Lo ha comunicato il Ministero della Salute con una nota agli uffici di confine. Uno studio intanto apre la strada a nuove strategie di contrasto alla forma grave della malattia
L’epidemia di dengue che sta interessando il Sudamerica, a partire da Brasile e Argentina, ha assunto proporzioni tali da far scattare la massima prudenza anche in Italia, per evitare il rischio di importazione del virus.
È per questi motivi che, con una nota inviata agli uffici di Sanità marittima, aerea e di frontiera, il direttore generale del Ministero della Salute ha invitato a innalzare il livello di allerta e vigilanza nei confronti dei vettori provenienti e delle merci importate dai Paesi in cui “è frequente e continuo il rischio di contrarre la malattia”.
L’allerta-dengue
Il riferimento del Ministero va alla lista di Nazioni, di cui non fanno parte solo le realtà sudamericane, ma anche Stati africani e asiatici e alcune isole dell’Oceano Pacifico, inserite nella “mappa del rischio” pubblicata dal Centers of Disease Control and Prevention statunitense.
La situazione è particolarmente critica in Brasile, dove si può parlare di una vera e propria emergenza, visto che si è superato il mezzo milione di casi.
Ma si sta verificando una preoccupante evoluzione anche nella confinante Argentina, dove metà delle province hanno registrato casi di infezioni.
Le prime misure di difesa
Gli uffici di frontiera italiani, in attuazione del regolamento sanitario internazionale, saranno ora chiamati a mettere in atto misure come il tener “liberi da fonti di infezione e contaminazione, quindi anche roditori e insetti”, come precisa il documento ministeriale, “l’area aeroportuale/portuale e i 400 metri circostanti”.
Tra le altre indicazioni, si chiede di vigilare attentamente sulla disinsettazione degli aeromobili e di valutare l’opportunità di emettere ordinanze per l’effettuazione di interventi straordinari di sorveglianza delle popolazioni di vettori ed altri infestanti e di disinfestazione.
Dengue: un pericolo per la salute globale
A trasmettere la dengue, malattia infettiva causata da 4 arbovirus simili tra loro, non contagiosa da uomo a uomo, in quanto sono le punture di zanzare del genere Aedes che, in precedenza, hanno punto una persona infetta. Conosciuta da oltre 2 secoli, l’incidenza delle infezioni è aumentata di 30 volte negli ultimi 50 anni, arrivando oggi a interessare circa 390 milioni di nuovi casi registrati ogni anno in tutto il mondo.
La diffusione del virus è cresciuta in maniera endemica in molte regioni tropicali, soprattutto nelle aree urbane e nella stagione delle piogge.
Come chiarisce l’Istituto Superiore di Sanità, nei Paesi dell’emisfero settentrionale e, in particolare in Europa, l’incremento è dovuto “all’aumentata frequenza di spostamenti di merci e di persone”. Dunque, “costituisce un pericolo in un’ottica di salute globale, dato che si manifesta soprattutto come malattia di importazione”.
Va però sottolineato che, anche in Italia, sono in crescita pure le infezioni non legate a viaggi all’estero.
“Nel corso del 2023 – spiega Alessandro Marcello, responsabile del laboratorio di virologia molecolare dell’Icgeb di Trieste, che ha collaborato a uno studio in via di pubblicazione – abbiamo avuto nel nostro paese il più alto numero di casi e di trasmissioni autoctone di dengue fino ad ora”.
La malattia dengue
Il tasso di mortalità di chi si ammala di dengue è fortunatamente molto basso, pari all’1% circa dei contagiati, anche se la malattia può complicarsi, evolvendo in una molto più pericolosa forma emorragica, che ha una letalità del 40%.
Va però anche detto che circa 3 contagiati su 4 sviluppano la malattia in forma asintomatica, facendola passare inosservata. Anche se, per un periodo tra 2 e 7 giorni, chi ha il virus nel sangue può a sua volta trasmetterlo attraverso le zanzare.
I sintomi
La diagnosi di dengue, la cui malattia si manifesta dopo circa 5-6 giorni dalla puntura dell’insetto, si lega infatti all’analisi dei sintomi, che assomigliano molto a quelli dell’influenza.
Ovvero febbre, con temperature che possono essere anche molto alte, acuti mal di testa, dolori attorno e dietro agli occhi, forti dolori muscolari e alle articolazioni, nausea e vomito, irritazioni della pelle. Sintomi tipici che, però, spesso non si registrano nei bambini.
Quanto alla cura, non esiste un trattamento specifico.
Anzi, nella maggioranza dei casi, la guarigione completa arriva spontaneamente dopo un paio di settimane di riposo assoluto, con il semplice uso di farmaci per abbassare la febbre e la somministrazione al malato di liquidi per evitare il rischio di disidratazione. Rientrano nella casistica normale, e quindi non debbono preoccupare, gli strascichi come stanchezza e depressione per alcune settimane dopo la guarigione che si possono presentare in alcuni casi.
Lo studio: attenti anche alla prima infezione
Fondamentali e consigliati per prevenire il contagio sono alcuni semplici accorgimenti per evitare le punture delle zanzare come l‘uso di repellenti, l’indossare vestiti adeguati e protettivi, la posa di zanzariere e tende su finestre e porte. Sempre sul fronte della prevenzione, va ricordato che, dallo scorso settembre, l’Agenzia Italiana del Farmaco Aifa ha approvato un vaccino specifico per l’immunizzazione da dengue.
Proprio la strada della vaccinazione, in prospettiva, potrebbe diventare sempre più importante nelle strategie di contrasto alla dengue. È la conclusione di uno studio dell’Icgeb di New Delhi, pubblicato in questi giorni sulla rivista “Nature Medicine”, basato sull’analisi dei casi di malattia grave in un ampio campione di bambini dell’India: uno dei Paesi in cui, dopo la crescita degli ultimi 20 anni, si registra il maggior numero di infezioni al mondo. È emerso che più della metà dei casi gravi si è verificata in bambini che hanno contratto un’infezione “primaria”, cioè per la prima volta.
“Gran parte della ricerca in corso sull’intervento vaccinale – spiega Anmol Chandele, responsabile dell’Icgeb-Emory Vaccine Program a Nuova Delhi e autrice dell’articolo – si basa sulla convinzione, attualmente diffusa a livello globale, che le infezioni primarie di dengue non siano generalmente pericolose e che la malattia grave sia dovuta principalmente a infezioni secondarie di dengue. Il nostro studio mette in discussione questa convinzione attualmente diffusa e dimostra che le infezioni primarie costituiscono una frazione sostanziale dei casi di malattia grave e dei decessi”.
Alberto Minazzi