anni ’80 rappresenti ancora oggi il modello aerodinamico più utilizzato al mondo». Ma c’è una ragione precisa alla base delle regole molto rigide imposte dalla Federazione, spiega Menardi: «Sicurezza e contenimento dei costi».

L’ età d’oro

Menardi può davvero dire di essere stato protagonista degli anni più “ricchi” del bob e non solo in Canada.
Anche a Cortina con molti e prestigiosi club o squadre nazionali per le quali ha costruito bob vincenti, anche per i disabili, come quello esposto in questi giorni all’interno della Cooperativa di Cortina diventato ricercatissimo sfondo per selfie e fotografie.
Ma forse il ricordo a cui tiene di più è per Eugenio Monti. «Un vero sportivo. Molto seguito dai giovani e non solo perchè rappresentava un mito, soprattutto qui in Ampezzo».
E la pista da bob che (ri)nascerà per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 porterà ancora il nome del Rosso Volante.
Diego Menardi, artista del bob, si augura che ne tragga vantaggio anche un mestiere che altrimenti rischia di spegnersi lentamente e alla fine sia ricordato solo per le medaglie e i trofei del passato. «Non solo a Cortina, ma anche già in Cadore sono molti i club che aspettano con trepidazione di poter disporre del nuovo tracciato e se ci sono gli atleti ci sarà domanda per nuovi bob e allora si può sperare di rimettere in moto un settore professionale capace di attirare e appassionare giovani talenti entusiasti e orgogliosi delle proprie creazioni».

Agostino Buda

@Riproduzione riservata

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