Oggi i giovani russi, di fronte alla prospettiva di essere schierati nel Donbass o in Crimea rispondono: perché “morire per Lugansk?”
C’è un rap “carbonaro” delle giovani generazioni russe che le autorità non vogliono sentire.
Perché dice una verità negata, fortissimamente negata dal Cremlino.
E’ la verità sullo stato poliziesco che ormai è diventata la Russia malata di una paranoia imperialista iniziata molto prima dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca.
Ce lo racconta un dissidente russo fuggito in Occidente che Metropolitano.it è riuscito a contattare.
Il rap parla di divieti e obblighi, imposizioni e diritti calpestati: Là non andare, qui non devi stare/questo non berlo/là non sederti/ (…) questo non scriverlo, questo non firmarlo/ (…) non ragionare, non alzare la cresta/non pensare, non farti venire delle idee e via vietando.
Autore è un artista di strada di Perm. Una volta fatto girare il suo brano, si è scatenata la polizia politica ma nel giro di ventiquattrore, lo scorso agosto, dopo il divieto è diventato un tormentone sotterraneo entrato nell’universo dell’opposizione al regime e alla guerra.
La Resistenza visuale russa
E’ solo uno dei tanti esempi, riportati dai fuoriusciti dalla Russia del XXI secolo.
E’ la Resistenza visuale innescata dall’aggressione russa all’Ucraina.
Nulla di nuovo sotto il sole: negli anni ‘60 i giovani statunitensi prima di scappare in Canada e Messico o più lontano, bruciavano le cartoline precetto che li spedivano dritti a uccidere ed essere uccisi in Vietnam e non volevano “morire per Saigon”.
Oggi i giovani russi, oppressi da una autocrazia imperiale e con la prospettiva di essere schierati nel Donbass o in Crimea rispondono perché “morire per Lugansk?”.
Il menestrello anti-guerra degli anni ‘60 era Bob Dylan, oggi, ci riferiscono fonti clandestine russe, sono “i partigiani antimilitaristi” che agiscono a sorpresa disorientando le autorità e cercando di risvegliare le coscienze dei russi.
Ci sono donne che la notte escono e attaccano sui muri delle case, sulle vetrine dei negozi, alle fermate dei tram piccoli volantini contro la guerra.
Le testimonianze sono molte, dalle grandi città ai centri minori dove peraltro la delazione è prassi diffusa.
Telecamere ovunque
Un vero pericolo, racconta chi ha pure scritto su questo fenomeno, è la tecnologia.
Dall’inizio della guerra si è estesa ossessivamente la rete di telecamere per scrutare praticamente ogni angolo dei centri abitati.
Net vojne, no alla guerra: due parole che bastano a scatenare polizia e soldati in un ferreo controllo dei cittadini.
Ma il calendario del conflitto scorre, anche giornali allineati hanno cominciato a usare la parola guerra. Che però ufficialmente resta proibita.
In Ucraina i russi stanno compiendo una “operazione militare speciale”. Definizione orwelliana che nasconde, o voleva nascondere, morti, distruzioni, o addirittura l’armageddon nucleare periodicamente brandito dal “falco per procura” Dimitrij Medvedev.
Il flusso di chi fugge non si arresta
Ma anche il potere ha paura. Teme dannatamente queste forme di resistenza individuale e di propaganda minimale: l’apparato repressivo interviene con sempre maggior durezza, soprattutto da quando a settembre è partita la mobilitazione parziale per 300mila riservisti da mandare sul fronte ucraino.
Ma il Cremlino a corto di truppe sta giocando anche la carta dei reduci “disoccupati” dell’Afghanistan tornato ai talebani e dei ex galeotti: pena cancellata se vai al fronte.
Aldo Ferrari, docente a Ca’ Foscari e direttore degli studi su Russia, Caucaso e Asia centrale dell’Ispi, conferma che il flusso di chi fugge dalla Russia non si arresta nonostante, per esempio, la chiusura delle frontiere della Finlandia “tuttavia i numeri non sono più quelli di qualche mese fa.
Anche perché chi voleva andare all’estero lo ha ormai già fatto”. Un’emorragia che priva la Russia di energie per il proprio futuro di nazione.
I volantini alle fermate degli autobus, sui prodotti, sulle vetrine
E così camminando nelle città si scoprono scritte che magari resistono il giro di una mattinata, raramente un giorno intero: “Quanti morti?”, “La Russia vuole davvero la guerra?”. Flash estemporanei che nell’intenzione dei dissidenti servono a far riflettere la gente altrimenti blindata nelle coscienze dalla propaganda di regime.
La famosa Z dipinta sui carri armati russi e che tanto fece discutere in Occidente allora diventa due Z incrociate a formare una grottesca svastica.
Mentre a Ekaterinburg, un mattino d’estate, la gente, alzando gli occhi su dei vecchi palazzoni dell’era sovietica ha visto una scritta che testuale diceva “Si vive del passato”, con i tradizionali caratteri del regime e addirittura gli stessi simboli.
Era lo scorso giugno e le autorità impiegarono un giorno intero a tirarla giù. Chi aveva beffato il potere aveva agito di notte per una denuncia tra l’artistico e il politico che non era sfuggita ai cittadini accorsi a vederla anche con il passaparola, non solo su Telegram.
Tra parole proibite e denunce
Gli esempi potrebbero continuare, come ci raccontano fonti di espatriati russi in contatto con chi è rimasto. Le chiamano “parole proibite” e sono azioni o denunce slegate tra loro ma che vogliono dimostrare e far sapere anche oltre i confini che l’opposizione alla guerra in Russia esiste e cerca costantemente nuove strade, nuovi canali per esprimersi.
Rivolgendosi indirettamente anche agli ucraini che vedono il paese aggressore fatto solo di criminali di guerra. Ma non è così.
Ecco allora la sfida alle autorità di gruppi di femministe antimilitariste che si rivolgono alle future mamme “Partorire un figlio per mandarlo in guerra?”.
I manifestini sono comparsi nei pressi di vari ospedali e reparti di maternità. Azioni partigiane vere e proprie quindi. Un sabotaggio sistematico della retorica bellicosa del regime ancora poco conosciute. Puntualizza Aldo Ferrari: “Non dimentichiamo che queste notizie sono spesso confuse e controverse e si riferiscono soprattutto a fatti in regioni siberiane e caucasiche. Nelle grandi città questi movimenti non hanno carattere di massa”.
Forse il rumore di fondo della guerra al fronte s’impone su questa Resistenza visuale che in realtà per il momento sembra essere l’unica strada percorribile per l’opposizione non solo alla guerra ma anche a un regime che tra veleni, fake news, “repressione presente e attiva”, depistaggi e ingerenze internazionali si sta avvitando in un vortice autoreferenziale.
Agostino Buda
Al rappresentante, la cosiddetta democrazia occidentale non esiste esiste il dominio aggressivo Americano. Noi schiavizzati e sottomessi senza forze e volontà di ribellarsi a tutto questo schifo. Dovresti immaginare per un attimo se gli usa occupasse il vostro suolo, con basi militari arsenali atomici e condizionare la vostra costituzione. Depredare la vostra ricchezza del sottosuolo sia terrestre che Marino, sfruttare tutto ciò che potrebbe servire loro e lasciarvi svuotati di tutto. Difendete il vostro paese da tutte le aggressioni che vi arrivano dal mondo occidentale.