Dai dati di Ue, Ocse, Agenzia europea per l’ambiente e Barcelona Institute for Global Health emergono rischi elevati per le nostre regioni settentrionali
L’inquinamento, a partire da quello dell’aria, è uno dei “prezzi” che la società moderna deve pagare al progresso.
C’è infatti un collegamento scientificamente provato tra l’esposizione alle sostanze nocive presenti nell’aria e malattie come quelle cardiache e respiratorie, l’ictus, il cancro ai polmoni, i problemi legati alla gestazione e non solo. Un impatto che è molto rilevante soprattutto tra gli anziani.
Circa il 4% degli over 65 muore infatti per cause legate all’inquinamento atmosferico. Una statistica comune praticamente a tutta l’Europa. Anche se i dati dicono che, di inquinamento ambientale, si muore ovunque, ma in alcune zone di più. E, purtroppo, tra le parti d’Europa in cui è più elevato l’impatto delle sostanze nocive nell’atmosfera sulla salute, c’è anche l’Italia del Nord.
Decessi da PM2,5: i dati
Secondo le cifre dell’Agenzia europea dell’ambiente, aggiornati al 2021, le morti premature legate all’esposizione al PM2,5 registrate in Europa sono state in quell’anno circa 239 mila. Sul tema, anche la Commissione Europea e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico hanno pubblicato recentemente un rapporto, da cui emerge che a registrare i tassi di mortalità più alta per particolato fine sono i Paesi dell’Europa centrale e orientale.
Insieme alla Polonia e alla Repubblica Ceca, evidenzia però una ricerca svolta da Mark Nieuwenhuijsen, direttore dell’iniziativa di pianificazione urbana, ambiente e salute del Barcelona Institute for Global Health, anche l‘Italia settentrionale va inserita tra le zone europee in cui sono più elevati i tassi di mortalità da PM2,5.
Polveri, fumo e fuliggini che vengono immessi in atmosfera soprattutto attraverso il riscaldamento domestico e dal settore agricolo.
Il pericolo biossido di azoto
Un altro dei più pericolosi killer presenti nell’aria che respiriamo è il biossido di azoto.
Dai dati del 2021, i decessi correlati al NO2 in Europa sono stati circa 48 mila. In questo caso, le cause dell’inquinamento si collegano soprattutto al traffico automobilistico e alle emissioni prodotte dal settore industriale. E le rilevazioni sottolineano una mortalità maggiore nelle capitali e nelle grandi città dell’Europa occidentale e meridionale.
Insieme al PM2,5, anche il biossido di azoto ha registrato, proprio nel 2021, un abbassamento del livello massimo di concentrazioni annuali raccomandata dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. In seguito all’aggiornamento, così, in tutti gli Stati dell’Unione Europea, sia pure con situazioni diverse per gravità, sono stati registrati sforamenti dei livelli indicati dall’Oms, senza essere ancora riusciti a rientrare nei limiti.
Nuovi limiti e interventi normativi per ridurre l’inquinamento
Un tentativo di risposta, a livello comunitario, è avvenuto con l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2025, nei Paesi Ue, di norme più rigide sulla qualità dell’aria. Nel piano rientrano anche la previsione, per gli Stati membri, dell’obbligo di monitorare la presenza nell’aria di alcune sostanze inquinanti tra cui il particolato fine, l’ammoniaca e il nerofumo e il diritto dei cittadini di portare in giudizio il proprio Governo se non rispetta le regole.
L’obiettivo è quello di arrivare entro il 2030 ad avvicinare gli standard dell’Oms, anche se non basterà il fatto, evidenziato da Ocse e Commissione europea, che i decessi legati al PM2,5 potrebbero scendere del 55% entro il 2030. Anche singoli Stati hanno così iniziato a ragionare su regole per ridurre l’inquinamento atmosferico. Per esempio, la Danimarca, prima al Mondo, potrebbe introdurre entro il 2030 una tassa sulle emissioni di carbonio dagli allevamenti.
Alberto Minazzi